5 LA TOSSICITA'
La tossicità della cannabis si manifesta con effetti sia acuti che cronici
Gli effetti acuti sono quelli che vengono determinati anche da una singola dose,
e si manifestano durante lo stato di intossicazione. Gli effetti cronici
derivano dall'uso prolungato della sostanza e incidono sullo stato psico-fisico
dei consumatori anche al di fuori dello stato di intossicazione.
5.LA TOSSICITA' ACUTA
- Reazioni negative
fisiche
La tossicità complessiva della cannabis è una delle più basse
fra le sostanze medicinali e non: "Nonostante la lunga storia del suo uso e il
numero eccezionalmente alto di consumatori, non esistono reperti medici
credibili da cui risulta che t'uso della cannabis abbia provocato un solo caso
di morte. Al Contrario, una medicina di uso comune come l'aspirina determina
ogni anno centinaia di morti" (D.E.A. 1988, p.57). La dose letale della
cannabis non si è potuta valutare neppure negli animali da esperimento. In
teoria, la dose letale negli umani ammonterebbe a 20.000-40.000 volte la dose
singola (considerando come tale uno spinello di marijuana di 900 mg).
Sul piano tisico, l'uso dì cannabis può provocare una serie dì
disturbi APPARATO CARDIO CIRCOLATORIO: tachicardia (aumento delle pulsazioni
cardiache), giramenti di testa, svenimenti. APPARATO GASTRO INTESTINALE:
nausea, vomito, diarrea. APPARATO NERVOSO E MOTORIO: mal di testa, torpore,
insonnia, tremori, incordinazìone motoria.
Con che frequenza avvengono
queste reazioni? Uno studio su 522 consumatori ha riscontrato che qualche
sintomo negativo è stati riscontrato almeno una volta dal 48,5% dei consumatori.
gli effetti più frequenti erano:
- nausea (almeno una vota dal 18,2% dei soggetti),
- vomito (11,9%),
- giramenti di testa (11,3%),
- mal di testa (4,8%),
- spossatezza (3,8%),
- tendenza a svenire (2,9%),
- senso di freddo (2,7%)
(cfr.
Berke-Hernton 1974, p. 279)
Questi disturbi hanno una breve durata, e non
superano il periodo dell'intossicazione. Se particolarmente gravi, possono
essere curati con rimedi sintomatici. Poiché sono spesso collegati con (e forse
anche causati da) disturbi psichici, può essere opportuno non drammatizzare più
del necessario, come si vedrà nel paragrafo successivo.
- Reazioni negative
psichiche
Le più frequenti reazioni negative acute da cannabis
riguardanti t'aspetto psichico sono essenzialmente due: a) ansia, che può
manifestarsi a un livello molto leggero, ma talvolta diventa un vero e proprio
senso di angoscia, di perdita dì controllo e di depersonalizzazione, di timore
di non poter più tornare allo stato normale; raramente è stata segnalata una
psicosi tossica (paranoia, allucinazioni, confusione mentale), che comunque non
va oltre il periodo dell'intossicazione. b) depressione, che dipende
essenzialmente da condizioni emozionali negative preesistenti o da condizioni
ambientali (abbiamo visto che la cannabis può amplificare certe emozioni
negative). L'incidenza statistica di questi disturbi è stata indagata dallo
studio di Berke-Hernton. Una reazione negativa psichica è stata sperimentata
almeno una volta dal 25,5% dei consumatori, mentre il 73% dei soggetti non ha
mai avuto alcun disturbo;
I sintomi più frequenti erano:
- paranoia (almeno
una volta dall'8,17% dei soggetti),
- paura (5,44%),
- depressione (5,44%),
- ansia
(3,30%),
- derealizzazione (2,72%),
- allucinazioni (2,52%),
- difficoltà di
comunicazione (1,94%),
- confusione (1,75%),
- dissociazione (1,14%),
- pensieri
ossessivi (0,97%)
(cfr. Berke-Hernton 1974,p.280).
II quadro degli effetti negativi acuti della cannabis può apparire
preoccupante, e in qualche modo giustificare i timori di chi attribuisce alla
cannabis l'etichetta di una droga "come tutte le altre". Sotto questo profilo,
può essere utile un confronto con una sostanza legale come l'alcool, che nella
nostra cultura viene usata in maniera analoga alla cannabis. Fra le reazioni
negative acute, l'abuso di alcool può provocare uno stato di coma che può
talvolta essere mortale. Sul piano delle reazioni psichiche, l'alcool può
determinare gravissimi effetti sul comportamento, che si traducono in atti di
aggressività su sé stessi e gli altri (è una delle cause più frequenti di
suicidi, omicidi, violenze sessuali e di altro, genere) (vedi tab.1).
Le
reazioni negative psichiche della cannabis richiedono di rado un vero e proprio
intervento medico. Al contrario, un intervento di tipo "psichiatrizzante"
potrebbe essere interpretato dal soggetto come una conferma del suo stato di
anormalità mentale, e potrebbe aggravare la sua angoscia. L'intervento più
efficace consiste piuttosto nell'aiutare il soggetto a ridefinire e
sdrammatizzare il contenuto della sua esperienza, e soprattutto a convincerlo
che il problema è comunque destinato a risolversi da sé in breve tempo.
TAB. 1 - TOSSICITÀ COMPARATA ALCOL-CANNABIS
|
ALCOOL |
CANNABIS |
Dipendenza fisica |
Sì |
No |
Sindrome di astinenza |
Delirium Tremens |
No |
% dei Tossicodipendenti consumatori (Italia) |
6% |
- |
Intossicazione acuta |
Narcosi, coma |
Nausea, ansia, tachicardia, svenimento |
Intossicazione cronica |
Cirrosi, atrofia cerebrale |
Disturbi polmoni (fumo) |
Comportamento aggressivo |
Sì |
No |
Overdose mortale |
Sì |
No |
Dose efficace letale |
1/10 |
1/20.000-40.000 |
5.2 TOSSICITA' CRONICA
Sugli
effetti tossici cronici della cannabis è in corso da decenni un dibattito
scientifico, che ha individuato una serie di ipotesi dì rischio: esse verranno
analizzate separatamente.
-
Cromosomi
Effetti tossici sui cromosomi sono stati ipotizzati da diverse
ricerche negli anni 60 e 7.0. Tali effetti sono stati smentiti da tutti i
Rapporti Nazionali e, nel 1982, da quello della N.A.S. (cfr. N.A.S. 1982,
pp.3-4). Non è dimostrato un effetto nocivo della cannabis sul feto. Ciò non
toglie che l'uso della sostanza sia da sconsigliare in gravidanza, per le stesse
ragioni prudenziali per cui va evitato l'uso di alcool, di tabacco e dì una
serie di farmaci di uso comune.
-
Tessuti cerebrali
Le ipotesi di danni permanenti al tessuto cerebrale
(si è parlato sulla stampa addirittura di "atrofia cerebrale") sono state
rifiutate dai Rapporti nazionali USA e Canadese, (1972), dal Rapporto della
N.A.S. e da quello dell'A.C.M.D. (1982). Analoghe conclusioni sono state tratte
circa la psicosi da cannabis, intesa come malattia mentale permanente. A
titolo di curiosità, va segnalata una ricerca eseguita in USA nel 1986 molto
citata dalle autorità come "prova" della intrinseca nocività della cannabis sui
tessuti cerebrali. Due gruppi di topi sono stati sottoposti a forti dosaggi di
THC, equivalenti (per il I gruppo) al consumo di 54 spinelli al giorno per 30-40
anni e (per il II) a 136 spinelli al giorno; danni cerebrali sono stati
riscontrati soltanto nel II gruppo, ma non nel I, che pure era stato sottoposto
a un dosaggio equivalente a consumi praticamente irrealizzabili negli umani
(cit. da Hìgh Times, Jan 1987).
-
Sistema immunitario
Una azione depressiva del sistema immunitario (cioè
delle difese naturali dell'organismo contro gli agenti patogeni) è stata
dimostrata per una lunga serie di farmaci anche di uso comune, nonché per alcool
e tabacco. Diverse ricerche hanno individuato, con studi di laboratorio,
la: possibilità dì una azione immuno-depressiva del THC, .ma senza
alcuna,conseguenza pratica: vale a dire che non è dimostrato che i consumatori
di cannabis siano più facilmente soggetti ad infezioni o ad altre malattie (cfr.
N.A.S. 1982, p.105). Secondo studi più recenti, la questione è stata abbandonata
dai ricercatori perché priva di sviluppi interessanti (cfr. Hollister 1988,
p.7). È quindi del tutto inattendibile l'ipotesi (ventilata di recente anche in
Italia) che l'uso di cannabis possa favorire lo sviluppo dell'AIDS in soggetti
HIV-positivi.
- Sistema
riproduttivo
Le ricerche hanno rilevato che l'uso di cannabis provoca un
abbassamento transitorio del livello di testosterone e una leggera diminuzione
della produzione di sperma. Questi fenomeni non hanno alcuna conseguenza pratica
sulla fertilità o sull'attività sessuale (cfr. N.A.S. 1982,pp.3-4).
- Apparato
cardio-circolatorio
Alcuni studi hanno rilevato un effetto di
abbassamento della pressione "posturale" (cioè in posizione eretta), il che
spiega svenimenti e capogiri in caso di abuso. Altro effetto tipico è una
leggera tachicardia (accelerazione del polso), "comparabile a quella provocata
da un esercizio fisico vigoroso ma non estremo o da uno stress emozionale
prolungato" (A.C.M.D. 1982,p.3). Gli effetti sull'apparato cardio-circolatorio
non provocano alcun danno in individui normali, ma possono aggravare la
situazione di soggetti ipertesi, affetti da malattia cerebro-vascolare o da
arteriosclerosi coronarica, (cfr. N.A.S. 1982,p.3).
Ricerche più recenti
hanno chiarito che alcuni effetti sull'apparato cardio-circolatorio sono
determinati dall'assunzione per via polmonare: Lo sviluppo di ossido di carbonio
(CO) è uno degli effetti collaterali della combustione di qualsiasi sostanza che
venga fumata. II CO, a contatto col sangue, si lega con l'emoglobina, formando
carbossiemoglobina (COHb), che è un importante fattore di rischio per la
malattia coronarica.
Comparando gli effetti della cannabis fumata con
quelli delle sigarette, sì è riscontrato che l'effetto di uno spinello era
complessivamente quattro volte superiore a quello di una sigaretta. Ciò non è
dovuto alla sostanza, ma alla tecnica con cui viene fumata: la marijuana viene
aspirata più a fondo e più a lungo del tabacco. Poiché d'altra parte uno degli
effetti del THC è quello dì aumentare la frequenza delle pulsazioni, vi è un
aumento di rischio di crisi acuta per coloro che hanno una preesistente
situazione di sofferenza delle arterie coronariche.
Il rischio di effetti
cronici (cioè una presenza permanente di COHb nel sangue) sono invece inferiori
per la cannabis rispetto al tabacco. Ciò dipende essenzialmente dalla differenza
di dosaggio: i fumatori di tabacco, a differenza di quelli di cannabis, fumano
ad intervalli troppo brevi per permettere uno smaltimento della COHb. La
possibilità di aumentare la COHb appare, sul piano pratico, l'unico rischio
realmente dimostrato dell'uso di cannabis fumata, limitatamente ai soggetti
affetti da patologia coronarica, (cfr. Tashkin 1988,pp.27-31).
- Apparato respiratorio
Non sono
dimostrati effetti specifici dei THC rispetto alla patologia del sistema
respiratorio (cfr. A.M.C.D. 1982,p. 15). La cannabis fumata determina gli stessi
rischi dei prodotti di combustione di altre sostanze. Questo significa che
vanno rifiutate due tesi opposte:
- da una parte, quella secondo cui la
cannabis ha un intrinseco potenziale tossico superiore a quello del
tabacco;
- dall'altra, la diffusa opinione per cui fumare cannabis è meno
pericoloso che fumare tabacco.
Complessivamente, la potenzialità di
rischio della cannabis equivale a quella delle sigarette a parità di sostanza
fumata; considerando però la differente tecnica di aspirazione (il fumo viene
aspirato più profondamente e trattenuto piùa lungo), autorità sanitarie USA
valutano che la potenzialità di rischio del fumo di cannabis è, (a parità di
sostanza fumata), circa quattro volte superiore a quella delle sigarette (cfr.
N.I.O.A. 1988, p.13). A parità di sostanza fumata, si diceva: ma va ricordato
che, a parità di effetti, la quantità di sostanza fumata dai consumatori di
cannabis può essere molto variabile: va considerato ad esempio che uno
"spinello" medio (100 mg dì hashish misto a tabacco) può avere un peso di meno
della metà di una sigaretta di tabacco, e che viene spesso usato da più di una
persona. Quindi l'equazione di 1 a 4 può essere sostanzialmente
ridimensionata.
- Sindrome
amotivazionale
Fra le possibili conseguenze dell'uso cronico dì cannabis
sulla personalità dei consumatori (al di là quindi dello stato di
intossicazione), si è parlato molto negli anni 70 della sindrome amotivazionale,
proposta da diversi autori nei decenni scorsi. Secondo tale ipotesi, l'uso
prolungato di cannabis provocherebbe una modifica della personalità, con un
insieme di sintomi che includono apatia, inefficienza e improduttività, e che si
ritiene collegata con una generale mancanza di motivazioni" (Canad. Comm.
1972,p.389). Questa sindrome deriverebbe da modifiche permanenti di
strutturei o funzioni biologiche provocate dall'uso prolungato della
sostanza.
L'esistenza della sindrome amotivazionale è stata negata dai
Rapporti Nazionali degli anni70. Lo stesso parere è stato formulato nel 1982
dalla N.A.S. statunitense e dall'A.C.M.D. britannico: "nelle circostanze
attuali, non si può trarre alcuna conclusione sulla questione se la sindrome
esista, o sia una interpretazione scorretta di alterazioni del comportamento di
cui l'uso di cannabis sia soltanto una conseguenza" (A.C.M.D. 1982,
p.84)
Sugli effetti della cannabis nei giovanissimi, è interessante una
ricerca dell'Università dì Berkeley su 100 adolescenti che sono stati seguiti
dall'età di 5 fino ai 18 anni Rispetto all'uso di cannabis, i soggetti sono
stati classificati in tre gruppi; NON CONSUMATORI; CONSUMATORI CASUALI:
uso di cannabis fino a una volta al mese, e uso occasionale di non più di
un'altra droga illegale; CONSUMATORI FREQUENTI: uso di cannabis una o più
volte alle settimana e uso occasionale di più dì un'altra droga
illegale.
I soggetti, sottoposti a test psicologici, hanno fatto rilevare
i seguenti risultati.
- i consumatori casuali erano i più psicologicamente
equilibrati di tutto il gruppo;
- i consumatori frequenti erano spesso
disadattati, soggetti ad alienazione interpersonale; scarso controllo degli
impulsi e evidenti disturbi emotivi;
- i non-consumatori erano relativamente
tesi, ansiosi, con emotività bloccata, e carenti nei rapporti interpersonali.
Ma ciò che appare più interessante è il fatto che le caratteristiche dei
soggetti di ciascun gruppo erano preesistenti al rapporto con la droga; esse
erano infatti presenti nell'età infantile, ed erano correlate al tipo di
rapporto coi genitori. Paradossalmente, la ricerca ha anche evidenziato una
spiccata somiglianza fra i non-consumatori e i consumatori frequenti per il tipo
di rapporto con la madre nell'età infantile. Gli autori ne deducono che l'uso
problematico di droghe è sintomo, non causa di disagio personale e sociale"
(cfr. ShedIer-Block 1990, p. 612). Come per gli alcolici, l'uso dì cannabis
non è incompatibile con una vita sociale produttiva ed integrata. Una ricerca
USA su 150 consumatori pesanti (una media di 3 joint e mezzo al giorno per
alcuni anni) di età fra 20 e 56 anni ha riscontrato che i soggetti conducevano
una vita professionale e sociale integrata (cfr. Haas - Hendiin 1987).
|