>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> Percorso di formazione politica e culturale e inizi dell'attività militante
(pag. 1)

> Limiti e ricchezze dei movimenti e dei percorsi operaisti
(pag. 2)

> Ipotesi sull'operaismo e il nodo della politica
(pag. 2)

> La politica e il politico
(pag. 3)

> Percorsi successivi
(pag. 4)

> I "numi tutelari"
(pag. 4)

> Principali filoni di ricerca oggi
(pag. 4)
INTERVISTA A MARCO BASCETTA - 16 OTTOBRE 2001


Quali sono state, secondo te, le ricchezze e i limiti dei movimenti degli anni '60 e '70 e delle proposte politiche di matrice operaista?


La ricchezza è stata appunto quella di restituire o conferire al conflitto una sua ragione strutturale, e quindi nel vederlo non come un fatto volto semplicemente ad ottenere delle cose, ma come motore stesso della dinamica sociale verso un superamento dello stato di cose esistente. Dunque, era una cultura del conflitto che lo rendeva più vicino e congenito alla partecipazione diretta di tutti i soggetti. E lo vedeva da una parte come motore dello stesso sviluppo capitalistico, e dall'altra come sua negazione radicale, che continuamente si riproponeva su livelli sempre più avanzati, perché aveva in realtà come bersaglio finale e principale la contestazione radicale del lavoro salariato. Quindi, non era solo una critica della condizione più o meno sfavorevole all'interno del lavoro salariato, ma era un agire all'interno del lavoro salariato avendo come orizzonte la sua abolizione. Però, non era un orizzonte inteso nel senso del sol dell'avvenire, ma era un orizzonte che incideva direttamente sui comportamenti del presente, per esempio sulla valutazione che si dava della lotta salariale: ad essa si conferiva non un senso puramente rivendicativo, ma un senso teorico radicale, perché il fatto di puntare su rivendicazioni salariali che uscivano dalle compatibilità riconosciute e dal sistema economico, in qualche maniera poneva il tema di una dismisura incolmabile tra i bisogni dell'individuo e la condizione del lavoro salariato. Perché si chiede sempre di più? Perché fino a che esiste il lavoro salariato non è data la libertà degli individui, la loro autonomia, la possibilità di esprimere tutte le potenzialità.
I limiti sono stati, credo, quelli di un certo schematismo, la proposta di un modello rigido, freddo e spesso troppo astratto, una difficoltà a leggere i processi su scala globale, perché tutto veniva racchiuso dentro una lettura del rapporto di produzione capitale-lavoro nei paesi avanzati. Ciò era anche ragionevole da un certo punto di vista, nel senso che avevi di fronte un terzomondismo che funzionava anche come fuga dall'analisi della realtà; dall'altra parte, però, c'era anche una lettura un po' troppo, categoriale, di scarnificazione e riduzione dei processi al loro senso teorico puro, e quindi una scarsa capacità di cogliere contraddizioni, confusioni, scarti, e questo conduceva a dei cortocircuiti politico-organizzativi con risvolti settari e poca capacità di convincere.


Da questa ricerca si può ricavare una peculiare ipotesi. L'importanza dell'operaismo (intendendo con questa categoria un insieme di esperienze che, pur provenendo da una più o meno comune matrice politica, hanno seguito percorsi differenti ed hanno avuto varie sfaccettature) è stata quella di essersi collocato in una fase particolare, ossia l'entrata ritardata dell'Italia nel taylorismo-fordismo, portandovi una lettura socio-economica completamente nuova ed individuando nell'operaio-massa una figura non solo potenzialmente anticapitalista ma anche in grado di muoversi contro se stessa. Il limite fondamentale su cui sono franate le diverse ipotesi è costituito dall'incapacità di una proposta ed un progetto politico, quindi nuovi fini ed obiettivi che fossero adeguati alla rottura che si era stati in grado di operare dal punto di vista teorico con la tradizione socialcomunista, formatasi sulla figura dell'operaio di mestiere, da cui il lavorismo, lo scientismo, il tecnicismo, il produttivismo che l'hanno caratterizzata e continuano a caratterizzarla oggi. Quello della politica è dunque un nodo baricentrale nell'analisi di quelle esperienze trascorse, ed è altrettanto baricentrale ed irrisolto nell'oggi, seppur in tutt'altro contesto.

E' un nodo irrisolto anche perché quell'impostazione, proprio per il tipo di lettura del conflitto che dava, in realtà era in rotta con il passato. Cioè considerava la prefigurazione di una società futura come una menzogna, un inganno, una favola, un elemento sulla base del quale la classe operaia veniva ingannata, le veniva richiesto di compiere sacrifici nel presente in nome di un radioso futuro. Invece, questo giocare nella contingenza, il rifiuto di quella che si chiamava allora la politica dei due tempi, cioè prima i sacrifici e poi le riforme, l'agire quasi secondo gli insegnamenti di Machiavelli, nel giocare le categorie generali interamente dentro la contingenza, era in qualche maniera in contraddizione radicale e teorica di fondo con l'idea di progetto, di società futura ecc.

1 - 2 - 3 - 4

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.