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INTERVISTA A PAOLO BENVEGNU' - 13 SETTEMBRE 2001


La zona che va da San Donà a Pordenone era di pendolarità nei due sensi, uno verso Marghera, quindi vero il Petrolchimico e la grande concentrazione chimica, e l'altro verso la grande industria metalmeccanica. Nei paesi più grossi da cui proveniva questa pendolarità e dove tra l'altro c'erano studenti dell'università di Padova o delle facoltà di Venezia, si formarono sezioni, cellule e gruppi che facevano riferimento a PO e che hanno fatto anche un'importante attività politica nel territorio. L'esperienza più importante allora fu l'entrare in contatto con questa realtà, quindi leggere e studiare determinati testi, proprio perché iscritto a Scienze Politiche o perché in contatto con questi compagni, e poi c'è stata l'esperienza di lavoro comune con le avanguardie di Porto Marghera. Ho lavorato insieme a compagni che ritengo straordinari, che avevano diretto la grande lotta sugli aumenti uguali per tutti al Petrolchimico, capaci di leggere all'interno delle lotte operaie e all'interno dei movimenti del capitale in maniera certamente molto alta. Questa è la prima fase della mia esperienza politica.


Quali sono stati i tuoi percorsi successivi alla fine dell'esperienza di Potere Operaio?

Io sono stato all'interno di Potere Operaio e vi sono rimasto dopo la scissione di Rosolina, come avvenne non solo per me ma per la stragrande maggioranza dei compagni.


Buona parte dei veneti inizialmente rimase in Potere Operaio.


Non tutti i veneti, rimase la sezione di Padova di PO: devo dire che con questa allora si intendeva soprattutto quel gruppo di compagni che erano più giovani, con un'età media che poteva andare dai 20 ai 30 anni. Dunque, potevamo avere alle spalle un'esperienza sì importante, però io nel '72 avevo 20 anni e per gli altri mediamente questa era l'età, c'era chi ne aveva qualcuno di più, oppure c'erano quelli più giovani ancora, come un gruppo consistente di studenti medi. Questi furono compagni che rimasero in Potere Operaio e che parteciparono a quella fase che andò dal '72-'73 fino a lambire il '74 in cui PO tentò in qualche maniera di resistere, però in realtà il processo di disgregazione e di crisi del gruppo era avanzato. Noi mantenemmo rapporti con compagni di Roma, Torino, Milano, però era evidente il fatto che non esisteva più un soggetto politico organizzato, con il suo gruppo dirigente stabile, con la sua capacità di iniziativa politica. Io, con altri, feci l'esperienza anche di Linea di Condotta, che fu una rivista per noi abbastanza importante che conteneva elementi significativi di autocritica rispetto all'esperienza precedente di Potere Operaio ed elementi forti di critica delle esperienze che venivano proposte allora, cioè dell'Autonomia milanese, quello che sarebbe stato Rosso. Sulla base dell'analisi delle teorie che erano prodotte in quella rivista noi pensammo ad un modello di pratica politica e ad un modello organizzativo sostanzialmente di tipo leninista: in contrapposizione con la proposta dell'Autonomia, noi mantenemmo l'idea di un'organizzazione stabile, per quanto fosse povera la nostra impostazione teorica, comunque eravamo ancorati ad un modello organizzativo classico leninista. All'esaurirsi dell'esperienza di Potere Operaio decidemmo di dare vita ai Collettivi Politici per il Potere Operaio, questo fu il passaggio che avvenne in quella fase tra l'esaurirsi della storia di PO e la nascita di un nuovo progetto politico.


In occasione della seconda occupazione della Fiat ci fu anche la breve esperienza di Fuori dalle Linee, una sorta di quotidiano gratuito di cui ne uscirono alcuni numeri.

Noi fummo partecipi anche di questa esperienza, era un foglio di lotta che fu distribuito anche da noi. Mi ricordo che andammo su a Torino con un folto gruppo di compagni di Padova, tutti peraltro molto giovani, partecipando come agitatori politici a quella fase di lotta e diffondemmo quel giornale nelle fabbriche più importanti pure del Veneto. Quella che facemmo allora fu una scelta dettata anche dal fatto che c'era un impoverimento oggettivo nella nostra capacità di iniziativa politica. Con alcune persone, che poi erano il gruppo dirigente di allora, le figure più importanti e significative, al di là dei ruoli di responsabilità definita, il direttivo di questo ambito politico, tentammo di ragionare, credo anche con intuizione felice, su come uscire da una situazione di stallo che vedeva di fatto i compagni ritrovarsi in alcuni luoghi di aggregazione ma senza poi produrre materialmente alcunché dal punto di vista di una qualche iniziativa politica efficace.

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