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INTERVISTA A FRANCO "BIFO" BERARDI - 19 NOVEMBRE 2000


Dopo di che nell'autunno del '70 succede una vicenda per cui io ho dovuto scappare da Bologna: ci fu una manifestazione operaia alla Ducati e alla fine il servizio d'ordine di Potere Operaio organizzò un corteo grosso che arrivò fino a una scuola, la Laura Bassi, dove alla mattina c'era stato uno scontro tra studenti e polizia e i poliziotti non mi ricordo se avevano arrestato, fermato o semplicemente cacciato fuori dalla scuola il nucleo studentesco che ci stava dentro, per cui PO decise, dal momento che era una sua scuola, di andarla a recuperare. Io, essendo sempre più spontaneista e sempre meno organizzativista, il giorno prima non ero andato alla riunione nella quale si era deciso che nel caso accadessero certe cose si sarebbe compiuta un'azione militante e organizzata. Per cui non lo sapevo e ho seguito il corteo senza sapere cosa sarebbe successo, negli ultimi trenta metri tutti si sono tirati giù il passamontagna e io no perché non ce l'avevo! Insomma, il risultato è che c'è stato uno scontro rapido ma violentissimo, due poliziotti hanno anche avuto qualche ferita, uno con il setto nasale rotto, è stato un vero scontro frontale: io ero lì come un fesso, l'unico a faccia scoperta, quindi dal giorno dopo ero ricercato ufficialmente, per cui sono scappato la sera stessa e ho iniziato un periodo di latitanza che è durato fino alla primavera del '72, quindi circa un anno e mezzo. E' stata una latitanza che ho fatto a Roma nel corso del '71, però il mio rapporto con Potere Operaio è diventato sempre più esterno, nel senso che frequentavo le riunioni nazionali, non avevo più una sede stabile. A Bologna continuavo a passarci, perché poi bisogna dire che a quell'epoca (io me lo ricordo benissimo) la latitanza era uno sport abbastanza facile: insomma, lì veramente il contropotere cittadino funzionava, nel senso che i poliziotti non erano tanto nella predisposizione di cercarti accanitamente se questo non diventava indispensabile. Insomma, per farla breve, nel '71 io sono stato prevalentemente a Roma, dove vivevo a casa di un noto scrittore del quale non occorre fare il nome, vivevo in una casa amica, frequentatissima, dove passava tutto il mondo letterario romano, io ero noto come il latitante, questo anche per dire che la cosa aveva delle caratteristiche che oggi sono del tutto inimmaginabili. Nel '71 ho fatto anche molto Roma-Torino, soprattutto d'estate mi ricordo, fra maggio, giugno e luglio continuavo ad andare a Torino, poi passando per Bologna frequentavo le riunioni di PO. Ma, insomma, nel '71 il mio rapporto con Potere Operaio era il rapporto di un vecchio amico, nel senso che in fondo ero stato tra i fondatori della sezione bolognese e quindi comunque avevo un rapporto molto intimo con quella situazione, ma non mi sentivo un militante e meno che mai un dirigente. Ero stato nell'Esecutivo Nazionale che si riuniva a Firenze mi pare dall'autunno del '69 fino all'estate del '70, poi dalla fine di quell'anno in poi non ne facevo più parte, non so se per decisione personale o perché qualcuno mi aveva fatto notare che la mia posizione era troppo distante. Ma, insomma, mi sentivo sempre di meno in sintonia con le posizioni dell'organizzazione. Questo fino al congresso del luglio del '71, che si tenne all'Eur, nel quale io sono dichiaratamente uscito dall'organizzazione. Debbo anche dire che ci sono alcuni particolari che ho dimenticato, come il fatto che nella primavera del '70 esce un mio libricino che si chiama "Contro il lavoro", pubblicato da Feltrinelli. Quel libricino si riferiva soprattutto alla discussione interna a Potere Operaio ed aveva un carattere esplicitamente antileninista, contrario alla svolta. In quel periodo Toni Negri (mi ricordo precisamente anche in che occasione), prima che il libro uscisse però quando era ormai in tipografia, mi disse: "Ho letto il tuo libretto, avresti dovuto prima parlarne dentro l'organizzazione". Gli dissi che non mi era neanche passato per la mente di fare una cosa di quel genere. La cosa fu molto amichevole, lui non mi rimproverò, mi fece semplicemente notare che un militante avrebbe dovuto comportarsi in una certa maniera; io gli feci notare che invece mi sembrava che se uno scrive una cosa è roba sua e non è dell'organizzazione. Dico questo perché in qualche modo cresceva la distanza, il disaccordo su quel punto specifico che non è un tratto caratteriale, è una questione politica, teorica relativa al rapporto tra organizzazione e movimento; su questo punto io credo di avere avuto un'estraneità profonda nei confronti dell'ipotesi organizzativista, ma anche vorrei dire dello stile organizzativista. Ma debbo dire anche che secondo me questa estraneità mia apparteneva alla grande maggioranza dei militanti di Potere Operaio.

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