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INTERVISTA A PAOLO BENVEGNU' - 13 SETTEMBRE 2001


Dopo di che, per una serie di motivi soprattutto di carattere personale (in quanto, come altri compagni, mi sono trovato a dovermi confrontare con i problemi materiali della vita), sono andato a fare l'operaio lavorando in una fabbrichetta anche 9-10 ore al giorno per il semplice motivo che quello era l'unico modo con cui potevo garantirmi la riproduzione materiale. Tra l'altro avevo scelto personalmente di non fare alcuna richiesta che potesse in qualche modo corrispondere a una qualche forma di abiura rispetto al mio passato: non ho chiesto, ad esempio, il famoso perdono giudiziario o tutte queste cose che poi avrebbero permesso anche a me, come ad altri, di usufruire di certe cose. Del resto mi ero laureato in Scienze Politiche con il massimo dei voti, in un contesto che stava cambiando potevo magari anche trovare una diversa collocazione. Dunque, ho fatto questa esperienza in fabbrica che per me è stata importante, mi ha permesso di leggere con un occhio interno una seria di situazioni e anche di percepire alcune realtà che poi si sono mostrate nella loro pienezza. Mi riferisco anche a realtà negative: per esempio, io ho visto crescere una capacità di attrazione delle parole d'ordine leghiste, cosa che all'epoca sembrava inusitata, però io iniziavo a vedere operai, anche giovani, che in una fase di crisi generale e di fronte all'assenza di un'opposizione reale nel paese alla fine si indirizzavano verso questi orientamenti. Poi ho avuto la fortuna di essere selezionato per il nuovo stabilimento che il Corriere della Sera faceva a Padova e, avendo anche una maggiore tranquillità dal punto di vista materiale ed economico, ho ripreso a interessarmi in forma diretta prima alle questioni sindacali e poi a quelle politiche: non avevo mai perso l'interesse, ma mi ero un po' estraniato o messo fuori. Il consiglio di fabbrica al Corriere della Sera cui ho partecipato è stata un'esperienza certamente importante e significativa, nel senso che era segnata dalla presenza allora egemone di Essere Sindacato, e quindi di una posizione critica rispetto alle linee sindacali maggioritarie, una pratica politica di forte democrazia al proprio interno, con la scelta di partecipazione costante dei lavoratori e dei loro delegati ai momenti di contrattazione e di decisione. Altrettanto importante era che, almeno nella prima fase, c'è stata la decisione di dare vita al movimento dei consigli, che fu presa proprio dal consiglio di fabbrica del Corriere della Sera: la prima assemblea al Teatro Nuovo di Milano fu fatta su iniziativa dei compagni del consiglio di fabbrica del Corriere della Sera, allora riuscendo a coinvolgere anche i delegati della CISL e della UIL quando ci fu il famoso taglio della scala mobile. Questo mi ha portato successivamente anche in Essere Sindacato qui a Padova, poi nella campagna di raccolta delle firme per il referendum abrogativo di quella parte dello Statuto dei Lavoratori che sancisce la validità degli accordi e dei contratti firmati dalle cosiddette organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative anche fuori dalla verifica materiale della disponibilità dei lavoratori a riconoscersi in essi. Qui a Padova mi pare che raccogliemmo 7-8.000 firme, quindi fu un lavoro significativo. L'altra esperienza importante fu all'epoca delle pensioni, non solo per la partecipazione alle lotte che ci furono e che portarono alla caduta del governo Berlusconi, ma successivamente anche per le manifestazioni e le iniziative contro la riforma Dini. All'epoca io ero già entrato in contatto con compagni che facevano riferimento a Rifondazione Comunista, ero sicuramente un suo simpatizzante: il fatto che Bertinotti, che era allora il leader di Essere Sindacato, avesse fatto la scelta di diventare segretario del partito per me era stata una cosa sicuramente importante, aveva anche cambiato il mio punto di vista. Si capiva dal metodo, dal linguaggio, dalla proposta che si poteva pensare a una forza politica in questo paese capace di innovarsi e di interloquire realmente con il movimento operaio. Quindi, ho cominciato a guardare con interesse a questo percorso politico. L'altra esperienza straordinaria fu quella che portò me e altri compagni che avevano dato vita al coordinamento dei delegati, con una serie di delegati di fabbrica importanti qui a Padova, a partecipare al penultimo congresso della CGIL. Con molte realtà di fabbrica riuscimmo ad avere risultati importanti: in larga maggioranza questa situazione non si è ovviamente poi riprodotta sul piano generale perché noi non avevamo né la capacità né la possibilità di fare tutti i congressi ovunque, agivamo sicuramente in una condizione di grande inferiorità rispetto a quello che era l'apparato dominato dai DS che ha gestito poi una larga parte del congresso. Però, ottenemmo risultati importanti e soprattutto cominciammo a costruire, insieme ad altri compagni, una rete di fabbrica significativa. Questo ha permesso a me e ad altri, poi anche per tramite del partito, di entrare in contatto con realtà significative, in particolare con compagni della Zanussi di Pordenone.

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