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INTERVISTA A PAOLO BENVEGNU' - 13 SETTEMBRE 2001


In questo periodo mi sono iscritto a Rifondazione, come semplice militante, non partecipando di fatto, se non lateralmente, all'attività del partito, però riconoscendomi in esso, anche se non tanto sulle pratiche della federazione di Padova, che storicamente era non solo egemonizzata dai cossuttiani, ma era anche fisicamente diretta e governata da uno dei soggetti principali dell'accusa del 7 aprile. Quindi, c'era per me un problema proprio di difficoltà personale ad entrare in comunicazione, pur avendo superato alcuni aspetti della questione tuttavia c'era un problema evidente di poca possibilità di un dialogo e di un confronto con soggetti che erano portatori (e poi si è dimostrato anche nei fatti) di una cultura nemica di quello che poteva essere un progetto di classe vero, degli autentici stalinisti che rappresentavano il peggio della tradizione dei comunisti italiani, proprio la sintesi più negativa. A prescindere da questo, nel '98 ci fu per me un'esperienza veramente straordinaria e di grande anticipazione: con i delegati della Zanussi e di altre fabbriche organizzammo una manifestazione che, secondo le cifre della questura, portò in piazza 4-5.000 operai delle fabbriche del Veneto e le cui parole d'ordine erano "contro i bassi salari, contro la precarizzazione del lavoro, per la riduzione della giornata lavorativa", quindi con contenuti alti. Fu nel settembre del '98 ed era proprio in netta e chiara contrapposizione con la piattaforma della Confindustria veneta, che poi è diventata la piattaforma della Confindustria nazionale nonché il programma del governo Berlusconi: già allora questi avevano fatto dieci punti in cui si diceva "via l'articolo 18, via le tutele alle lavoratrici che sono in maternità, controllo ispettivo da parte dell'Inps, apertura massima ai contratti a termine e a tutte le forme di precarizzazione del lavoro ecc.". Insomma, un programma molto preciso e dettagliato che poi, anche per il sostegno che questa componente di Confindustria ha dato a D'Amato, è diventato la base del programma che oggi Confindustria discute con questo governo che l'ha già assunto. La cosa importante era che questa iniziativa era nata su un tessuto operaio vero, cioè di delegati che si erano riuniti, avevano scritto i testi dei documenti e dato vita a questa manifestazione. La cosa non continuò proprio perché ci fu la rottura all'interno di Rifondazione Comunista: ciò determinò anche un blocco delle capacità di mobilitazione, ognuno doveva pensare a se stesso, a rimettere in piedi processi organizzativi, a riconsolidarsi. Ci fu sostanzialmente un forte arretramento dovuto al fatto che si era rotta Rifondazione e questo aveva pesato sicuramente tra i lavoratori e tra le avanguardie di massa, al di là della soggettività e dei singoli che magari avevano fatto anche scelte diverse. Sulla parte più avanzata dei lavoratori, al di là delle ragioni, proprio la scissione in sé è stata percepita come un elemento di indebolimento. Ciò ha pesato veramente, nel senso che ha reso meno credibile (e ciò è durato per una certa fase in maniera consistente e significativa) un'alternativa alle linee concertative, ai programmi del governo Prodi, alle politiche dei DS e dei vari governi che si sono succeduti nell'ambito del centro-sinistra; ed ha reso meno credibile anche una capacità di opposizione reale ai processi di ristrutturazione e di riorganizzazione capitalistica. Quindi, questa è stata un'esperienza importante ma che non ha avuto continuità: io credo che dentro di essa ci fossero, invece, elementi di anticipazione della fase in cui siamo adesso. Io non sto dicendo che essa non si è sviluppata perché nel frattempo c'è stata la rottura di Rifondazione, in quanto ciò sarebbe un'analisi sbagliata, anche se certamente è stata vissuta come un arretramento per fasce significative delle avanguardie di fabbrica: però, dico che là c'erano alcuni elementi di anticipazione rispetto alla fase che invece adesso stiamo attraversando e che vede in campo anche le soggettività politiche che in parte provengono o sono state interne a quel tipo di esperienza.
Dopo la scissione io ho deciso di impegnarmi particolarmente nel partito, e al congresso del '99 sono diventato segretario della federazione di Padova, e adesso, da settembre, sono anche responsabile regionale lavoro di Rifondazione. Per il lavoro che abbiamo fatto negli anni, per i rapporti che abbiamo coltivato, al di là del fatto che le cose non possono ripetersi e non si ridanno nella stessa forma, io credo che in questo ci sia un filo di continuità rispetto alla mia esperienza, c'è un elemento che penso sia interno. L'esperienza che ho fatto nel passato e i rapporti che ho avuto con questi grandi intellettuali di parte operaia, o operai intellettuali, certamente mi danno strumenti e riferimenti per calibrare nel presente la mia iniziativa politica.

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