Ultime notizie
Home » Archivio » Quando hanno aperto la cella -Stefano Cucchi e gli altri-

Quando hanno aperto la cella -Stefano Cucchi e gli altri-

 

0361cover def_ok.qxd:culturaBentornati a mezz’ora d’aria, questa mezz’ora in cui cerchiamo anche di suggerire a chi ci ascolta un libro, un saggio, o un’inchiesta su quanto avviene negli istituti di pena.

Oggi lo facciamo con un libro di amara, e purtroppo cronica, attualità dal titolo ‘Quando hanno aperto la cella -Stefano Cucchi e gli altri-‘, uscito per i tipi del Saggiatore nel 2011 e scritto dal sociologo Luigi Manconi e dalla ricercatrice Valentina Calderone.

In questo libro gli autori rendono conto di quanti in carcere hanno perso non solo la libertà ma anche la vita e ne sono usciti in una bara, come cadaveri dal corpo troppo spesso lacerato da ecchimosi, contusioni e fratture. Ci parla di quei corpi di cui abbiamo visto le foto grazie al coraggio e alla tenacia dei parenti, spesso madri o sorelle (è quasi sempre una donna che in questi casi raccoglie il dolore e lo urla con composta dignità) – pensiamo alle foto di Stefano Cucchi, che ci parlano di un ragazzo dalla pelle scarnificata fin quasi alle ossa, la bocca digrignata in una piega di dolore, le orbite degli occhi infossate e violacee; a quelle di Federico Aldrovandi, col giovanissimo volto sfigurato, gonfio, e ricoperto di sangue; ma questo libro ci parla anche di corpi di cui a malapena riconosciamo un nome, di corpi completamente anonimi, ignorati dalla stampa, morti due volte, uccisi da  repressioni violente e da quell’indifferenza pubblica che si fa alleata e complice di quella violenza.

I due autori a questi corpi danno un nome, un’età, ce ne restituiscono un volto, ce ne raccontano la storia, cercano di mettere assieme i dettagli risultanti dai reperti delle autopsie, sempre piene di incongruenze, per chiarire o quantomeno sollevare dubbi – forti dubbi- sulle circostanze e sulla versione ufficiale dei loro decessi, che quasi sempre ne scagionano i più ovvi responsabili.

In questo saggio, che riesce a intrecciare l’analisi dei fatti con la narrazione delle vite, vediamo srotolarsi un lungo tappeto di morti che parte dal volo dell’anarchico Giuseppe Pinelli da una finestra della questura di Milano il 15 dicembre del 1969 e arriva al 22 ottobre del 2009, quando il 31enne Stefano Cucchi, incriminato per il possesso di 21 grammi di hashish, viene ritrovato morto nella stanza del reparto protetto dell’ospedale Sandro Pertini.

Ma tra queste due tristi date ce ne sono purtroppo tante altre, tanti altri nomi, storie, vite, stroncate brutalmente all’interno di strutture di Stato -carceri, questure, ospedali, manicomi giudiziari- che le avrebbero dovute tutelare per legge e che invece, con l’abuso della legge, le hanno recise: le vite di Franco Serratini, Nanni De Angelis, Salvatore Marino, Federico Aldrovandi, Marco Ciuffreda, Marcello Lonzi, Katiuscia Favero, Eyasu Abteab, Aldo Bisanzio, Giuseppe Uva e ancora altri, troppi altri a cui questo libro restituisce la dignità della memoria con la forza e la serietà dell’indagine.

Morire all’interno di una struttura dello Stato significa quasi sempre morire senza che i colpevoli vengano riconosciuti e dichiarati tali (e la sentenza che in questi giorni ha assolto gli infermieri e le guardie penitenziarie che avrebbero dovuto curare e tutelare la vita di Stefano Cucchi ne è l’ultimo, vergognoso esempio); significa morire in un ambiente istituzionale che si chiude omertosamente nella difesa dei propri funzionari; significa sopratutto che lo Stato -che idealmente nasce a difesa e tutela dei diritti e della vita propri cittadini- nega proprio i fondamenti elementari della propria legittimità, perdendo credibilità e acquistando sfiducia.

Se volete anche voi dare un nome, ricordare e leggere la storia di quanti hanno perso la vita nelle carceri italiane in circostanze a dir poco sospette, vi rimandiamo a questo bel saggio di  Luigi Manconi e Valentina Calderone, Quando hanno aperto la cella, Il Saggiatore 2011, fra pochi giorni disponibile anche in edizione tascabile.

Inserisci un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Required fields are marked *

*

Antispam * Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Scroll To Top