>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> Percorso di formazione politica e culturale e figure di riferimento
(pag. 1)

> Spontaneismo e organizzativismo
(pag. 8)

> Lenin e il leninismo
(pag. 9)

> General intellect, gerarchia professionale e gerarchia politica
(pag. 10)

> Ambivalenza dell'innovazione capitalistica
(pag. 11)
INTERVISTA A FRANCO "BIFO" BERARDI - 19 NOVEMBRE 2000


Nel '73 io per puro caso a quel punto mi trasferii a Torino: stavo con Claudia da poco tempo e lei aveva avuto un lavoro, faceva l'animatrice nei grandi magazzini, la pagavano benissimo, lei e delle sue amiche andavano a fare le majorette, e allora fu chiamata alla Rinascente di Torino nel febbraio-marzo del '73, cioè mentre la Fiat stava per esplodere, lì poi c'è stata l'occupazione. Per cui in quel periodo io mi sono piazzato a Torino per alcuni mesi, da febbraio-marzo, e ho seguito tutta la fase finale della lotta contrattuale e poi l'occupazione di Mirafiori. Ormai il mio rapporto con Potere Operaio non aveva più il carattere organizzativo, nel senso che non andavo alle riunioni delle sezioni, però i miei amici erano tutti militanti di PO per cui vivevo con loro e facevo le cose che facevano loro, allora in quel caso ero amico di Toni Verità che in quel periodo era a Torino, c'era Paolo Albani, poi ero amico di Paolo Bertetto, di uno che si chiamava Cicci ma non ricordo il cognome, Umberto o Maurizio Piana; insomma, c'era tutto questo gruppetto di persone con cui vivevo e con cui andavo a fare lavoro politico a Mirafiori e distribuivo i volantini di Potere Operaio anche se non partecipavo alla loro elaborazione. Quello che nell'occupazione di Mirafiori secondo me fu molto significativo, che io considerai in qualche modo come una conferma dell'ipotesi spontaneista, è che tutto ad un tratto lì, nel periodo dell'occupazione, emerse con assoluta chiarezza che non c'era proprio bisogno di qualcuno che andasse a insegnate agli operai quello che dovevano fare perché lo sapevano perfettamente da soli: insomma, perché l'acquisizione dei percorsi di organizzazione della lotta era un fatto talmente diffuso che la presenza di Lotta Continua e Potere Operaio ai cancelli serviva come elemento di circolazione, non come elemento di direzione politica. Ecco, la direzione politica non poteva esistere all'esterno del percorso medesimo del movimento e i gruppi potevano funzionare come elemento di circolazione, di rappresentanza culturale, di informazione certo. Debbo dire che non saprei dire a partire da quando, ma in quegli anni io andavo sempre più convincendomi del fatto che l'esperienza dei (come vogliamo chiamarli?) gruppi extraparlamentari, insomma di quel tipo di avanguardia, non era stata, non era e non doveva essere una funzione di direzione politica, ma doveva essere quella di un elemento di circolazione culturale e di informazione. Tra l'altro io in quegli anni cominciavo anche ad occuparmi di tutta la questione che poi mi ha portato alla radio, a Radio Alice, cosa che è esplosa tra il '76 e il '77, ma io a Bologna con un gruppetto di persone (che peraltro venivano da Potere Operaio) di questa cosa ne stavamo parlando dal '72: cioè del tema del rapporto tra informazione e movimento direi che io personalmente ho iniziato ad occuparmene da quando ho letto un libro che si chiamava "Per una strategia socialista dell'informazione", edito da Guaraldi, in cui c'era una cosa di Enzensberger e una di Baudrillard (forse del '73). In quel testo erano posti i problemi che poi ci hanno portato a Radio Alice, cioè: l'informazione deve essere considerata come una specie di ristabilimento della verità proletaria contro la bugia borghese, o deve essere invece più laicamente considerata come uno degli elementi dell'autorganizzazione del sociale? La base è su questa problematica qui, che poi vuole dire emanciparsi dall'eredità leninista e stalinista, anche sul punto specifico dell'informazione; liberarsi dall'idea che noi siamo portatori di una verità contro la menzogna borghese e rendersi conto del fatto che non c'è nessuna verità e nessuna menzogna, c'è semplicemente un processo di autorganizzazione di un'area, di un movimento, di una classe, di questo o di quello. L'occupazione di Mirafiori per me è stata un'esperienza esilarante, anche proprio molto divertente sul piano di quello che accadeva. Ho partecipato a dei cortei interni, perché poi avevo degli amici operai. Paradossalmente io ho incontrato le droghe durante l'occupazione di Mirafiori a Torino, cioè ho scoperto, perché me lo dicevano questi ragazzi interni, che dentro i reparti della Fiat si facevano le canne; siccome io venivo dall'idea che le droghe fossero un pericolo per l'integrità del proletariato, scoprivo tutto ad un tratto che invece erano un modo per ridurre i ritmi di produzione e via dicendo. Quindi, lì l'occupazione di Mirafiori io l'ho vissuta anche come una specie di esplosione di comportamenti niente affatto bolscevichi e molto hippy, molto settantasettini in anticipo; quando io poi sento parlare degli indiani metropolitani nel '77 mi viene sempre in mente che i primi indiani metropolitani io li ho incontrati a Torino nel '73, questi che si mettevano il cordino rosso intorno alla testa, facevano dei cortei in cui nessuno gridava delle parole d'ordine sensate, dicevano le assurdità più complete, giravano con dei tamburi ecc.

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.