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Archivio per il tag: giustizia

Nuove letture: “Tra le mura del carcere. Torpore e passione” di Giovanna Testa

Il carcere è, per sua stessa natura, un luogo di separazione, che per ogni detenuto segna una netta cesura tra la vita prima di varcare le sue porte e quella che si svolge al suo interno. In questo contesto intriso di esperienze diverse e situazioni di fragilità, detenuti e operatori penitenziari – poliziotti, psicologi, educatori, assistenti sociali, medici e infermieri, mediatori culturali, cappellani e volontari – condividono lo stesso spazio e trascorrono gran parte del loro tempo. Questa raccolta di saggi offre uno sguardo esclusivo sulla realtà carceraria italiana, esplorando le sue complesse dinamiche e approfondendo soprattutto la forte componente emotiva che caratterizza questo ambiente. Non a caso il cuore della trattazione ruota attorno alla parola “affettività” nelle sue molteplici sfaccettature, non ultima quella relativa alla delicata questione della sessualità all’interno degli istituti penitenziari. Attraverso il contributo di diverse figure professionali, l’opera offre una visione inedita e dettagliata di un universo spesso percepito come un mondo a parte, senza considerare che la vita dei detenuti si intreccia con quella delle loro famiglie e di chi lavora e opera all’interno del carcere: un luogo, quindi, i cui confini si spandono ben oltre le mura di contenimento e che, anche per questo, dovrebbe rappresentare una sfida collettiva per il benessere dell’intera comunità.

 

Giovanna Testa, PhD in “Istituzioni Giuridiche ed Evoluzione Economico-Sociale” e in “Promozione e tutela dei diritti dell’infanzia”, ha effettuato diverse collaborazioni con l’Università degli Studi del Molise, in qualità di docente a contratto all’interno della Filiera dei corsi di studio in Servizio Sociale. Esperta di temi riguardanti il lavoro sociale, gli interventi socioeducativi, l’esecuzione penale e il mondo carcerario. Ha lavorato per molti anni nell’Area Educativa degli istituti penitenziari, in qualità di funzionario della professionalità giuridico-pedagogica. È assistente sociale specialista, iscritta all’OAS Molise. Ultima pubblicazione (2022): La galassia del lavoro sociale. Formare oggi gli assistenti sociali del domani.

https://www.gruppoalbatros.com/prodotti/tra-le-mura-del-carcere-torpore-e-passione-a-cura-di-giovanna-testa/

Nuovo docu-film: “11 giorni” di Nicola Zambelli

11 Giorni è un’originale web-serie documentaristica composta da 33 episodi da un minuto che immerge lo spettatore nella vita e nelle riflessioni di un gruppo di detenuti della casa circondariale “Nerio Fischione” (già Canton Mombello) di Brescia.
Ogni episodio, presentato in formato verticale 9:16 per la visione su smartphone, sfida il confine tra il carcere e la libertà, offrendo uno sguardo profondo e autentico sulla quotidianità di chi vive dietro le sbarre.
Attraverso un laboratorio di scrittura, i detenuti hanno raccontato le loro storie alla telecamera che guida lo spettatore nel penitenziario. Durante incontri tematici realizzati nelle scuole, il racconto video costruisce un ponte tra il mondo dei detenuti e quello dei giovani, destinatari del progetto.
Una pagina Instagram (@11.giorni) raccoglie gli episodi pubblicati in un arco di 11 giorni, creando uno spazio di incontro virtuale grazie a un’innovativa campagna attiva sui social network.
11 Giorni è un racconto emotivo che supera le barriere delle comuni percezioni e offre una prospettiva autentica sulle sfide del sistema carcerario italiano, afflitto da sovraffollamento e carenza di spazi.
I 33 episodi della serie, raccolti in un coinvolgente cortometraggio di mezz’ora nel formato orizzontale a 16:9, conducono gli spettatori in un viaggio che va oltre il carcere di Brescia, esplorando le complessità e sfidando i pregiudizi.
11 Giorni è un’opera cinematografica che offre una lente d’ingrandimento originale su un universo spesso trascurato e apre le porte a una riflessione profonda sulla giustizia e sulle connessioni umane.

 

trailer:

https://www.youtube.com/watch?v=qy4ZYzahd4g

sito web:

https://openddb.it/film/11-giorni/

Letture: “Ogni prigione è un’isola” di Daria Bignardi

“Il carcere è come la giungla amazzonica, come un paese in guerra, un’isola remota, un luogo estremo dove la sopravvivenza è la priorità e i sentimenti primari sono nitidi”: forse è per questo che, da narratrice attratta dai luoghi dove “l’uomo è illuminato a giorno”, Daria Bignardi trent’anni fa è entrata per la prima volta in un carcere. Da allora le prigioni non ha mai smesso di frequentarle: ha collaborato con il giornale di San Vittore, portato in tv le sue conversazioni coi carcerati, accompagnato sua figlia di tre mesi in parlatorio a conoscere il nonno recluso, è rimasta in contatto con molti detenuti ed è tuttora un “articolo 78”, autorizzata cioè a collaborare alle attività culturali che si svolgono in carcere. Ha incontrato ladri, rapinatori, spacciatori, mafiosi, terroristi e assassini, parlato con agenti di polizia penitenziaria, giudici, direttori di istituto. Per scrivere di quel mondo si è ritirata per mesi su un’isola piccolissima: Linosa. Ma il carcere l’ha inseguita anche lì. E gli incontri e la vita sull’isola sono entrati in dialogo profondo con le storie viste e ascoltate in carcere. Bignardi ci racconta il suo viaggio nell’isolamento e nelle prigioni, anche interiori, con la voce unica con cui da sempre riesce a trasportarci al centro delle esperienze, partendo da sé, mettendosi in gioco, così come ha fatto la mattina del 9 marzo 2020 in un video girato di fronte a San Vittore, mentre alcuni detenuti salivano sul tetto unendosi alle rivolte che stavano scoppiando in molte carceri italiane. In seguito a quegli eventi sarebbero morte tredici persone recluse. “So come vanno le cose col carcere” scrive, “il carcere lo odiano tutti. Alcuni amano il carcere degli altri, per così dire”: parlarne è un gesto inevitabilmente politico, perché rivolgendo lo sguardo al carcere lo si rivolge al cuore della società, ma questo è anche e prima di tutto un libro personale, in cui ogni cosa – ritratti, riflessioni, cronaca, ricordi – è cucita assieme dalla scrittura limpida e coinvolgente di Daria Bignardi.

https://www.mondadoristore.it/Ogni-prigione-e-un-isola-Daria-Bignardi/eai978880476103/

Letture: “Il carcere in Italia oggi. Una fotografia impietosa”

IL CARCERE IN ITALIA OGGI
Una fotografia impietosa

Le carceri italiane, come quelle di ogni Paese, sono lastricate di odio e violenza, dentro un elenco infinito di vittime, ed è ormai dimostrato che le leggi da sole non sono sufficienti a tutelare le persone che hanno perso la libertà, in quanto il carcere è un luogo così chiuso che parlare di trasparenza, quella che invece dovrebbe esserci in quanto siti di esecuzione della giustizia, è impossibile ed impraticabile, i muri che lo determinano sono il primo e fondamentale elemento di lontananza dalla città libera e dalle garanzie di rispetto dei diritti.
C’è, tra l’altro, una domanda da porsi: dei quasi tremila morti e milleottocento suicidi da inizio secolo, non dimenticando le migliaia di atti di auto-lesionismo e le innumerevoli violenze che quotidianamente si determinano negli istituti della reclusione nel nostro Paese, non ci sono responsabili?
La guerra ha una evidenza nei responsabili del conflitto, mentre nella guerra che ogni giorno si combatte nelle carceri sembra che tutto rientri solo nella responsabilità di chi ha commesso il reato, il fatto stesso di esservi recluso “in quanto se l’è cercata” e se accidentalmente ne soccombe, è quasi una logica conseguente della cattiveria esercitata.
L’art. 27 della Costituzione recita, tra l’altro: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”, questo stride in maniera drammatica con le morti e violenze che continuano a segnare le esistenze carcerate da rendere ancora più evidente quanto affermato già nel 2012 dal “manifesto No Prison”, indicano anche che siamo in ritardo per modificare l’attuale assetto dell’esecuzione ed è perciò più che doveroso fare un salto di paradigma da parte di chi ha responsabilità legislative, per buttare un vestito vecchio come quello del nostro carcere, che produce tanti morti e sofferenza, a favore di un modello di esecuzione delle condanne che riduca al minimo la perdita della libertà, rispettando i diritti delle persone condannate, e sia foriero di restituzione del danno alle vittime e recupero della legalità, un salto di paradigma la cui drammatica responsabilità ricade sui governi e parlamenti, perché sono loro in effetti i veri responsabili di questa ecatombe!

https://www.livioferrari.it/home/carcere-italia-oggi.html

Cinema e diritti negati: “Inshallah a boy” di Amjad Al Rasheed

Giordania. Oggi. Dopo la morte improvvisa del marito, la trentenne Nawal fatica a far fronte allo sconvolgimento della sua vita. Oltre al dolore della perdita e al ritrovarsi da sola, con una bambina ancora piccola, deve conciliare i rigidi orari imposti dal suo lavoro come badante di un’ anziana signora con le necessità scolastiche della figlia Nora.
Questa nuova, inaspettata, situazione che si ritrova a fronteggiare viene ulteriormente aggravata dalle richieste del cognato che, approfittando di quanto previsto dalla Sharia lì applicata, avanza pretese di eredità da parte della famiglia del defunto che prevedono anche l’abitazione dove Nawal e Nora vivono e lo stesso affidamento della piccola. Nel disperato tentativo di proteggere la casa e la figlia, Nawal ricorre alla menzogna, fingendo una gravidanza per prendere tempo e innescare così la presunzione che possa nascere un figlio maschio, cosa che la tutelerebbe da eventuali pretese ereditarie. Con solo tre settimane per trovare una soluzione, Nawal intraprende un viaggio che mette a dura prova le sue paure, convinzioni e moralità, essendo disposta a tutto pur di proteggere quanto legittimamente le spetta e il futuro di sua figlia.

Letture: ” Un innocente assassino” di Margherita Altea

Carcere di Tempio, 1898. Giovanni Antonio Oggiano è recluso per un crimine che non ha commesso. I meccanismi della giustizia sono lenti, la paura di non poter riacquistare la libertà fa sì che decida di mettere su carta la storia della propria vita. Un’esistenza difficile, in una Sardegna ancora prettamente rurale e dove l’obiettivo principale di ogni sforzo è garantirsi una sopravvivenza dignitosa. Giovanni è abituato sin da piccolo a lottare per non essere sopraffatto dai più forti; eppure, quando tra mille peripezie riesce a costruire qualcosa di suo, è costretto a rinunciarvi. La sua voce rimane inascoltata, alla scrittura affida il resoconto delle vicende personali e la possibilità di aggrapparsi alla propria natura di essere umano, seppur confinata in una cella angusta.

Un innocente assassino si basa su fatti reali e permette di immedesimarsi in una storia senza tempo e sempre attuale: quella degli innocenti ai quali è negato il riconoscimento della verità.

L’autrice:

Margherita Altea è nata a Tempio Pausania (SS) nel 1978. Ha pubblicato il romanzo Il giardino di sabbia (Lettere Animate Editore, 2017), i racconti Lungo il fiume e Il viaggio di Isadora (Racconti nella Rete) rispettivamente nel 2018 e nel 2020.

https://www.aughedizioni.it/prodotto/un-innocente-assassino/

Da leurispes.it del 6 novembre 2023

di Ilaria Tirelli

Quella di Margherita Altea è una storia “familiare”, nata quasi per caso dal ritrovamento di un diario e alimentata dalla volontà di dare voce a chi non è riuscito a dimostrare la propria innocenza. Il carattere personale di questa storia si interseca indissolubilmente con quello che è, forse, il fine ultimo della scrittura: consegnare alla pagina una memoria che tramandandosi diventi imperitura, che testimoni una verità altrimenti inascoltata, sottraendo alla caducità del tempo l’esistenza stessa di un individuo che ha come unica arma di difesa la sua stessa scrittura. Un innocente assassino è il racconto di una vita, una storia intima e profonda, necessaria ad un padre per testimoniare la propria versione alle sue figlie, mai conosciute proprio a causa della reclusione: è il racconto di un errore giudiziario nel quale possiamo riconoscere molti altri casi di cronaca, dove non è la giustizia a fare il proprio corso ma l’invidia e il pregiudizio.

Un innocente assassino è il racconto di una vita necessario ad un padre per testimoniare la propria versione alle sue figlie

La potenza narrativa di un inizio in medias res serve a calare immediatamente il lettore nel cuore degli avvenimenti: quella che ci si prefigura davanti è una cella di isolamento del carcere di Tempio Pausania sul finire del 1898. Il fatto saliente di questa storia è già accaduto e, in un certo senso, viene dato per assodato dall’autrice sia attraverso il titolo – l’innocente assassino di cui si parla non potrà che essere il nostro protagonista, Giovanni Antonio Oggiano – sia attraverso un prologo che poco spazio lascia all’immaginazione, restituendo la descrizione di un luogo, un carcere della Sardegna di fine secolo, che un lettore moderno sicuramente fatica ad immaginare: «Quattro mura strette e soffocanti, nessuna finestra […]. Nessun angolo o pertugio per sfuggire alla disumanità di quel luogo. Il soffitto troppo basso gli impediva di stare dritto».

La Sardegna di quei tempi è una terra aspra e rurale, dove la lite con un vicino può facilmente finire con un assassinio

Fin da bambino il piccolo Giovanni si trova ad affrontare un’esistenza difficile, a dover lottare per non essere sopraffatto dal più forte di turno che riconosce, in primis, nella figura del patrigno. Ma anche al di fuori delle mura domestiche il contesto sociale non è dei migliori: la Sardegna è, a quei tempi, una terra aspra, prettamente rurale, dove il bestiame e il raccolto rappresentano l’unica fonte di sostentamento familiare e dove la lite con un vicino può facilmente finire con un assassinio. Giovanni, però, nonostante il suo carattere impulsivo è molto amato ed aiutato nel corso delle sue vicissitudini; ha persino amici pronti a sacrificare la propria libertà – e, alla fine, la vita stessa – per proteggerlo e nasconderlo durante la latitanza.

Un omicidio è stato commesso, ma non sappiamo di chi, o come sia successo né tantomeno perché

Il lettore viene accompagnato in questo arcaico mondo in modo semplice, lineare, soprattutto grazie ad una prosa fluida ed uno stile che risulta immediatamente familiare. Quello che tiene viva l’attenzione di chi legge spingendo a proseguire pagina dopo pagina è, senza dubbio, la curiosità, abilmente instillata dall’autrice fin dalle prime pagine: un omicidio è stato commesso, ma non sappiamo di chi, o come sia successo né, tantomeno, perché. Ed è proprio per scoprire la verità che la storia si legge tutta d’un fiato. I due piani narrativi del presente e del passato si intrecciano e si rincorrono continuamente, manifestando in maniera ossimorica la situazione stessa del protagonista e, allo stesso tempo, creando un complessivo effetto di suspencela reclusione e l’immobilità del presente si contrappongono alla vivacità e alla vitalità del ricordo passato, alimentando in questo modo quel senso di nostalgica malinconia nei confronti di una vita e di una libertà ormai perdute.

Quel che resta all’innocente assassino è un ricordo nebuloso, ormai quasi del tutto cancellato dal carcere

Il gioco dei piani narrativi culmina nella seconda parte del libro, ambientata esclusivamente nel carcere: il protagonista è ormai stato arrestato e il racconto si dirada sempre di più per far spazio a stralci del diario stesso che conferiscono una rapidità ancora maggiore alla storia. Il finale coincide con l’ultimo giorno del protagonista nel carcere di Pianosa. Non ci viene detto come è stato per il protagonista riabbracciare moglie e figlie e cercare di recuperare una normalità a lungo agognata. Quel che resta di questa storia è un ricordo nebuloso, ormai quasi del tutto cancellato dal carcere, una nostalgia per gli anni persi e per i cari perduti nel corso del tempo e, allo stesso tempo, una connessione fisica con la propria terra natìa: «Mi restano immagini sbiadite, simili a sogni. Mi restano gli odori, i colori della Gallura. […] Domani torno a respirare la tua aria, mondo! Inutile crucciarsi di quello che è stato, rimpiangere ciò che è perso. Inutile. Questa notte durata anni si è quasi conclusa e io mi sveglierò solo più vecchio».

https://www.leurispes.it/un-innocente-assassino-la-memoria-di-una-vita/

Letture: “Resta con me, sorella” di Emanuela Canepa

Da quando suo padre è morto di febbre spagnola, Anita, orfana di madre dall’età di sette anni, vive con la matrigna e i suoi due figli. Uno lavora con lei nel giornale in cui il padre prestava servizio. Un giorno il fratellastro ruba dalla cassa e Anita decide di prendersi la colpa, perché il suo misero stipendio di donna non basterebbe a mantenere la famiglia, mentre quello del fratellastro sí. Rinchiusa nel carcere della Giudecca, incontra Noemi, una ragazza ombrosa da cui tutte si tengono alla larga – «ha il demonio dentro», dicono – e dalla quale persino le suore mettono Anita in guardia. Ma lei ne subisce il fascino e, malgrado Noemi non riveli mai il motivo per il quale è stata condannata, Anita si confida con lei. Le due stringono un patto: progettano di costruire un futuro insieme, una volta fuori. Sono convinte di poter trovare la propria strada nel mondo anche senza un marito. Ma oltre la soglia della prigione l’esistenza travolge e confonde come il brulichio incessante per le strade di Venezia, obbligando Anita a fare i conti con sé stessa e con il segreto inconfessabile che Noemi nasconde.

Quali sogni ti erano concessi in Italia, negli anni Venti del Novecento, se non eri un uomo?

Con la consueta capacità di scrutare nell’animo femminile e nell’ambiguità delle relazioni, Emanuela Canepa racconta due donne che, imprigionate dal potere maschile o dalla propria incapacità di opporvisi, sognano di liberarsi dalle catene della Storia.

https://www.einaudi.it/catalogo-libri/narrativa-italiana/narrativa-italiana-contemporanea/resta-con-me-sorella-emanuela-canepa-9788806257712/

Docu-film: “Trieste è bella di Notte”

Regia di: Andrea Segre, Stefano Collizzolli, Matteo Calore

75′, Italia 2022

 

In un confine interno dell’Unione Europea, quello tra Italia e Slovenia, pochi chilometri sopra Trieste, i migranti asiatici della rotta balcanica che riescono ad attraversare la frontiera rischiano di essere fermati dalle forze dell’ordine italiane e rispediti indietro fino in Bosnia, senza venire identificati e senza avere la possibilità di fare richiesta di asilo.
Il Ministero dell’Interno definisce queste operazioni “riammissioni informali” e le ha introdotte nel maggio 2020.
A gennaio 2021 il Tribunale di Roma le ha sancite come illegali e sono state sospese fino al 28 novembre 2022, quando il Ministro Piantedosi le ha riattivate.
Come avvengono queste operazioni? Cosa succede a chi le subisce?
A raccontarlo sono nel film alcuni dei migranti respinti.
Le loro storie si intrecciano con le immagini realizzate con i telefonini durante i lunghi viaggi e con le contraddizioni e il dibattito all’interno delle Istituzioni italiane.
Intanto in una casa abbandonata a Bihać, in Bosnia, un gruppo di pakistani e afghani vuole partire, direzione Italia.
Cosa succederà loro? Quale risposta daranno l’Italia e gli altri Stati europei?
Continueranno a sfidare la loro stessa legge per respingere migranti considerati illegali?

 

https://www.youtube.com/watch?v=bysxnO4XF9g

Letture: “Alla stazione successiva” di Raffaele Caruso

Attraverso una serie di canzoni di Fabrizio De André, l’autore, avvocato penalista, riflette sulla “giustizia”: uno degli elementi essenziali nel percorso creativo del grande poeta e musicista. Nella prima parte egli sceglie tredici canzoni sull’argomento, che analizza in profondità attingendo anche ad esperienze personali e professionali. Raccolti gli spunti che emergono da questa lettura, vengono poi passate in rassegna tutte le altre composizioni in cui De André tratta, con diverse sfumature, i temi della colpa, del diritto, del giudizio e dell’autorità. L’avvincente analisi conduce all’individuazione di un pensiero coerente: partendo dall’umano tipico dell’universo dei protagonisti da lui creati, De André, anche nel solco della critica ad ogni potere, delinea una giustizia che aspira ai tratti della misericordia. Una giustizia che nasce nel cuore dei servi disobbedienti alle leggi del branco e può diventare il parametro di un nuovo approccio anche per la pratica dei Tribunali, delle carceri, dei percorsi di nuova vita di chi riconosce la propria aspirazione a rinascere.

 

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Libro: “Io combatto” di Loretta Rossi Stuart

Io combatto

di Loretta Rossi Stuart – Armando Editore 2022

Una storia d’amore, di disperazione e di coraggio. Una cronaca fin troppo comune, di una madre che spera, col suo amore, di salvare dalla catastrofe il figlio tossicodipendente. E un figlio che, proprio per tenere quell’amore concentrato su di sé, non rinuncia alla catastrofe: ricoveri in psichiatria, fughe dalle comunità, il carcere e poi l’ultima spiaggia.
Con lo scorrere della lettura avviene qualcosa. Una mamma lottatrice e instancabile ad un certo punto inizia a sentire che la vita le chiede qualcos’altro. In tutto questo sofferto percorso la mamma diventa Madre, finalmente libera da sensi di colpa e manipolazioni. Dedica questo libro a suo figlio, nel non nascosto tentativo di dare sostegno e spunti di riflessione anche ai genitori, ai figli, alla società in generale.

https://www.armandoeditore.it/catalogo/io-combatto/

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