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(pag. 7)

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(pag. 7)
INTERVISTA AD ALBERTO ASOR ROSA - 24 OTTOBRE 2001


Dopo il primo numero c'è una crisi verticale perché, con una coincidenza per certi versi positiva ma per altri un po' squassante, mentre la rivista esce si aprono le agitazioni studentesche e operaie tra il '68 e il '69, e anche qui c'è una riflessione interna tra di noi sul significato e sul peso da attribuire a quanto stava accadendo. La divisione avviene in sostanza su questo giudizio di fondo, che riporto un po' estremizzando per farmi capire meglio: la questione era se il '68-'69 apriva in Italia un periodo prerivoluzionario oppure no. Negri pensava di sì, io pensavo di no, ritenevo cioè che un processo simile dovesse essere più complesso e più lungo: lui chiede in sostanza di far cadere tutto il discorso sul partito, questione che la rivista aveva cominciato ad affrontare e di cui si era fatto carico soprattutto Mario Tronti. Siccome io non era d'accordo, Toni uscì dalla rivista, che è rimasta quindi affidata a me e a Massimo, proseguendo fino al '71.


Qual è stato il peso della figura di Gaspare De Caro all'interno del gruppo romano e dell'esperienza dei Quaderni Rossi e di Classe Operaia?


Gaspare (che io non vedo credo dal '65, forse incontrandolo per la strada non lo riconoscerei nemmeno) era e presumo che sia un uomo di estrema intelligenza, uno di quelli che più rapidamente, ma anche con grande raffinatezza di strumenti, ha trasferito queste problematiche classeoperaiste sul terreno dell'indagine storica e culturale: lui ha scritto delle cose molto importanti. Per esempio, scrisse per Einaudi (probabilmente, ma non ne sono del tutto certo, quando lì c'era Raniero) un'introduzione a "La rivoluzione liberale" di Gobetti che fece epoca e che, caso unico della storia, è scomparsa dal catalogo della casa editrice: è stata sostituita da un'altra presentazione, cosa in sé assolutamente legittima a distanza di decenni, ma è scomparsa letteralmente, se uno legge il catalogo Einaudi non vi trova traccia. Credo che riuscirebbe molto difficile ad ognuno di noi spiegare che cosa è accaduto poiché la rottura è avvenuta quando Classe Operaia era ancora in corso, quindi non si può dire neanche che sia avvenuta in uno degli snodi sui quali mi sono un po' soffermato. E' avvenuta, per quanto mi ricordo e per quanto possa apparire paradossale, su una critica ad un eventuale moderatismo di Classe Operaia, come se un certo tentativo di legare elementi operai, nell'organizzazione e nel sindacato, nonostante i passaggi realizzati dopo Quaderni Rossi, apparisse compromissorio. Poi Gaspare è sparito, più che una scomparsa è stato un inabissamento nel nostro passato: nessuno l'ha più visto, senza che si sia mai realizzata una spiegazione su questo argomento. Lui ha lavorato per quarant'anni in una delle redazioni dell'Enciclopedia Italiana, a due passi da qui dove siamo adesso: non c'è stata nessuna occasione, né procurata né casuale, per rivederlo. Era un uomo estremamente insofferente, prontissimo a inalberarsi: l'unica spiegazione banale è che gli dessimo noia. Poi lui, per quanto ci risulta, ha continuato a frequentare il gruppo di Negri dopo il '68, quando Contropiano si è scisso e Toni ha imboccato la strada di Potere Operaio. Qualcuno ci disse che Gaspare partecipava a queste riunioni, ma non mi pare che ce ne sia nessuna testimonianza, né scritta né orale.


Insieme ad Enzo Grillo aveva tenuto una relazione al centro Serantini di Bologna nel '72, di cui è uscito un ciclostilato intitolato "L'esperienza storica della rivista Classe Operaia".

Rispetto a De Caro, non saprei proprio cosa dire: l'ipotesi più probabile è che non ci sopportasse più, che la nostra amicizia gli desse noia. Ho come l'impressione che il fatto che questi 5-6 (perché parliamo di un gruppo quasi amicale) fossero non sempre d'accordo, anzi sovente in disaccordo, ma legati da una solidarietà profonda che si è prolungata per tutta la vita, lui lo considerasse una cosa poco tollerabile.

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