>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

ROMANO ALQUATI
SUL SECONDO OPERAISMO POLITICO. Estate 2000


Partito come? Infatti ripeto che a cavallo degli anni '50 e '60 anche a Torino si esplorava un poco qualche idea su un partito nuovo, che poi si dirà "leggero", che offrisse un supporto di organizzazione e coordinamento politico anche e soprattutto alla classe operaia emergente all'epoca dell'operaio-massa. Ripeto pure, verso l'esplorazione della suddetta possibile via d'uscita (negli anni '60 italici) dal cerchio chiuso o labirinto del capitalismo rappresentato da Marx, dalla gabbia d'acciaio di cui aveva detto Weber. Tronti fu un poco a cavallo dei due orientamenti nietzschiani, ed anch'io (però io col mio, da quasi tutti disprezzato, interesse per la soggettività operaia e proletaria effettiva, pure collettiva che non pensavo fosse di per sé granché antagonista, se non in certe rare ma importanti occasioni: fra scienza sociale e uso dell'ideologia e della stessa religione. Ri-vedremo).
Ma, ripeto ancora, il fatto che conta qui è che quel Marx del feticismo rispetto almeno alla questione degli operai, e poi anche a quella molto intrigata della classe operaia, all'inizio degli anni '960 appariva proprio "sbagliato"; per fortuna. Ripeto di nuovo pure che proprio per questo c'erano probabilità di esplorare avvii di strade d'utopica uscita dal capitalismo. Strade che allora si ponevano all'attenzione, noi lo sottolineavamo proprio in termini di contingente, temporanea, "centralità operaia": centralità per lo sviluppo ulteriore del capitalismo contro le teorie ristagniste dei "monopoli" per le quali solo il piano statale e la nazionalizzazione potevano rilanciare lo sviluppo dell'"economia": vangelo di PCI e PSI nazionali fino alla metà degli anni '60. Ma pure centralità operaia e della fabbrica variamente, diversamente, aperta, e di nuove lotte su questo terreno, nuovo nell'arretrata Italietta. Allora prevedibile centralità operaia nella nuova industrialità di un capitalismo anch'esso un poco nuovo. Dopo qualche anno anche il PCI, che da decenni aveva messo la questione operaia in secondo o terzo piano, era prevedibile allora ne sarebbe stato alquanto scosso: e sull'esito di questo probabile scossone c'erano ipotesi diverse. Ma a Torino nel PCI c'era sempre stata, anche al vertice, questa fronda che dico ordinovista, talora duramente bastonata dal vertice nazionale del partito..., fronda che poteva capire un poco la novità delle classi e della loro lotta... Per un verso legata ad una fronda operaista nazionale piuttosto trotzkista (Foa, Trentin, soprattutto; e con loro Panzieri "il siciliano"). Per un certo verso migliori erano i locali: tenuti insieme magari da Garavini, sempre un poco velleitario. Noi nel '61 e dunque già in un secondo momento cooperammo coi dirigenti e quadri locali del "Movimento operaio ufficiale" torinese di fronda; modernizzante? Ambiguo...
Nel Movimento Operaio istituzionale torinese ci chiamarono gli "zengakuren" o all'inizio anche gli "anarco-sociologi"; ma almeno pel sottogruppo non abbagnanese, le cose non stavano proprio così. Eravamo tutti chi più chi meno sociologi multidisciplinari ma di formazione abbastanza leninista, poi chi più o meno anche di simpatia trotzkista ed\od anche luxemburghiana. Io, ripeto, mi ero ri-formato ideologicamente a Cremona abbastanza in senso comunista\collettivista, con la lotta di classe, l'odio di classe ecc., pur senza mai essere stato nel PCI: a Cremona ed in Lombardia allora impraticabile. Cercavo di tenere insieme il giovane Lenin anche con il pensiero libertario, tipo Castoriadis; ma non era proprio facile. Da cui una perenne mia ambiguità: da un lato sempre riserve, dall'altro di rado assolute chiusure; mi trovavo spesso sul confine fra gli uni e gli altri in certe rotture (ma non in certe altre...). In verità molto spesso io mediavo... A Torino in fondo ero anche meno operaista di Tronti; nel senso che ero più pessimista: magari entusiasmavo gli altri, ma dentro di me ero più scettico; inoltre non credevo che senza il partito, il "partito nuovo", perché non avevo fiducia nella capacità di rinnovarsi in tempi rapidi del PCI, la nuova classe avrebbe potuto fare più che tanto, anche da noi. E senza un lavoro "politico" nuovo anche inventivo verso la forma-partito rinnovata, rifatta. Ma il partito nuovo non era all'orizzonte. Malgrado le apparenze, non confidavo più che tanto sulla cosiddetta spontaneità operaia, anche appunto sulla "spontaneità organizzata" (e questa fu una delle prime grosse questioni che buttammo sul tappeto), anche nei momenti più alti ed acuti. Inoltre, alle soglie del '68, sentivo che la prorompente crescita operaia era legata al momento magico ed al circolo virtuoso di quella che Gallino e Momigliano (nostri maestri scientifici) chiamavano "l'azienda processiva": poi in una prevedibile recessione i padroni avrebbero preparato una ripresa della forza capitalistica anche per via tecnologica, restituendo alcune botte agli operai ricomposti. Si cominciò a fantasticare sul nuovo balzo tecnologico che stavolta si doveva caratterizzare per investimenti risparmianti lavoro. Fra i quattro tipi d'investimento che aveva classificato Gallino. Perciò malgrado trascinassi tanti altri, non mi aspettavo più che tanto anche dalla nuova ondata di grandi lotte dei nuovi operai ricomposti e risoggettivati. Pochissimi capirono il mio scetticismo. Tuttavia pensavo che si fosse in lotta col tempo perché il padrone strategico si muove sempre progettando con grande anticipo, e che si dovesse portare la lotta il più in avanti ed in alto possibile, anche perché poi in seguito eventualmente si potesse ripartire da condizioni non deboli ed arretrate sul nuovo terreno. Magari con altre forze. Dal '71 già si sentiva l'inizio del riflusso dell'ondata offensiva operaia e l'ho scritto da più parti: assai per questa mancanza di una vera funzione di partito, d'organizzazione e direzione politica sia nel senso del politico che della politica. Né credevo alla supplenza sindacale; e che il sindacato ormai potesse fare granché. Dopo però si cominciò a sentire anche l'inizio della sconfitta storica del comunismo collettivista solo nella proprietà, ma non nel possesso, e della proprietà privata di stato, e della disfatta di questa religione pressoché mondiale. Parlavamo già dagli inizi degli anni '70 di un nuovo ulteriore balzo tecnologico, che arrivò inavvertita, e favorì, già dal '75, quando l'ondata operaia aveva già superato la punta più alta, una batosta imprevista in quantità ed in qualità, batosta anche a questa piccola borghesia che si vestiva come le guardie rosse... Tuttavia... Ma questo sarà il dopo, sarà gran parte dell'esito.
Faccio presente che noi nel primo Quaderno Rosso non c'eravamo. Fu realizzato in un accordo "di vertice" di Panzieri con Foa, Trentin, e altri romani e Garavini ed altri sindacalisti torinesi. Noi entrammo solo nel secondo, e nelle deludentissime Cronache dei Q.R. in alternativa a quelli là. Questo compromesso con Panzieri (e Tronti) ed il socialcomunismo operaio storico, ripeto, quello degli operai di mestiere, fu un prezzo molto alto che pagammo per valerci di questa rivista; come poi di Classe Operaia..., che pure consideravamo già la migliore e la più importante di quelle prime riviste del secondo operaismo politico.
Sono stato relativamente movimentista, anche perché sul partito nuovo c'era ben poco da sperare! Ma in specie dal '64 davo molta attenzione a chi parlava, assai in ritardo, di rinnovamento del vecchio partito storico, il quale dicendosi "operaio" pareva comunque ricattabile dalla crescente evidenza dei grandi cambiamenti e della conflittualità e combattività dei nuovi operai nel boom, dell'operaio-massa, come l'abbiamo subito chiamato. Dentro e contro anche il partito, dentro e contro anche la politica istituzionale: per sottrarre anche questo terreno al padrone. Lenin in Inghilterra diventava davvero Togliatti in Italia, come avevo commentato l'editoriale di Tronti. Però non ritenni mai me stesso adatto a questo lavoro politico-istituzionale. Rimasi sempre a seguire ed a premere da fuori. In seguito anche con una perenne quotidiana discussione e pure litigio coi gruppi extraparlamentari operaisti post '68, dei quali non feci mai parte! Nemmeno nel '70\'75 gli operai presero più che tanto sul serio i partitini, anche se li usarono per comunicare, coordinare, ricattare, ecc. Votarono PCI. Ma siamo tornati al dopo... E' che adesso mi sento assai oltre. Ma torno indietro.
A Torino entrai subito dalla fine del '60 in dialettica coi quadri e dirigenti dei partiti sedicenti "operai". Soprattutto coi socialisti, ma non tanto grazie a Panzieri, che loro non amavano, ma proprio malgrado Panzieri che era sostenuto quasi solo da socialisti e comunisti di vertice romano. Fu un dialogo con dirigenti socialisti (Dosio, Muraro, Alasia, Migliardi, Giovana, ecc.) costruito tutto da noi pur da posizioni diverse nella nostra ricerca autonoma da Panzieri. E' assai esagerato dire che diventammo la FIOM torinese per qualche mese. No. Però, come alcuni di noi, anche quei socialisti per lo più consideravano "il partito" solo il vecchio PCI. Era quello il "partito-reale"... Convergemmo dialetticamente pure con dirigenti sindacali comunisti come Garavini, Fernex, Pugno e Piero Frasca (del quale ho un ottimo ricordo) ad esempio nella stesura del documento per l'assemblea dei comunisti delle grandi fabbriche di Milano ('61?), che poi Garavini ebbe paura di leggere e fu letto da Gobbi (io non ero iscritto...), col quale interloquì direttamente Togliatti, ecc. Gobbi più volte si prese le botte al mio posto e ne sono ancora dispiaciuto, però non c'erano alternative. Ripeto, questo ed altro senza Panzieri e gli abbagnanesi... E comunque non eravamo indifferenti nemmeno alla politica istituzionale, alla necessità di contrastare il padrone anche nell'uso di questo terreno, ecc. Solo che a parer nostro il PCI di allora non lo faceva! Non sapeva farlo! Ero quindi movimentista mio malgrado. Ma lo ero effettivamente: mi muovevo molto anch'io!

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.