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INTERVISTA A ROMANO ALQUATI - DICEMBRE 2000


La sua importanza è stata soprattutto nell'anticipazione, nel fatto che, anche per il ritardo dell'ingresso generalizzato dell'industria italiana nella "seconda fase" (che oggi si dice) tayloristico-fordista, alcuni peculiari intellettuali piuttosto comunisti seppero anticipare d'alcuni anni l'arretrato movimento operaio "istituzionale" italiano funzionando come una vera avanguardia a partire da alcuni punti davvero traenti. Avvertendo fin dagli anni '50 che ci si trovava in una transizione verso una nuova industrialità capitalistica ormai anche in Italia, che si stava generalizzando un'organizzazione scientifica di nuova concezione del lavorare industriale, inteso non come un settore ma come una trasversalità tendenzialmente universale, una nuova maniera di lavorare e condizione del lavoratore operaio sia negli stabilimenti che nella società complessiva, e per alcuni operaisti anche una nuova soggettività operaia. Questi "secondi operaisti politici", ed in particolare quelli che erano passati per la conricerca dal '57 al '62, compresero studiando direttamente il come e le conseguenze, che sia il cosiddetto taylorismo come quell'organizzazione scientifica di massa del lavorare operaio, sia il cosiddetto fordismo come nuova politica di salari meno bassi per il consumo di massa della nuova produzione di massa cambiavano la società industriale capitalistica anche italiana introducendo una nuova ambivalenza, in cui criticare e combattere la faccia negativa ma valorizzare quella positiva della medaglia! Una nuova rappresentazione della nuova società industriale capitalistica fu introdotta in una sinistra in cui sia l'intellettualità sia la leadership italiana (e non solo) era ancora ferma ad una visione ottocentesca del capitalismo e della società, dell'industrialità e del lavoro. Inoltre ciò avvenne pure attraverso la conoscenza (rarissima a sinistra) di un'importante letteratura internazionale anche di grande-destra. Questi giovani intellettuali di peculiare operaismo comunista erano già convinti che la vecchia visione e strategia socialcomunista che aveva come referente la prima antica operaità dell'operaio "professionale" (il quale si muoveva nella stessa cultura dell'altra parte dell'artigiano dimidiato, ossia della borghesia imprenditoriale; e quindi era scientista, tecno-scientista, sviluppista, per la programmazione totale ed autoritaria, e sacrificista ed universalista, ecc. ecc.) era come chiusa in un labirinto che ritroviamo anche nel pensiero e nella strategia di Marx e della socialdemocrazia classica e poi degli stessi bolscevichi, e non avrebbe mai potuto trovare la strada per uscire dal capitalismo uscendo anche dalla classe operaia stessa, senza una nuova teoria e strategia e un nuovo soggetto sociale per farla camminare. E pertanto era necessario trovare un nuovo referente sociale, socio-economico, per avviare il superamento del capitalismo.
Ma il nuovo referente sociale forte, potente e collettivamente forte anche se singolarmente debole ormai c'era, era lì anche in Italia: era proprio quello che fu chiamato l'"operaio-massa" di nuova e seconda operaità e soggettività operaia, che la nuova organizzazione scientifica e così razionalizzata del lavorare stava diffondendo pure in Italia. Giovani operai senza qualificazione singolare, unskilled, ma abbastanza scolarizzati, provenienti da famiglie di contadini e piccola borghesia proletarizzati che il movimento operaio socialcomunista riteneva a torto estranei e refrattari alla lotta di classe contro il capitalismo stesso, eso-aggregati scientificamente dal nuovo capitalismo. Questi nuovi operai avevano per slogan "più soldi e meno lavoro", e potrebbero essere definiti dei nihilisti fordisti, potenzialmente mobilitabili pure contro se stessi. La "rude razza pagana" che tanto ha scandalizzato il populismo; e così pagana (malgrado ad altri livelli di realtà fosse anche religiosa) pareva proprio necessaria! Ben poco li identificava profondamente con la tecno-scienza ecc. Così i secondi operaisti politici sulla scorta delle precedenti esperienze internazionali, scommisero sulla possibilità, la potenzialità di un loro coinvolgimento in una lotta di classe per la trasformazione complessiva del sistema sociale. Ma da farsi col partito. Nuovo. Che non c'era. E su questa strada in quegli anni si ebbero in effetti movimenti (e ricomposizioni e risoggettivazioni) di forza straordinaria, per una serie di condizioni anche contingenti tardive, e per il fatto che anche una parte crescente dei sindacati operai fu trascinata nella presa di coscienza del nuovo capitalismo e della nuova industrialità e delle risorse che offriva anche ai lavoratori il nuovo terreno.
Ma anche questo nuovo referente operaio aveva i suoi limiti, e solo una nuova organizzazione politica poteva portare verso il loro superamento la nuova classe operaia in ricomposizione. Parve subito a molti secondi operaisti politici che mentre la loro rappresentazione socio-economica ed in alcuni casi anche antropo-culturale fosse adeguata ed importante, essi non sapevano e soprattutto i più nemmeno vollero elaborare una linea politica e, soprattutto limitati dalla tradizione "organizzativista" del socialcomunismo classico, una concezione del comunismo e del partito comunista adeguata alle condizioni nuove; e rimasero anch'essi fermi all'imitazione della banca del 1910, così intendendo il "leninismo"... Così si votarono al fallimento, rapido; malgrado tutto. Non che la rivoluzione fosse davvero dietro l'angolo!

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