Giancarlo Arnao
Cannabis Uso e Abuso


5 LA TOSSICITA'

La tossicità della cannabis si manifesta con effetti sia acuti che cronici Gli effetti acuti sono quelli che vengono determinati anche da una singola dose, e si manifestano durante lo stato di intossicazione. Gli effetti cronici derivano dall'uso prolungato della sostanza e incidono sullo stato psico-fisico dei consumatori anche al di fuori dello stato di intossicazione.

5.LA TOSSICITA' ACUTA
  1. Reazioni negative fisiche

    La tossicità complessiva della cannabis è una delle più basse fra le sostanze medicinali e non: "Nonostante la lunga storia del suo uso e il numero eccezionalmente alto di consumatori, non esistono reperti medici credibili da cui risulta che t'uso della cannabis abbia provocato un solo caso di morte. Al Contrario, una medicina di uso comune come l'aspirina determina ogni anno centinaia di morti" (D.E.A. 1988, p.57).
    La dose letale della cannabis non si è potuta valutare neppure negli animali da esperimento. In teoria, la dose letale negli umani ammonterebbe a 20.000-40.000 volte la dose singola (considerando come tale uno spinello di marijuana di 900 mg).
    Sul piano tisico, l'uso dì cannabis può provocare una serie dì disturbi
    APPARATO CARDIO CIRCOLATORIO: tachicardia (aumento delle pulsazioni cardiache), giramenti di testa, svenimenti.
    APPARATO GASTRO INTESTINALE: nausea, vomito, diarrea.
    APPARATO NERVOSO E MOTORIO: mal di testa, torpore, insonnia, tremori, incordinazìone motoria.

    Con che frequenza avvengono queste reazioni? Uno studio su 522 consumatori ha riscontrato che qualche sintomo negativo è stati riscontrato almeno una volta dal 48,5% dei consumatori.
    gli effetti più frequenti erano:
    • nausea (almeno una vota dal 18,2% dei soggetti),
    • vomito (11,9%),
    • giramenti di testa (11,3%),
    • mal di testa (4,8%),
    • spossatezza (3,8%),
    • tendenza a svenire (2,9%),
    • senso di freddo (2,7%)
    (cfr. Berke-Hernton 1974, p. 279)

    Questi disturbi hanno una breve durata, e non superano il periodo dell'intossicazione. Se particolarmente gravi, possono essere curati con rimedi sintomatici. Poiché sono spesso collegati con (e forse anche causati da) disturbi psichici, può essere opportuno non drammatizzare più del necessario, come si vedrà nel paragrafo successivo.
  2. Reazioni negative psichiche
    Le più frequenti reazioni negative acute da cannabis riguardanti t'aspetto psichico sono essenzialmente due:
    a) ansia, che può manifestarsi a un livello molto leggero, ma talvolta diventa un vero e proprio senso di angoscia, di perdita dì controllo e di depersonalizzazione, di timore di non poter più tornare allo stato normale; raramente è stata segnalata una psicosi tossica (paranoia, allucinazioni, confusione mentale), che comunque non va oltre il periodo dell'intossicazione.
    b) depressione, che dipende essenzialmente da condizioni emozionali negative preesistenti o da condizioni ambientali (abbiamo visto che la cannabis può amplificare certe emozioni negative). L'incidenza statistica di questi disturbi è stata indagata dallo studio di Berke-Hernton. Una reazione negativa psichica è stata sperimentata almeno una volta dal 25,5% dei consumatori, mentre il 73% dei soggetti non ha mai avuto alcun disturbo;

    I sintomi più frequenti erano:
    • paranoia (almeno una volta dall'8,17% dei soggetti),
    • paura (5,44%),
    • depressione (5,44%),
    • ansia (3,30%),
    • derealizzazione (2,72%),
    • allucinazioni (2,52%),
    • difficoltà di comunicazione (1,94%),
    • confusione (1,75%),
    • dissociazione (1,14%),
    • pensieri ossessivi (0,97%)
    (cfr. Berke-Hernton 1974,p.280).


    II quadro degli effetti negativi acuti della cannabis può apparire preoccupante, e in qualche modo giustificare i timori di chi attribuisce alla cannabis l'etichetta di una droga "come tutte le altre". Sotto questo profilo, può essere utile un confronto con una sostanza legale come l'alcool, che nella nostra cultura viene usata in maniera analoga alla cannabis. Fra le reazioni negative acute, l'abuso di alcool può provocare uno stato di coma che può talvolta essere mortale. Sul piano delle reazioni psichiche, l'alcool può determinare gravissimi effetti sul comportamento, che si traducono in atti di aggressività su sé stessi e gli altri (è una delle cause più frequenti di suicidi, omicidi, violenze sessuali e di altro, genere) (vedi tab.1).

    Le reazioni negative psichiche della cannabis richiedono di rado un vero e proprio intervento medico. Al contrario, un intervento di tipo "psichiatrizzante" potrebbe essere interpretato dal soggetto come una conferma del suo stato di anormalità mentale, e potrebbe aggravare la sua angoscia. L'intervento più efficace consiste piuttosto nell'aiutare il soggetto a ridefinire e sdrammatizzare il contenuto della sua esperienza, e soprattutto a convincerlo che il problema è comunque destinato a risolversi da sé in breve tempo.


    TAB. 1 - TOSSICITÀ COMPARATA ALCOL-CANNABIS


      ALCOOL CANNABIS
    Dipendenza fisica No
    Sindrome di astinenza Delirium Tremens No
    % dei Tossicodipendenti consumatori (Italia) 6% -
    Intossicazione acuta Narcosi, coma Nausea, ansia, tachicardia, svenimento
    Intossicazione cronica Cirrosi, atrofia cerebrale Disturbi polmoni (fumo)
    Comportamento aggressivo No
    Overdose mortale No
    Dose efficace letale 1/10 1/20.000-40.000

5.2 TOSSICITA' CRONICA

Sugli effetti tossici cronici della cannabis è in corso da decenni un dibattito scientifico, che ha individuato una serie di ipotesi dì rischio: esse verranno analizzate separatamente.
  1. Cromosomi
    Effetti tossici sui cromosomi sono stati ipotizzati da diverse ricerche negli anni 60 e 7.0. Tali effetti sono stati smentiti da tutti i Rapporti Nazionali e, nel 1982, da quello della N.A.S. (cfr. N.A.S. 1982, pp.3-4). Non è dimostrato un effetto nocivo della cannabis sul feto. Ciò non toglie che l'uso della sostanza sia da sconsigliare in gravidanza, per le stesse ragioni prudenziali per cui va evitato l'uso di alcool, di tabacco e dì una serie di farmaci di uso comune.
  2. Tessuti cerebrali
    Le ipotesi di danni permanenti al tessuto cerebrale (si è parlato sulla stampa addirittura di "atrofia cerebrale") sono state rifiutate dai Rapporti nazionali USA e Canadese, (1972), dal Rapporto della N.A.S. e da quello dell'A.C.M.D. (1982). Analoghe conclusioni sono state tratte circa la psicosi da cannabis, intesa come malattia mentale permanente.
    A titolo di curiosità, va segnalata una ricerca eseguita in USA nel 1986 molto citata dalle autorità come "prova" della intrinseca nocività della cannabis sui tessuti cerebrali. Due gruppi di topi sono stati sottoposti a forti dosaggi di THC, equivalenti (per il I gruppo) al consumo di 54 spinelli al giorno per 30-40 anni e (per il II) a 136 spinelli al giorno; danni cerebrali sono stati riscontrati soltanto nel II gruppo, ma non nel I, che pure era stato sottoposto a un dosaggio equivalente a consumi praticamente irrealizzabili negli umani (cit. da Hìgh Times, Jan 1987).
  3. Sistema immunitario
    Una azione depressiva del sistema immunitario (cioè delle difese naturali dell'organismo contro gli agenti patogeni) è stata dimostrata per una lunga serie di farmaci anche di uso comune, nonché per alcool e tabacco.
    Diverse ricerche hanno individuato, con studi di laboratorio, la:
    possibilità dì una azione immuno-depressiva del THC, .ma senza alcuna,conseguenza pratica: vale a dire che non è dimostrato che i consumatori di cannabis siano più facilmente soggetti ad infezioni o ad altre malattie (cfr. N.A.S. 1982, p.105). Secondo studi più recenti, la questione è stata abbandonata dai ricercatori perché priva di sviluppi interessanti (cfr. Hollister 1988, p.7). È quindi del tutto inattendibile l'ipotesi (ventilata di recente anche in Italia) che l'uso di cannabis possa favorire lo sviluppo dell'AIDS in soggetti HIV-positivi.
  4. Sistema riproduttivo
    Le ricerche hanno rilevato che l'uso di cannabis provoca un abbassamento transitorio del livello di testosterone e una leggera diminuzione della produzione di sperma. Questi fenomeni non hanno alcuna conseguenza pratica sulla fertilità o sull'attività sessuale (cfr. N.A.S. 1982,pp.3-4).
  5. Apparato cardio-circolatorio
    Alcuni studi hanno rilevato un effetto di abbassamento della pressione "posturale" (cioè in posizione eretta), il che spiega svenimenti e capogiri in caso di abuso. Altro effetto tipico è una leggera tachicardia (accelerazione del polso), "comparabile a quella provocata da un esercizio fisico vigoroso ma non estremo o da uno stress emozionale prolungato" (A.C.M.D. 1982,p.3). Gli effetti sull'apparato cardio-circolatorio non provocano alcun danno in individui normali, ma possono aggravare la situazione di soggetti ipertesi, affetti da malattia cerebro-vascolare o da arteriosclerosi coronarica, (cfr. N.A.S. 1982,p.3).

    Ricerche più recenti hanno chiarito che alcuni effetti sull'apparato cardio-circolatorio sono determinati dall'assunzione per via polmonare: Lo sviluppo di ossido di carbonio (CO) è uno degli effetti collaterali della combustione di qualsiasi sostanza che venga fumata. II CO, a contatto col sangue, si lega con l'emoglobina, formando carbossiemoglobina (COHb), che è un importante fattore di rischio per la malattia coronarica.

    Comparando gli effetti della cannabis fumata con quelli delle sigarette, sì è riscontrato che l'effetto di uno spinello era complessivamente quattro volte superiore a quello di una sigaretta. Ciò non è dovuto alla sostanza, ma alla tecnica con cui viene fumata: la marijuana viene aspirata più a fondo e più a lungo del tabacco. Poiché d'altra parte uno degli effetti del THC è quello dì aumentare la frequenza delle pulsazioni, vi è un aumento di rischio di crisi acuta per coloro che hanno una preesistente situazione di sofferenza delle arterie coronariche.

    Il rischio di effetti cronici (cioè una presenza permanente di COHb nel sangue) sono invece inferiori per la cannabis rispetto al tabacco. Ciò dipende essenzialmente dalla differenza di dosaggio: i fumatori di tabacco, a differenza di quelli di cannabis, fumano ad intervalli troppo brevi per permettere uno smaltimento della COHb. La possibilità di aumentare la COHb appare, sul piano pratico, l'unico rischio realmente dimostrato dell'uso di cannabis fumata, limitatamente ai soggetti affetti da patologia coronarica, (cfr. Tashkin 1988,pp.27-31).
  6. Apparato respiratorio
    Non sono dimostrati effetti specifici dei THC rispetto alla patologia del sistema respiratorio (cfr. A.M.C.D. 1982,p. 15). La cannabis fumata determina gli stessi rischi dei prodotti di combustione di altre sostanze.
    Questo significa che vanno rifiutate due tesi opposte:
    • da una parte, quella secondo cui la cannabis ha un intrinseco potenziale tossico superiore a quello del tabacco;
    • dall'altra, la diffusa opinione per cui fumare cannabis è meno pericoloso che fumare tabacco.
    Complessivamente, la potenzialità di rischio della cannabis equivale a quella delle sigarette a parità di sostanza fumata; considerando però la differente tecnica di aspirazione (il fumo viene aspirato più profondamente e trattenuto piùa lungo), autorità sanitarie USA valutano che la potenzialità di rischio del fumo di cannabis è, (a parità di sostanza fumata), circa quattro volte superiore a quella delle sigarette (cfr. N.I.O.A. 1988, p.13).
    A parità di sostanza fumata, si diceva: ma va ricordato che, a parità di effetti, la quantità di sostanza fumata dai consumatori di cannabis può essere molto variabile: va considerato ad esempio che uno "spinello" medio (100 mg dì hashish misto a tabacco) può avere un peso di meno della metà di una sigaretta di tabacco, e che viene spesso usato da più di una persona. Quindi l'equazione di 1 a 4 può essere sostanzialmente ridimensionata.
  7. Sindrome amotivazionale
    Fra le possibili conseguenze dell'uso cronico dì cannabis sulla personalità dei consumatori (al di là quindi dello stato di intossicazione), si è parlato molto negli anni 70 della sindrome amotivazionale, proposta da diversi autori nei decenni scorsi.
    Secondo tale ipotesi, l'uso prolungato di cannabis provocherebbe una modifica della personalità, con un insieme di sintomi che includono apatia, inefficienza e improduttività, e che si ritiene collegata con una generale mancanza di motivazioni" (Canad. Comm. 1972,p.389). Questa sindrome deriverebbe da modifiche permanenti
    di strutturei o funzioni biologiche provocate dall'uso prolungato della sostanza.

    L'esistenza della sindrome amotivazionale è stata negata dai Rapporti Nazionali degli anni70. Lo stesso parere è stato formulato nel 1982 dalla N.A.S. statunitense e dall'A.C.M.D. britannico: "nelle circostanze attuali, non si può trarre alcuna conclusione sulla questione se la sindrome esista, o sia una interpretazione scorretta di alterazioni del comportamento di cui l'uso di cannabis sia soltanto una conseguenza" (A.C.M.D. 1982, p.84)

    Sugli effetti della cannabis nei giovanissimi, è interessante una ricerca dell'Università dì Berkeley su 100 adolescenti che sono stati seguiti dall'età di 5 fino ai 18 anni
    Rispetto all'uso di cannabis, i soggetti sono stati classificati in tre gruppi;
    NON CONSUMATORI;
    CONSUMATORI CASUALI: uso di cannabis fino a una volta al mese, e uso occasionale di non più di un'altra droga illegale;
    CONSUMATORI FREQUENTI: uso di cannabis una o più volte alle settimana e uso occasionale di più dì un'altra droga illegale.

    I soggetti, sottoposti a test psicologici, hanno fatto rilevare i seguenti risultati.
    • i consumatori casuali erano i più psicologicamente equilibrati di tutto il gruppo;
    • i consumatori frequenti erano spesso disadattati, soggetti ad alienazione interpersonale; scarso controllo degli impulsi e evidenti disturbi emotivi;
    • i non-consumatori erano relativamente tesi, ansiosi, con emotività bloccata, e carenti nei rapporti interpersonali.

    Ma ciò che appare più interessante è il fatto che le caratteristiche dei soggetti di ciascun gruppo erano preesistenti al rapporto con la droga; esse erano infatti presenti nell'età infantile, ed erano correlate al tipo di rapporto coi genitori. Paradossalmente, la ricerca ha anche evidenziato una spiccata somiglianza fra i non-consumatori e i consumatori frequenti per il tipo di rapporto con la madre nell'età infantile. Gli autori ne deducono che l'uso problematico di droghe è sintomo, non causa di disagio personale e sociale" (cfr. ShedIer-Block 1990, p. 612).
    Come per gli alcolici, l'uso dì cannabis non è incompatibile con una vita sociale produttiva ed integrata. Una ricerca USA su 150 consumatori pesanti (una media di 3 joint e mezzo al giorno per alcuni anni) di età fra 20 e 56 anni ha riscontrato che i soggetti conducevano una vita professionale e sociale integrata (cfr. Haas - Hendiin 1987).