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> Estrazione sociale e prima formazione
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> L'uscita degli studenti verso gli stabilimenti delle lotte operaie
(pag. 11)

> Professore universitario atipico
(pag. 13)

> Soggettività, soggettività collettiva, soggettività operaia, soggettività politica, controsoggettività
(pag. 14)
INTERVISTA A ROMANO ALQUATI - DICEMBRE 2000


Bisogna però premettere qualcosa d'altro. Toccato il massimo del mio operaismo con il libretto "FIAT punto medio", studiando la situazione internazionale ormai cominciavo a capire che da un lato c'era da aspettarsi un nuovo "balzo tecnologico" ed organizzativo di trasformazione internazionale non solo del settore meccanico, ma di tutto il macchinario meccanico e il lavoro "meccanizzato", con la fine dell'azienda processiva, degli investimenti estensivi d'ulteriore sviluppo ecc. E già si affacciava il primo decentramento ecc. E che dall'altro lato quella nuova e dirompente centralità operaia avrebbe toccato un tetto e poi avrebbe cominciato a ristagnare per mancanza di direzione ed organizzazione politica e sbocco politico. Cosicché era opportuno non tanto andare a testimoniare il proprio operaismo ideologico-affettivo ai cancelli degli stabilimenti, applaudendo alla lotta degli altri; senza neppure la capacità di mettere in atto una rozza conricerca (le due culture ri-diventavano anche due diverse "culture politiche"), cosicché magari certi capi dell'ex movimento venivano da me o magari da Rieser a chiedere quali problemi c'erano in quella data situazione operaia o in quell'altra. Ma semmai cercare di aggiungere alla lotta degli operai quella d'altri agenti sociali in altri nodi strategici e critici di quella società in movimento. Come appunto il nodo socialmente e politicamente e già strategicamente importante dell'Università, della scuola e della formazione in generale. Pure per avere un'effettiva maggiore forza e peso sulla politica. Infatti nel '69 il capitalismo ed i politici del governo italiano chiusero la lotta degli studenti proprio con la liberalizzazione degli accessi, che portò nell'università massificandola ma senza nessun adeguamento di indirizzo didattico e di risorse una massa di ceto medio in via di proletarizzazione (ed iper-proletarizzazione) il quale malgrado tutto si sentì promosso e si godette una promozione che in vero nascondeva proprio l'iper-proletarizzazione avviata! Questo ceto medio in iperproletarizzazione con molti figli di operai ed ex-operai loro stessi da allora stava lì, in quel nodo, senza che nessuno nel "movimento" prendesse atto della sua presenza e proponesse o facesse qualcosa con loro! Tuttavia proprio a partire dal '68 si sviluppò proprio l'operaismo e la proiezione all'esterno pure dei professori di una sinistra un poco nuova, che si andò anche moltiplicando, e con loro di tutta un'intellettualità, in fondo formata tradizionalmente nella vecchia cultura e cultura politica ottocentesca di cui dicevo prima: professori operaisti come militanti ideologi\agitatori, in fuga altrove. Che magari davano il 30 politico collettivo a chi andava a cercar di supportare lotte altrui, altrove. Fra l'altro io fin dalla metà degli anni '60 sono stato sempre contro il "lottismo", il turismo lottista di chi andava e va a godere lo spettacolo delle lotte degli altri. Ed anche per i movimenti degli operai insistevo sul "radicamento".
Ed infatti, dai primi anni '70, nella previsione della sconfitta dell'ondata dell'operaio massa, che pure non sembrava ai più avere ancora raggiunto il suo culmine, cominciai a studiare per conto mio proprio questo ceto medio in ipeproletarizzazione, e l'industrializzazione della società e da un lato a parlare di intellettuali-massa e di proletariato intellettuale anche al di sopra della classe operaia; e dall'altra di "operaio sociale" e di una crescente nuova operaietà che (come sempre avevo sottolineato già prima) ora diventasse ancor più indipendente dalla manualità e muscolarità; nel "passaggio in produzione" di questo nascente iperproletariato, che passava anche nella nuova università di massa senza pedagogia ed organizzazione e risorse idonee. Mi radicavo lì. Avevo una certa coscienza del rischio di ripercorrere per inerzia soggettiva e ulteriore carenza di conoscenza certe vecchie strade, e magari d'illudermi sull'emergere di una nuova avanguardia di massa che facesse precipitare di nuovo tutto quanto intorno a sé ed ai propri movimenti ed interessi. E questo è un rischio che si ripropone anche oggi! Cominciai a pubblicare qualcosa su ciò solo più tardi, nel '74\'75, e poi nel '76 il tutto si riassunse abbastanza nel libretto collettivo "Università di ceto medio e proletariato intellettuale". Ma oggi la questione dell'iperproletariato affettivo e cognitivo ed intellettuale (e magari di un'eventuale nuova operaietà) è già cambiata un'altra volta.

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