Il 3 ottobre 2013 affonda a poche miglia al largo di Lampedusa un’imbarcazione libica. Più di 350 persone muoiono. E mentre per anni e anni il Mediterraneo è acqua di guerra, con la caccia alle navi che trasportano i migranti, e mentre quest’ultimi vengono rinchiusi in CIE e altri centri “di accoglienza”, perseguitati dalle ritorsioni per la loro mancanza di pezzi di carta, alcuni detenuti scrivono poesie dedicate a questi morti…
Lampedusa, 3-10-2013
Sulle acque del mare
per sempre gridavano addio,
le voci e le anime galleggiano
sulla pelle dell’acqua,
lì in quel cuore di mare.
I soccorritori setacciano
le acque per raccogliere
la carne dei dispersi
che sale a galla.
E lo sciabordio non tace!
Sale il dolore a preghiera
e i nostri occhi guardano in alto
a cicatrizzare il cielo.
È difficile per coloro che
non hanno mai conosciuto
la persecuzione credere
che la vita valga la morte.
Ricordi di stranieri in luoghi
stranieri, stranieri gli uni
dagli altri, che pensavano
uguali pensieri.
Vivere è ancora porsi domande,
non c’è più nulla da capire,
c’è tutto da fare
e prendere coraggio
per il futuro
ricordando il passato.
Giuseppe Pino Carnovale detenuto nel carcere di Opera, Milano
—
Sono lì accanto a voi…
Sono lì accanto a voi
come uno di voi
sopra una di quelle navi
feriti che zoppicano nel mare
trascinati dal vento delle maledizioni.
Chiudo gli occhi e vedo la spiaggia
come un dipinto che si allontana
dal mio futuro, quella spiaggia
su cui ho sognato di camminare.
Ce la farò!
Ma sono stanco, ho fame, non so nuotare.
Guardo in alto, voglio vivere, “Aiutami, Dio”
urla la mia anima sotto un’onda
che spegne il mio sguardo.
Non sento più freddo né dolore.
Era bello avere paura, era bello il mondo
che non ho potuto vivere, peccato morire
ma ho tentato in tutti i modi di vivere.
La vita è una bella storia… sì, era bella…
non solo la mia storia, la storia dei tanti.
Perché non sono solo qui, vedo luci
che mi circondano, cadono lentamente
nel profondo blu, come i ricordi
di questo secolo.
Volete sapere chi sono? Ve lo dico.
Provengo da una terra che mi ha allontanato…
dalla mia famiglia, e il mio cuore è rimasto lì.
Adesso sono battezzato in questo mare di pace.
Mi chiamano luce delle stelle di Lampedusa.
Meta Erjugen, in memoria di quelle anime che splendono nel blu