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Archivio per il tag: OPG

Letture: “La classe è morta – Storia di un’evidenza negata” di Carla Cerati

A cura di Pietro Barbetta
Prefazione di: John Foot
Postfazione di: Silvia Mazzucchelli

Morire di classe uscì nel 1969. Era un libro curato da Franco e Franca Basaglia, un volume d’immagini e commenti, di denuncia e speranze. Speranze che le cose potessero cambiare, che la giustizia entrasse nelle mura della salute mentale e i pazienti fossero trattati con dignità.
L’impresa è riuscita? Sono scomparse, si sono rarefatte, immagini di quel tipo, oppure si sono trasferite sul territorio, fuori le mura, dentro altre mura invisibili, fatte di molecole ad alto dosaggio e di fasce pendenti dai lettini?
Questo volume, a partire dalle storiche immagini di Morire di classe di Carla Cerati, prova a riattualizzare il tema dell’universo concentrazionario manicomiale, rinchiuso in ospedale, nella forma di trattamento sanitario obbligatorio, e nei reparti di osservazione psichiatrica nelle carceri.

https://www.mimesisedizioni.it/libro/9788857599236

Notiziario e Divieto di dimora a Torino – s04p37

TAGS: mezzoradaria, Bologna, Pratello, Minorile, rivolta, REMS, OPG, DNA, Sovraffollamento, Asilo politico, rifugiati, CIE, Carcerazione preventiva

Notiziario sulle rivolta al minorile del pratello; Rems e Opg, raccolta del DNA, Asilo politico a Bologna e carcerazione preventiva.

TAGS: mezzoradaria, Torino, Divieti di Dimora, CIE, Ladisa Spa, iniziative, Corso Brunelleschi

Parliamo con Francesco di Torino del provvedimento di Divieto di Dimora scattato la mattina del 25 maggio per 12 compagn*, a causa di una contestazione della ditta “Ladisa Spa” che fino a poco tempo fa forniva i pasti al CIE di C.so Brunelleschi, e delle iniziative di risposta e rilancio che ci saranno i prossimi giorni su questi temi.

“…e tu slegalo subito” di Giovanna del Giudice

Il 22 giugno 2006 Giuseppe Casu muore nel Servizio psichiatrico di diagnosi e cura di Cagliari, legato al letto, braccia e gambe, per sette giorni di seguito fino alla morte. Quella morte non silenziata, non negata, non giustificata, ma indagata e assunta come limite invalicabile dell’agire psichiatrico diventa il punto di avvio di un tumultuoso quanto difficile cambiamento.

“Il libro, straziante e bellissimo, di Giovanna Del Giudice, percorso da una straordinaria passione della dignità umana, e da una sconvolgente descrizione di fatti che crudelmente la lacerano, si confronta con la questione radicale della contenzione in psichiatria nella quale è in gioco la dignità dei pazienti.
[…] Nell’area di una psichiatria indifferente ai valori della interiorità, e incentrata esclusivamente sulle terapie farmacologiche, rinasce nondimeno ogni volta la tentazione di utilizzare la contenzione senza farsi tante domande sulla sua frantumata fondazione etica.
[…] La contenzione frantuma ogni dimensione relazionale della cura, e fa ulteriormente soffrire esistenze lacerate dal dolore, e dall’isolamento; e la contenzione scende come lacerante ghigliottina sulla loro vita psichica: ricolma di sensibilità e di fragilità, di nostalgia della vita e della morte.”
(dall’introduzione di Eugenio Borgna)

 

Giovanna del Giudice:

medico psichiatra, nel dicembre 1971 inizia a lavorare nell’ospedale psichiatrico di Trieste, sotto la direzione di Franco Basaglia. Partecipa all’intero processo di deistituzionalizzazione e alla costruzione dei percorsi della salute mentale di comunità, con particolare attenzione alle questioni di genere. È stata direttrice del Dipartimento di Salute Mentale dell’ASL Caserta 2 e di Cagliari e consulente per la salute mentale in altre regioni italiane.
Autrice di numerose pubblicazioni. Coordina progetti di cooperazione internazionale sui temi della salute mentale.
È presidente dell’associazione ConfBasaglia dal novembre 2013.

Ancora manicomi

R.E.M.S. in via Terracini 31 – Bologna

Nel 2011 la degradante situazione che vivevano gli internati dei  sei ospedali psichiatrici giudiziari(O.P.G),è fuoriuscita da quelle mortificanti strutture “terapeutiche”,rompendo quell’agghiacciante silenzio imposto da gran parte della psichiatria e della magistratura,complice una società”civile” per lo più indifferente e ancora pronta  a legittimare le innumerevoli atrocità che tuttora compie professionalmente la pseudo-scienza psichiatrica all’interno dei propri servizi manicomiali gestiti autonomamente dai D.S.M (dipartimenti di salute mentale)o da compiacenti  cooperative sociali(tra cui comunità,reparti ospedalieri,centri diurni e ambulatoriali).

L’impatto mediatico ottenuto dalle riprese effettuate all’interno dei vari O.P.G ha certamente favorito l’approvazione  della legge 81, la quale sancisce in data 31.3.2015 la chiusura dei sei manicomi giudiziari(cinque tuttora funzionanti) e obbliga  ogni Regione a predisporre sul proprio territorio  nuove strutture,le R.E.M.S(residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza).

Ma fin quando non si avrà la volontà di cancellare dal codice penale la cosiddetta “pericolosità sociale”, i  giudici sulla base dell’”incapacità di intendere e volere” definita da un perito psichiatra all’interno di un processo penale, applicheranno una “misura di sicurezza detentiva”, ovverosia un internamento nelle R.E.M.S o “non detentiva”(libertà vigilata) con la presa in carico troppo spesso vitalizia e asfissiante dei servizi psichiatrici territoriali.

Sostituire la targa esterna del manicomio(vedi“ex”-O.P.G di Castiglione delle Stiviere ora R.E.M.S), rimbiancare le pareti o le mura di cinta, sostituire le inferiate con vetri antisfondamento e capillari sistemi di sorveglianza, sostituire le porte blindate con alti dosi di psicofarmaci e l’uso dei letti di contenzione, diminuire il numero delle persone internate, sostituire l’”ergoterapia” ovverosia il lavoro imposto nei vecchi manicomi con le “attività occupazionali terapeutiche”(solo efficaci nel sopportare il misero e lento trascorrere del tempo),sostituire le divise della polizia penitenziaria con le divise della sicurezza privata,con i camici bianchi dei “medici” e degli operatori sanitari(oltre a un numero insignificante di figure educative troppo spesso appartenenti alla ciurma dei sorveglianti),sono tutte misure utili a mistificare la conservazione dello status quo.

Cambiare tutto per non cambiare nulla…

Anche a Bologna AUSL,magistratura di sorveglianza e compiacenti giornalisti,hanno il coraggio e l’arroganza di  presentare il neo-manicomio di via Terracini come un luogo nel quale  si concretizza un reale percorso di “superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari”.

Le testimonianze e le regole imposte dai vari responsabili/carcerieri, presentano una situazione ben distinta dall’immagine che in questi mesi si è forzatamente costruita. Purtroppo per loro ci sono persone che non si sottomettono a  questo stato di cose e denunciano l’esistenza di regole  di natura esclusivamente carceraria e manicomiale.
Le visite dei parenti  possono essere effettuate solo una ogni due settimane(mentre nell’O.P.G di Reggio Emilia sono concesse sei visite ogni mese),ogni internato può ricevere ed effettuare  solo una telefonata alla settimana e solo a numeri autorizzati dai responsabili i quali non sono certamente propensi a richiedere,al magistrato di sorveglianza,“permessi di uscita”dal neo-manicomio(all’O.P.G di Castiglione delle Stiviere si concedono “permessi di uscita” con più frequenza e per più ore o giorni).

Altro che superamento degli O.P.G…
Altro che reinserimento sociale…

In tale struttura l’approccio degli operatori non valorizza le diversità ma le patologizza secondo i loro ristretti parametri di giudizio. La loro misera e “indiscutibile” Normalità. L’autorità di chi si autoproclama “terapeuta”.
Le logiche manicomiali,in grado di creare stigma e isolamento dal mondo esterno sono ben radicate in questa struttura a loro dire“di cura e custodia”.Ma sappiamo bene che tutti i castelli di sabbia,presto o tardi crollano inesorabilmente.

Impediamo che i tentacoli asfissianti della psichiatria continuino ad allargarsi in ogni dove, violentando la sfera spirituale, umana, sociale, del disagio, della sofferenza, del proprio essere… della vita.
I Telefoni Viola con le realtà con cui collaborano, continueranno a porre impegno nel rendere sempre più agibili i percorsi di  chi esprime la volontà di liberarsi una volta per tutte dalla morsa  psichiatrica. Continueremo sempre con maggior tenacia  ad offrire un concreto sostegno umano,medico e legale a chi lo riterrà opportuno in pieno rispetto della libertà e della dignità dell’individuo.  

Telefono Viola di Piacenza,Reggio Emilia e Bergamo
Collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud – Pisa
Centro Relazioni umane – Bologna
Collettivo antipsichiatrico Camap – Brescia

Proposte pratiche per un reale superamento dell’O.P.G/R.E.MS e dai servizi psichiatrici territoriali :

leggi il Comunicato: ”Siamo tutti socialmente pericolosi

1.1.2016

per contatti: antipsichiatriapc[at]autistici.org    www.telefonoviola.tracciabi.li

Campagna per la chiusura degli OPG

Tra realta’ psichiatrica e carceraria

CHIUDERE TUTTI I MANICOMI CRIMINALI – LIBERIAMOCI DEI MANICOMI, LIBERIAMOCI DELLA PSICHIATRIA

CENNI STORICI

Il Manicomio Criminale (MC) come principale istituzione per l’esecuzione delle misure di sicurezza è stato introdotto nel 1876 e regolamentato nel 1930 con il Codice Rocco.
Nel 1891, con il Regio Decreto 1 febbraio 1891, n. 260 “Regolamento generale degli stabilimenti carcerari e dei riformatori governativi”, il Manicomio Criminale viene ridenominato Manicomio Giudiziario (MG), pur rimanendo sostanzialmente invariato.

Nel 1975, con la Legge n. 354 “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta” (legge Gozzini), il Manicomio Giudiziario (MG), viene ridenominato Ospedale Psichiatrico Giudiziario (OPG), pur rimanendo sostanzialmente invariato come principale istituzione per l’esecuzione delle misure di sicurezza.

Le riforme carcerarie del ’75-’86 e quelle psichiatriche del ’65-’78 hanno prodotto solo un cambiamento di definizione. In tutti questi anni, mentre l’OPG è rimasto cristallizzato nella sua forma fascista, con la legge 180/1978 gli Ospedali Psichiatrici vengono lentamente smantellati e sostituiti da una serie di istituzioni (ospedali, case famiglia, comunità, ecc.) ed il ricovero coatto viene regolamentato e ridefinito come Trattamento Sanitario Obbligatorio in reparto psichiatrico.

Allo stesso modo le carceri vengono formalmente coinvolte in un processo di apertura, che paradossalmente conduce ad un allargamento della popolazione carceraria tramite un più ampio e capillare sistema di controllo esterno al carcere. Con la legge Gozzini le carceri si aprono alla società e si instaurano una serie di misure alternativcustodiacurae all’internamento.

L’individualizzazione della pena, voluta dalla Gozzini, ha fatto sviluppare nell’ambito carcerario ipotesi sul soggetto criminale sempre più somiglianti alle pratiche psichiatriche sui “malati di mente”; infatti i percorsi rieducativi si confondono con quelli terapeutici e gli psicofarmaci si diffondono massicciamente anche in carcere .

Negli anni ’70-’80 una rivoluzione culturale antisegregazionista si afferma sul piano legislativo, ma nella realtà rimangono inalterati il pregiudizio di pericolosità sociale del malato mentale e lo stigma del recluso. Se nel tempo l’attenzione politica e legislativa si è spostata dalla malattia al malato, dalla pericolosità al disagio, e dalla punizione alla rieducazione, nella società i corpi degli psichiatrizzati e dei carcerati sono rimasti comunque esclusi e imprigionati.
Una nuova tecnologia del controllo sociale si diffonde: l’industria farmacologica sforna prodotti capaci, in alcuni casi, di sostituire le camicie di forza, i letti di contenzione e le sbarre.

Qual è e qual è stato il fondamento di tutte queste istituzioni deputate all’esecuzione delle misure di sicurezza? E’ ed è sempre stato l’internamento di una persona giudicata socialmente pericolosa, cioè di una persona che potrebbe reiterare la stessa condotta in futuro.
In altre parole, si priva della libertà un individuo per quello che si suppone sia e non per quello che effettivamente fa.

Tale principio è un fondamento delle società autoritarie: non a caso è stato il fascismo a introdurre le misure di sicurezza, tra le quali rientra anche il confino.

LA SITUAZIONE OGGI

E’ del 30 maggio 2014 la Legge n°81 che converte il decreto legge del 31 marzo 2014 n°52 recante disposizioni in materia di superamento degli Opg (Ospedali Psichiatrici Giudiziari).

Il decreto n° 52/2014 prevede la proroga dal 1° aprile 2014 al 31 marzo 2015 il termine per la chiusura degli OPG e la conseguente entrata in funzione delle REMS (Residenze per l’Esecuzione Misure Sicurezza).

Attualmente in Italia gli OPG presenti sono sei e si trovano ad Aversa, Napoli, Barcellona Pozzo di Gotto, Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia, Castiglione delle Stiviere.
Ad oggi, in questi veri e propri manicomi criminali, ci sono rinchiuse circa 850 persone.
I dati nel trimestre 1 giugno/1 settembre 2014 segnalano: n. 84 ingressi contro n. 67 persone dimesse; quindi continuano nuovi ingressi, nonostante si debbano privilegiare le misure alternative al ricovero in OPG.

Come si finisce in un OPG? In Italia, in caso di reato, se vi sia sospetto di malattia mentale, il giudice ordina una perizia psichiatrica; se questa si conclude con un giudizio di incapacità di intendere e di volere dell’imputato, lo si proscioglie senza giudizio e se riconosciuto pericoloso socialmente, lo si avvia a un Ospedale Psichiatrico Giudiziario (articolo 88 c.p.) o in una struttura residenziale psichiatrica per periodi di tempo definiti o meno, in relazione alla pericolosità sociale.

Entrando nello specifico, il Decreto prevede l’eliminazione del cosiddetto ergastolo bianco, che consiste nell’indeterminatezza della durata dell’internamento.
Nelle future REMS la durata della misura di sicurezza non potrà essere superiore a quella della pena carceraria corrispondente al medesimo reato compiuto: ci preoccupiamo, pertanto, del fatto che le persone che hanno già scontato in OPG tale pena non finiscano nelle REMS, ma vengano liberati subito e senza condizioni.
Tuttavia la legge prevede, al momento della dimissione dagli OPG, percorsi e programmi terapeutico-riabilitativi individuali, predisposti dalle regioni attraverso i dipartimenti e i servizi di salute mentale delle proprie ASL.
Alla fine di tale percorso, qualora venga riscontrata una persistente pericolosità sociale, è comunque prevista la continuazione delle esecuzione della misura di sicurezza nelle REMS.
Tradotto significa l’inizio di un processo di reinserimento sociale infinito, promesso ma mai raggiunto, legato indissolubilmente a pratiche e sentieri coercitivi, obbligatori, contenitivi.

Come ben ricorda Giorgio Antonucci, il manicomio non è una struttura, bensì un criterio; la continua ridenominazione di tali strutture sopra riportata, infatti, non può nascondere la medesima contraddizione di fondo: l’isolamento del soggetto dalla realtà sociale per la sua incapacità di adattamento nei confronti di un mondo su cui nessuno muove mai alcuna questione e che nessuno mette mai in discussione. L’intervento diventa così a priori manipolativo. Nella realtà, pertanto, è lo stesso obbligo a una perenne assistenza psichiatrica territoriale a configurarsi come un vero e proprio ergastolo bianco.

Noi crediamo, invece, nel bisogno e nella costituzione di reti sociali autogestite e di spazi sociali autonomi, in grado di garantire un sostegno materiale, una casa senza compromessi di invalidità, nonché un reddito e un lavoro non gestiti dai servizi socio-sanitari, bensì autonomamente dal soggetto.

Una rete in grado di riesumare e coltivare quel legame unico, antispecialistico e non orientato a una cura protocollare che, in nome della scienza, non lascia spazio all’uomo.

Quel legame sciolto dal discorso capitalistico, demiurgo di consumatori in solitario godimento.

IN ALTRE PAROLE…

dentrofuoriChiudere i manicomi criminali senza cambiare la legge che li sostiene vuol dire creare nuove strutture, forse più accoglienti, ma all’interno delle quali finirebbero sempre rinchiuse
persone giudicate incapaci d’ intendere e volere.
La questione, insomma, non può essere risolta con un tratto di penna, non è sufficiente stabilire che quello che è stato non deve più essere, e pensare che il problema si risolva da sé. È vero che per troppo tempo gli Opg sono stati un territorio dimenticato in cui ogni dignità e diritto sono annullatati ma ci sono da più di un secolo e mezzo e la legge che gli regola è del 1904.
Per abolire realmente gli OPG bisogna non riproporre i criteri e i modelli di custodia ma occorre metter mano a una riforma degli articoli del codice penale e di procedura penale che si riferiscono ai concetti di pericolosità sociale del “folle reo, di incapacità e di non imputabilità”, che determinano il percorso di invio agli Opg.

Viene ribadito, oltretutto, il collegamento inaccettabile cura-custodia riproponendo uno stigma manicomiale; dall’altro ci si collega a sistemi di sorveglianza e gestione esclusiva da parte degli psichiatri, ricostituendo in queste strutture tutte le caratteristiche dei manicomi. La proliferazione di residenze ad alta sorveglianza, dichiaratamente sanitarie, consegna agli psichiatri la responsabilità della custodia, ricostruendo in concreto il dispositivo cura-custodia, e quindi responsabilità penale del curante-custode.

La questione non è solo la chiusura di questi posti: non si tratta solo di chiudere una scatola, per aprirne tante altre più piccole. Il problema è superare il modello di internamento, è non riproporre gli stessi meccanismi e gli stessi dispositivi manicomiali. Il problema non è se sono grossi o piccoli, il problema è che cosa sono. Il manicomio non è solo una questione di dove lo fai, se c’è l’idea della persona come soggetto pericoloso che va isolato, dovunque lo sistemi sarà sempre un manicomio. Magari più bello, più pulito, ma la logica dominante sarà sempre quella dell’esclusione e non dell’inclusione.
La Legge 81/2014 con la misura di affidamento ai servizi sociali costituisce un passo in avanti nella riduzione delle misure reclusive totalizzanti, ma, mantenendo inalterato il concetto di pericolosità sociale, non cambia l’essenza della modalità di risoluzione della questione.
Nonostante sia previsto un maggiore contatto dell’individuo con la società, l’isolamento rimane all’interno dell’individuo attraverso trattamenti psicofarmacologici debilitanti che conducono a fenomeni di cronicizzazione.

Cambieranno i luoghi di reclusione, in strutture meno fatiscenti e più specializzate, ma allo stesso tempo ci sarà una gestione affidata al privato sociale, andando così incontro a fenomeni di allungamento della degenza per mantenere i finanziamenti, con una presa in carico vitalizia ad opera dei servizi psichiatrici.

Questa legge non soddisfa l’idea di un superamento di un sistema aberrante e coercitivo, infatti permangono misure di contenzione svilenti per l’individuo e trattamenti farmacologici troppo debilitanti e depersonalizzanti per poter essere definiti positivi per la persona.
Uno concreto percorso di superamento delle istituzioni totali passa necessariamente da uno sviluppo di una cultura non segregazionista, largamente diffusa, capace di praticare principi di libertà di solidarietà e di valorizzazione delle differenze umane contrapposti ai metodi repressivi e omologanti della psichiatria.

a cura di

RETE  ANTIPSICHIATRICA   per contatti: violazione@autistici.org

Composta da gruppi, associazioni e individualità impegnati nella lotta contro i metodi della psichiatria.Alcune di queste realtà offrono un concreto sostegno alle persone che si trovano nella morsa psichiatrica o che rischiano ben presto di caderci.

Note

[1] La ridenominazione è un elemento centrale nella storia della psichiatria: da quella del Manicomio Criminale (MC-MG-OPG-REMS) a quella dell’Elettroshock (oggi definito Terapia ElettroConvulsiva –TEC-). Lo scopo è evidentemente quello di “cambiare nome” per “cambiare significato” e nascondere così gli orrori legati a certe pratiche e a certe strutture. (M. Foucaut, L’ordine del discorso,1971; J.Lacan, Seminario XVII, 2001).
[1] Dal 1930 nel Manicomio Criminale sono stati internati i folli rei e i rei folli.
I folli rei sono coloro che hanno compiuto un reato in stato di incapacità di intendere e di volere per infermità mentale, sono stati prosciolti ma internati perché ritenuti socialmente pericolosi.

I rei folli, invece, sono coloro che hanno compiuto un reato, sono stati condannati ad una pena detentiva e, successivamente, in carcere sono stati riconosciuti socialmente pericolosi per infermità mentale.

Nella proposta di superamento degli OPG, le REMS accoglieranno i folli rei condannati alla misura di sicurezza; mentre i rei folli rimarranno all’interno delle carceri, trasformate in novelli OPG.

[1] F.Rahola, Zone definitivamente temporanee, 2003

puntata 29, stagione 1, 17 aprile 2014

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Code di lucertola – documentario antipsichiatrico

psicologCode di lucertola

di Valentina Giovanardi, 2008

Trent’anni fa, il 13 maggio 1978, venne approvata la legge 180, chiamata anche legge Basaglia, che mise fine all’esistenza dei manicomi in Italia.
E’ veramente scomparso il manicomio? L’istituzione che l’ha sostituito è qualcos’altro o è solo il maquillage della vecchia galera per matti? Continua a leggere »

Gli OPG in Italia

Gli OPG, sono ospedali psichiatrici giudiziari.

Ma come ci si finisce? Continua a leggere »

puntata 6, stagione 1, 7 novembre 2013

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puntata 4 – stagione 0

BOLLETTINO: Latina e Poggioreale: 2 suicidi, 27 e 31 maggio – Bologna, Dozza: 29 maggio tentato suicidio. – Cosenza: Il prefetto nega la certificazione antimafia a coperative di ex detenuti – La cassazione nega il risarcimento per ingiusta detenzione, assolto dopo esser stato costretto a 6 anni di carcere, a Giulio Petrilli perchè aveva brutte frequentazioni – S.Giminiano: Un detenuto vorrebbe vedere il proprio cane ma un vuoto normativo lo impedisce – Urali, Neviansk: 400 detenuti incominciano lo sciopero della fame – CIE: Bologna: Rinviata la riapertura del CIE dopo i lavori di ristrutturazione incominciati a Marzo e dopo che il prefetto ha reciso il contratto con la coperativa “Oasi” per non aver pagato il personale. EVENTI: Cremona: Presidio Sabato 8 Giugno al carcere di Ca’ del Ferro.

Parte 1: Intervista telefonica all’avvocato Desi Bruno garante regionale per il diritto dei detenuti sul “Progetto Circuito Penitenziari Regionali”: Come questo progetto possa intervenire sull’annoso problema del sovraffollamento e in che termini cambiera la detenzion e comune e non.

Parte 2: Intervista telefonica all’avvocato Desi Bruno garante regionale per il diritto dei detenuti sul “Progetto Circuito Penitenziari Regionali”: Come questo progetto possa intervenire sull’annoso problema del sovraffollamento e in che termini cambiera la detenzion e comune e non. Conclusioni e interrogativi.

Rubrica dal e sul materiali sul carcere: Trattiamo di OPG Ospedali Psichiatrici Giudiziari ovvero i manicomi penitenziari attraverso il saggio “La pazia dimenticata viaggio negli ospedali psichiatrici” scritto dalla giornalista Adriana Pannitteri che documenta quanto osservato in 6 OPG (Montelupo Fiorentino, Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto, Napoli,Reggio emilia, Castiglione delle Stiviere). Il libro è edito da Asino d’oro edizioni.

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