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Tortura nel carcere delle Vallette

Tortura nel carcere delle Vallette

 

Fatti agghiaccianti emersi dalle denunce di troppi detenuti del carcere delle Vallette di Torino, documentate dalla Procura nell’indagine per tortura contro 21 agenti, tra cui l’ex-direttore e l’ex-comandante delle guardie del carcere torinese, in particolare si rileggono i registri degli incidenti avvenuti tra il gennaio e l’ottobre 2018.
Di 166 incidenti registrati, 75 sono avvenuti in un unico padiglione. Allarme è espresso anche dal Garante Regionale dei detenuti Bruno Mellano, che contesta “leggendo il resoconto di quegli incidenti emerge che si tratta di infortuni raccontati con motivazioni che potrei definire lunari. Denti rotti mangiando una insalata, tumefazioni al naso causate da collanine appuntite, cadute dallo sgabello mentre si gioca al solitario. Tutti episodi che lasciano perplessi”.
E’ certo che gli abusi commessi dentro i nostri istituti penitenziari siano ripetuti e quotidiani, lo dimostrano le continue denunce che periodicamente affiorano, anche se sono solo quelli più plateali a finire sotto la lente dei giudici.
Se a un giovane detenuto che viene obbligato a sottoporsi ad un TSO, il tragitto tra la cella e l’ambulanza viene costretto dalle guardie a percorrerlo scalzo, in mutande e con un bavaglio in bocca, sotto gli occhi degli educatori, significa allora che si è raggiunto un senso di impunità talmente alto che lascia sgomenti. Se dei 166 casi di incidenti registrati in solo 10 mesi una buona parte di questi è legata a “caduta dalle scale”, ci si interroga perché una statistica del genere non avvenga nelle scuole o negli ospedali, o in qualsiasi edificio a più piani: forse in carcere non si riescono più a salire i gradini? Ma ciò che è peggio è che non dovremmo essere noi a farci queste domande: dov’è la Procura? dove sono i magistrati? Perché si è dovuto arrivare a scrivere ben 5800 pagine agli atti dell’indagine? Di quanto sangue grondano quei fogli? Se quindi nelle aule di Giustizia non sono incompetenti, allora sono complici di torturatori stipendiati dall’Amministrazione penitenziaria. Se mai sarà stabilito che è stata commessa tortura nel carcere torinese delle Vallette, allora a risponderne non dovrebbero essere solo quei quattro esaltati in divisa, ma tutta la catena di comando che, se non ha coperto quei fatti, di sicuro ha voltato lo sguardo da un’altra parte.

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