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INTERVISTA AD ALBERTO ASOR ROSA - 24 OTTOBRE 2001


Ci può tracciare un profilo biografico, politico e culturale, di una figura importante qual è stata quella di Galvano Della Volpe?


Un profilo biografico non saprei tanto farlo, perché io Galvano Della Volpe l'ho più letto che conosciuto. Nel periodo precedente, cioè quello universitario, un centro importante di dibattito fu l'Istituto Gramsci, dove, per circostanze che non mi ricordo, esercitavano un ruolo significativo e avevano una presenza costante sia Della Volpe sia Colletti. Non mi ricordo chi lo dirigesse e perché ci fossero queste presenze, comunque loro facevano lezione a un pubblico che in sostanza era il medesimo de La Sapienza e dell'università, ma con la differenza che lì il discorso era più direttamente teorico-politico. Della Volpe io l'ho conosciuto in quegli anni e l'ho studiato con grande interesse perché era una rara testimonianza di discorso teorico, culturale, analitico, critico-letterario e filmografico, che non facesse riferimento, direttamente o indirettamente, a un filone di stampo idealistico: mi riferisco non solo alla tradizione italiana crocio-gentiliana, ma in particolare al grande padre di tutti gli idealismi, cioè Hegel. Della Volpe, invece, si spostava sul filone Kant, nell'estetica soprattutto, ma anche nell'impostazione dei problemi teorico-politici e nella lettura di Marx. Colletti, senza essere così legato al modello kantiano, sicuramente esprimeva un'istanza anti-hegeliana fortissima, e quindi leggeva Marx come il superatore della tradizione idealistica della filosofia classica tedesca. Dunque, della tradizione marxista accantonava tutto quello che invece a quella tradizione faceva indubbiamente riferimento: Engels stava nella parte spuria del marxismo, e di Marx valorizzava le parti che invece erano più originali rispetto alla figura del grandissimo maestro idealista. La lettura diretta de "Il capitale", che poi ha portato negli anni immediatamente successivi alla lettura dei "Grundrisse", andava in questa direzione, alla sostanza politico-economica del pensiero marxiano. Galvano Della Volpe, invece di invocare Hegel sul piano della ricerca estetica, con un livello e un argomento che a me interessava moltissimo si rifaceva a Kant, cioè leggeva Kant passando attraverso Marx e viceversa: questa era una vera rivoluzione. Poi tra l'altro questa scuola kantiana di origine dellavolpiana a Roma è sopravvissuta fino all'anno scorso perché uno degli allievi estetologi di Della Volpe, cioè Garroni, ha proseguito questo filone. Ciò, per esempio, contribuì presto a smontarci, e a smontare in me, anche l'ipotesi di Lukàcs come alternativa al filone gramsciano, perché per un breve periodo di tempo ciò era accaduto: Lukàcs sembrava il vero marxista che si poteva contrapporre a questo bolso filone storicistico gramsciano. Invece, Della Volpe ha contribuito a demolire anche questa ipotesi dialettica, certamente la più prestigiosa e ricca, ma in ogni caso pur sempre discutibile; infatti, Lukàcs non era molto popolare fino a quando non lo abbiamo scoperto in "Storia e coscienza di classe", testo che però, in seguito al suo rinnegamento, non circolava in Italia.


Successivamente alla fine di Classe Operaia ci fu la significativa esperienza della rivista Contropiano, di cui lei fu uno dei fondatori: qual è, anche in questo caso, il suo giudizio critico?

Contropiano è naturalmente un po' diversa dalle cose precedenti. Classe Operaia si conclude sulla base di una discussione interna non del tutto limpida secondo me, soprattutto intorno al tema rinnovato e ripresentatosi del rapporto con il Partito Comunista, sull'idea del ritorno al PCI che alcuni realizzano e altri no. Ciò mette fine alla storia di Classe Operaia e fa nascere l'esigenza di una rivista non più di intervento ma di elaborazione teorica e culturale che riprenda quell'esperienza, però con tempi più lunghi e con un livello di elaborazione intenzionalmente differente. Mario Tronti non vuole partecipare direttamente all'iniziativa, anche se vi collabora all'inizio, perché, uscito dall'esperienza di Classe Operaia, ritiene che sia più opportuno un periodo di riposo e di cesura. Quindi, la rivista nasce dall'associazione di tre personaggi, cioè Negri, Cacciarti ed io. Massimo era comparso nel frattempo (ciò per motivi anagrafici, in quanto lui ha una decina di anni in meno di noi), era molto giovane, aveva 23-24 anni. Contropiano doveva essere una rivista molto teorica e molto culturale sui problemi di fondo, forse con una più netta caratterizzazione culturale, nel progetto di più lungo periodo.

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