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INTERVISTA A PAOLO BENVEGNU' - 13 SETTEMBRE 2001


Gli strumenti che noi abbiamo usato nel passato, come l'inchiesta o un certo modo di analizzare la composizione della forza-lavoro e di classe, gli elementi della soggettività politica che si possono determinare in questi processi, a mio avviso sono stati strumenti utili per il mio lavoro politico, ma credo che anche all'interno del partito questa cosa abbia funzionato abbastanza. C'è sicuramente una parte di compagni che, avendo certi strumenti di analisi e di riflessione, ha capito che alcune cose stavano cambiando. Quando noi abbiamo detto prima che si vedevano segnali di disgelo dei movimenti e poi abbiamo detto che la ritirata era finita, avevamo fatto questa scommessa e questa analisi proprio ragionando su elementi anche parziali di esperienze di lotta operaia o di ripresa dei movimenti sulla base degli strumenti e dell'analisi che credo sia il patrimonio fondativo dell'esperienza operaista in questo paese.


Quali sono stati, secondo te, le ricchezze e soprattutto i limiti delle esperienze operaiste? Quanto la loro analisi può essere utile nel focalizzare i nodi aperti nel presente e in prospettiva futura?

Ci sono alcune cose che sono il patrimonio teorico fondativo dell'operaismo in Italia e partono dal punto più alto del pensiero marxista. Io dico sempre che l'operaismo in Italia ha insegnato a leggere i "Grundrisse", che sono qualcosa sicuramente di straordinario; e poi l'operaismo ci ha insegnato a guardare agli Stati Uniti, così come Marx che aveva detto che la forma più alta di sviluppo capitalistico era allora (e si parla del 1850) quella degli Stati Uniti d'America, proprio per la caratteristica che aveva lì il lavoro, cioè di essere lavoro senza un attributo particolare, il lavoro astratto era la il carattere fondante di questa forma più alta della società borghese. Questa capacità di Marx di intuire lo sviluppo della società a partire dal suo punto più alto, e avendo individuato questo negli Stati Uniti, aveva indicato una strada su cui secondo me l'operaismo italiano si è collocato. Qua noi abbiamo avuto le più grandi nefandezze di questo mondo, negli anni '60 Togliatti è arrivato a dire che erano i mezzadri i soggetti centrali, ciò mentre si preparavano le lotte al Petrolchimico di Marghera, oppure c'erano i terzomondisti, i maoisti, tutti questi qui che abbiamo conosciuto. Non c'è paragone dal punto di vista degli strumenti di comprensione della realtà: chiunque pensi e progetti un superamento del modo capitalistico di produzione deve fare i conti con Marx, con la sua analisi e con la sua teoria del capitale, quella è la strada che bisogna percorrere, la base teorica fondamentale. E naturalmente questa riflessione deve partire dalla capacità di confrontarsi sempre con il punto più alto dello sviluppo capitalistico e con il punto più alto dello sviluppo delle lotte operaie. Anche la lettura di quelli che sono i processi di modificazione della società che abbiamo conosciuto traggono motore dalla risposta capitalistica al blocco dell'accumulazione che si era determinata a partire da quella composizione di classe che aveva messo in crisi il modo di produzione capitalistico alla fine degli anni '60 e all'inizio degli anni '70. Oggi siamo in una fase che parte da là, ciò è indispensabile per capire la situazione in cui ci troviamo, che stiamo attraversando, che forse si sta concludendo. Però, anche qua è necessario essere molto attenti a quello che diciamo, perché dobbiamo imparare a ragionare sui tempi più lunghi, avere la comprensione che le accelerazioni molto spesso sono nefaste. Secondo me, questo è stato uno degli elementi che ci ha fregato: altri più di me hanno avuto la capacità di intuire e di analizzare i processi della ristrutturazione capitalistica, di fondarli su una forte base marxiana e su grossi strumenti teorici, però c'è stato un cortocircuito tra questa capacità di analisi e la determinazione della risposta. I processi reali hanno tempi lunghi, hanno bisogno di maturare, di capire e comprendere la tendenza, e non si può cortocircuitare su questo tipo di cose: io credo che questa sia stata un po' la base di alcuni errori che abbiamo commesso. Dunque, abbiamo avuto strumenti teorici importanti, abbiamo compreso una parte significativa dei processi di trasformazione, abbiamo letto correttamente tutta una serie di questioni, però poi abbiamo cortocircuitato sul terreno della proposta politica e della risposta, cioè non abbiamo pensato che anche questi processi che noi leggevamo e che erano comunque in fase di sviluppo dovevano avere dei tempi di maturazione, di crescita, di consolidamento.

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