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INTERVISTA A MARCO BASCETTA - 16 OTTOBRE 2001


Quali sono stati i tuoi percorsi successivi alla fine della militanza nelle esperienze politiche di cui stiamo parlando?


Io ho smesso abbastanza presto di fare il quadro politico nel senso di militare in un'organizzazione impegnata direttamente nelle lotte, che ne segue tutti i percorsi, le azioni, che si dedica integralmente a questo. Ho cominciato, nel '75, a lavorare come giornalista in un testata come Il Manifesto che allora aveva un punto di vista molto diverso da quello di Potere Operaio; però ho continuato, non senza suscitare diffidenze e contraddizioni, a seguire un impostazione analitica di matrice operista e ad avere un dialogo, con interruzioni e rallentamenti, con i compagni con cui avevamo avuto la stessa esperienza politica nei primissimi anni '70, e con i quali poi, alla fine di tutti i rimescolamenti, abbiamo ricominciato a costruire seminari, riunioni, momenti di aggregazione, le esperienze delle riviste Luogo Comune e poi DeriveApprodi, alle quali ho partecipato. Abbiamo lavorato a diverse pubblicazioni, tra le quali un libro uscito alla fine anni '80 che si chiamava "0Sentimenti dell'al di qua", in cui abbiamo cercato, di fronte ad un mondo completamente trasformato, che era stato attraversato da questo enorme processo di riconversione produttiva, e anche da una profonda trasformazione delle mentalità, di riesaminare senza nostalgie e da un punto di vista rigorosamente materialistico il nuovo paesaggio produttivo e sociale e i suoi abitanti, rimescolando un po' tutto, e ricostruendo un filo che cercava di ritrovare, anche nei luoghi più impensati, la dimensione del conflitto, le contraddizioni, le potenzialità critiche.


Quali sono stati i numi tutelari del tuo percorso di formazione, oltre a quelli che hai già citato?

E' un percorso molto eclettico, diciamo pure incoerente, c'è dentro un po' di tutto, così che vale forse la pena di citare solo le cose più inconsuete come i romanzi di Ballard o quelli di Bioy Casares, straordinariamente illuminanti sulla natura della società in cui viviamo.


Quali sono oggi, secondo te, i filoni di ricerca politicamente più fecondi?

Secondo me il filone più interessante è quello di analisi e critica della proprietà provata intellettuale: credo che questo sarà proprio uno dei nodi più aspri del conflitto nei prossimi anni. Per dirla in una formula, ma si tratta di una cosa molto più vasta di questa, è la questione dei brevetti, delle recinzioni del sapere, dell'appropriazione capitalistica della cooperazione sociale e intellettuale, questo credo che sia il tema dominante. Un altro tema cruciale riguarda lo sviluppo del concetto di sicurezza, come elemento oppressivo di estensione oltre misura del controllo, come forma di esistenza postmoderna dello Stato, laddove esso rinuncia ai suoi compiti sociali ed economici affidandoli interamente al privato, esiste sempre di più, invece, come portatore di un concetto di sicurezza apparentemente ottenuto per via di consenso ma in realtà imposto, che è un sistema pervasivo di controllo e di disciplinamento delle vite. Vedo questi due temi come quelli più importanti sui quali lavorare, laddove sia il primo sia il secondo hanno a che fare con la gestione della forza-lavoro, con la gestione della mobilità della forza-lavoro. La questione dell'immigrazione è assolutamente cruciale perché le politiche contro l'immigrazione coincidono oggi con la politica di controllo della forza-lavoro in generale, rappresentano una leva che agisce non solo direttamente su quell'ambito ma su tutta una serie di altri ambiti contigui.
Il lavoro produttivo contemporaneo sarebbe impensabile senza questo suo essere messo in circolo da soggetti viventi, non semplicemente e neanche principalmente oggettivato nel sistema delle macchine, ma appunto circolante attraverso le soggettività concrete. Il sapere è un'enorme posta in gioco e la sua regolazione, la sua appropriazione, la sua recinzione è il processo al quale stiamo assistendo oggi. L'appropriazione privata dei saperi e del tessuto intersoggettivo da cui scaturiscono è un processo brutale e selvaggio come è stata la recinzione delle terre alle origini della rivoluzione industriale; solo che oggi, invece delle terre, si recinta la conoscenza, il linguaggio, la comunicazione.

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