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ROMANO ALQUATI
SUL SECONDO OPERAISMO POLITICO. Estate 2000


Alla metà degli anni '50, quando mi sono messo a fare qualcosa anch'io, c'erano dei segnali in questo senso. Ma dopo, con Tronti, la scienza altra diventava la "scienza operaia", che implicava un discorso difficile, delicato e complesso. Allora io cercai di sperimentare ancora qualcosa, con non poca ideologia, ma ancora non si andò lontano. Classe Operaia è stato il luogo dove qualcuno ha cercato più che altrove di fare pure con me la mitica "scienza operaia" con spunti di conricerca e sprazzi di teoria. Oggi sono un poco critico rispetto a questa operaità. Però non mi autocritico solo sul nome... Ripeto che Tronti era più operaista di me nei tre o quattro anni in cui lo è stato. Tuttavia non tutto è adesso da buttare.
La conricerca è stata abbastanza un aborto, ma meno della mia progettazione sulla soggettività. La conricerca non l'ha fatta più nessuno? Ma?
Una delle esperienze più importanti dal '68 in poi è stata quella dei cosiddetti "ricercatori scalzi". Per alcuni anni (fino ai primi anni '80) tutta una processione di quadri, di operatori dei servizi pubblici, di insegnanti di scuola media in nuclei locali, tutti bravissimi, malgrado già sentissero la sconfitta e le sue ragioni, venivano da me a chiedermi consulenza per una tipo di ricerca sistematica e rigorosa su ipotesi anche teoricamente significative, adatta a loro, ai loro mezzi intellettuali e tecnici talora precari: ma non era precaria l'intelligenza a suo modo collettiva, nel corpo a corpo, e l'inventiva, e l'antagonismo. Ora non sono tutti morti. Molti sono ancora lì in giro sui nuovi terreni e nei cyberspazi, e sono perfino cresciuti.
Inoltre quel modello poteva camminare, almeno iniziare il cammino, solo nelle condizioni trascorse della fabbrica verticalmente integrata nella grande impresa delle fasi iniziali del grande ciclo e lungo secolo americano (Arrighi). Che offriva talora (a noi le offrì) grandi concentrazioni di portata strategica, anche fisiche. Oggi nella de-spazializzazione e tele-frammentazione fino al domicilio e nella mobilità continua, richiedendo radicamento, non sarebbe granché praticabile. Oggi bisogna rovesciare: creare dei centri inizialmente virtuali dove l'iniziativa di nuovi militanti dispersi potrebbe riferirsi e convergere. Ed è diventato del tutto vano voler ricomporre e rimontare le sequenze di processi polverizzati e dispersi per pezzi di mansioni nei cinque continenti; ma occorre partire da certe ricorrenze, che ora ci sono e ora no, e coinvolgere i singoli o i microgruppi di quasi\militanti sul come, il perché, le portate, e le conseguenze e le potenzialità alternative. Facendo anche nuove classificazioni fondate perché con le balle che circolano in giro non si sa e non si capisce più niente... Oggi o si può conricercare con chiunque perché tutti sono al lavoro in tutti i momenti della loro vita: oppure bisogna tirar fuori testimoni particolari, attirare i militanti dispersi e isolati, con mezzi nuovi, e metterli a confronto, farli tele-incontrare: ad esempio, fare contro-comunicare i comunicatori...
Questa questione del fare parallelamente anche altri modi d'inchiesta è importante anche per oggi. Infatti, la conricerca è abbastanza bene non sia proprio il punto di partenza ma già un punto d'arrivo, per ripartire. Oggi ad esempio malgrado ci siano in giro tantissimi sociologi c'è in giro pochissima conoscenza attendibile di come stanno davvero le cose per una grande quantità di nodi importanti della situazione (in specie italiana). Di solito c'è da parte degli stessi ricercatori un uso ideologico dei risultati del ricercare sul campo che ci offre rappresentazioni stravolte, inattendibili, in cui imitano i grandi intellettuali di riferimento... Il più rimane nei cassetti. C'è un grande bisogno di conoscenza effettiva. Non ci serve tanto o niente ricomporre dal basso grandi processi: questo ormai è anche impossibile. Ci occorrono ricorrenze e loro spiegazioni, correlazioni e nuove e differenti classificazioni tipologiche, ecc. Bisogna coinvolgere i partner a partire da questo e poi di più negli aspetti soggettivi. Non basta il "cosa sono costretti a fare"... Inoltre sono molto utili anche certe autobiografie, racconti terra terra degli stessi protagonisti, in specie in certi ruoli e sistemi di ruoli: cosa fanno per davvero, come lo vivono, come lo valutano. C'è un grosso lavoro di conoscenza da fare anche prima, intorno... Sia coi professionisti che coi ricercatori scalzi del nuovo millennio. Bisogna interessarsi in particolari di certi ruoli, non tanto perché lì il lavoro è più intelligente, ed allora si pensa (sbagliando) più consapevole, scambiando ciò con una coscienza "politica"; ma perché anticipa il futuro, nel bene e nel male: teniamo conto che l'Italia è ancora e più di prima un paese arretrato!
Tuttavia, è certo che la parola conricerca ha affascinato. Io, come Negri, ho inventato pure delle espressioni verbali magiche: sto parlando non solo d'ideologia opportuna, di "ideologia controllata", ma di mito, magia, religione. Dicevamo: le rivoluzioni, anche quelle parziali, pezzetti di processi rivoluzionari o di rivoluzioni-processo, non si fanno tanto con la scienza, ma parecchio con le parole magiche. Bisogna tenere insieme le due cose: con la scienza si costruiscono i presupposti, certe risorse, ma le mobilitazioni si fanno pure con la magia e con la religione, con l'ideologia; il partito laico appariva una contraddizione di termini: semmai si trattava di religione razionalista, ecc. Negri è stato abile a mettere in giro delle parole magiche: duravano magari due o tre mesi, però su queste dentro i partitini facevano le battaglie e anche le scissioni. Anch'io ne ho inventate certune, alcune hanno funzionato fino a livelli di massa, e ben più a lungo.
Anche Tronti stimava Touraine. Dopo la Bolognina, era Asor Rosa con lui e il suo giro a gestire Rinascita, e infatti ci si trovava come uno dei loro riferimenti di nuovo Touraine. Assieme a certi sociologi di riformismo borghese che noi anni prima avevamo rifiutato. Touraine è un sociologo di destra, però c'era l'idea che certi destri capissero la lotta operaia e la condizione operaia molto di più dei sinistri, ed avessero pure un certo odio per il presente. Ma anche Socialisme ou Barbarie o Castoriadis prendevano ad interlocutore Touraine.
Ho prima richiamato di continuo il nuovo lavoro tayloristico nella nuova industria ed il nuovo operaio, in senso ampio. Sulla Renault c'era un libro\diario di Mothé che io ho presentato a Torino nel '60. Allora degli operai nel PCI quasi non si parlava: neppure di quelli vecchi in nome dei quali ci si candidava. Nel '58 ci fu un convegno sulla sociologia italiana, per l'Einaudi uscì "Comunità e razionalizzazione" di Pizzorno, in un momento in cui degli operai non scriveva nessuno. Questo libro parlava delle trasformazioni produttive e del territorio. Anche Montaldi si è rifatto a questo testo in "Milano-Corea". Successivamente sono poi uscite cose mediocri, ma tutte in Italia venivano da lì. In quei tempi Rinascita aveva la teoria che i "monopoli" rappresentassero la fine del capitalismo: si aspettava solo che i padroni glieli consegnassero per gestirli col piano centrale. L'Italia poi per loro era tutta arretrata, impaludata nel ristagno. Di conseguenza, non c'erano studi sugli operai e le fabbriche. In varie annate di Rinascita anni '50 quasi solo un paio di testi di Montagnana parlavano dell'industria e del nuovo lavoro. L'obiettivo del PCI era allearsi con la (piccola) borghesia. Elettoralmente d'obbligo? La doppiezza era morta? Chi di noi era più colto andava a leggersi direttamente la letteratura americana: lì c'erano le analisi sulle relazioni umane, le sue critiche, il taylorismo, il fordismo. Si pensi agli studi di Merton sulla la scienza, la burocrazia. Dunque, se uno voleva capire il nuovo lavoro, quello dell'operaio-massa, andava a leggersi la letteratura americana. O i suoi derivati francesi. Io, ed anche Gasparotto, leggemmo di quella sociologia, scienza dell'organizzazione, tecnologia, molta economia micro e macro, antropologia, urbanistica e geografia, demografia, legge pure, ed un poco di politologia, oltreché di storia e filosofia. Dietro la mia conricerca, come dietro la mia ricerca scientifica atipica sulla nuova fabbrica e gli operai e gli impiegati come grandi gruppi sociali nel taylorismo\fordismo ecc., c'erano anche questi studi. Mai interrotti.
Ma adesso qualche esempio di con-ricerca qualcuno potrebbe farla, e magari la sta facendo a mia insaputa, proprio oggi: d'altronde adesso c'è tanto di meglio da fare? Io ho messo in giro qualche libretto, di difficile lettura, e qualcosa in rete. Però la conricerca va riinventata daccapo forse all'inverso. E non solo molti "compagni" curiosi, con voglia di conoscere e capire, non sono morti e nemmeno tanto pentiti, sebbene autocritici: piuttosto sono cresciuti; e ci sono perfino dei giovani..., sparsi e magari isolati in giro. Non possono contattarsi con la rete? Confrontarsi, ecc.? Non possono con-ricercare così, con la rete? La rete facilita ed accelera la conricerca, sembra fatta apposta! E poi con le radio, ecc.?
Ora ci sono nuove macchine-contro da costruire. E magari se gli operai non erano tanto i lavoratori del braccio ma gli attivatori\innovatori del macchinario e dell'organizzazione tecno-scientifici, esiste oggi una nuova operaità, una potenziale nuova classe operaia, e che potrebbe negare anche se stessa?
Però sarebbe meglio parlare del presente e del prossimo futuro.

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