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Devastazione e saccheggio

Devastazione e saccheggio

L’articolo 419 del codice penale DEVASTAZIONE E SACCHEGGIO recita che, chiunque, fuori dai casi preveduti dall’articolo 285- chiunque allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato commette un fatto diretto a portare la devastazione, il saccheggio o la strage nel territorio dello stato o in una parte di esso è punito con l’ergastolo- commette fatti di devastazione o di saccheggio è punito con la reclusione da otto a quindici anni. La pena è aumentata se il fatto è compiuto su armi, munizioni o viveri  esistenti in luogo di vendita o di deposito.

 

Il reato nasce con il regio decreto, noto come Codice Rocco tuttora vigente, del 19 ottobre 1930. E’ un reato espressamente pensato per reprimere sommosse e moti di piazza. Non a caso venne contestato nel caldo periodo seguito alla fine della seconda guerra mondiale, in particolare per i moti insurrezionali dopo l’attentato a Togliatti del luglio del 1948, 30 morti e centinaia di feriti, e durante i tumulti del 1960 contro il governo Tambroni a Palermo quando furono fermate 364 persone, di cui 55 andarono a processo. Tutto tace fino a tempi recenti, cioè lo stato non si è avvalso dell’utilizzo di questo strumento repressivo durante gli anni di piombo.

Ultimamente il reato è stato utilizzato contro gli ultras e per situazioni di piazza politiche. Ma andiamo con ordine.

Curva nord laziale: gli episodi sono due. Il 31 agosto 2002 la Lazio annuncia la cessione di Crespo e Nesta. La sera durante l’amichevole Lazio- Juve gli ultras protestano contro la decisione della società annunciata all’ultimo minuto. Scontri con le forze dell’ordine, incendiati uffici del Coni e un’auto dei vigili urbani. A processo 10 ultras con accuse di devastazione, tra le altre. Dieci condanne, da uno a quattro anni, ma anche risarcimenti che dovranno essere quantificati in sede civile a favore della Lazio e del Coni. E’ la conclusione del processo contro egli Irriducibili. Le pene sono state disposte dalla VI sezione del tribunale penale di Roma.

Il 15 dicembre 2002 alla stazione di Termini di Roma 300 ultras laziali si scontrano con le forze dell’ordine perché sprovvisti di biglietto vogliono comunque prendere il treno che li porti a Torino dove si sarebbe disputata la partita Juve-Lazio. Macchine obliteratrici rotte, lancio di bombe carta-pietre- bottiglie di vetro- transenne e lesioni a pubblico ufficiale. Nel 2004 la corte d’appello di Roma non riconosce il reato.

Il 20 settembre 2003 in seguito ad una carica della celere ai cancelli dello stadio di Avellino il tifoso Sergio Ercolano precipita dagli spalti e, complice il ritardo sei soccorsi, muore. Segue un’invasione di campo e duri scontri. La sentenza di primo grado emessa dal tribunale di Avellino il 18 gennaio 2011 con rito ordinario chiede, per 5 ultras, condanne che vanno dai 6 ai 9 anni e mezzo più risarcimento delle 30 parti civili che figurano a processo.

14 marzo 2004: “il derby del bambino morto”. A seguito di una carica della polizia e della notizia diffusa, poi rivelatasi falsa, dell’investimento di un bambino da parte di un blindato della polizia attorno allo stadio olimpico divampano feroci scontri tra ultras e forze dell’ordine. 18 imputati per devastazione e saccheggio, tra le altre cose. Nel gennaio del 2007 il teorema accusatorio ha subito un duro colpo perché il gip ha dichiarato che l’accusa di devastazione e saccheggio non sussiste e che gli imputati vanno processati per resistenza a pubblico ufficiale.

Nel novembre del 2007, in seguito all’omicidio di Gabriele Sandri da parte del poliziotto Luigi Spaccarotella, ci furono forti duri tra ultras e polizia. Passa alla storia come la “notte degli assalti alle caserme”. Nel maggio 2013 la prima corte di appello di Roma ha ribadito la sentenza di primo grado emessa il 15 dicembre 2009 che aveva  condannato 18 persone assolvendone 2. Le pene vanno dai 2 ai 7 anni. Per alcuni imputati rimane in piedi il reato di devastazione e saccheggio e quello di associazione a delinquere.

Passiamo ora alle situazioni di piazza politiche.

Il 4 aprile del 1998 si tiene a Torino un corteo nazionale in seguito alla morte di Baleno, Edoardo Massari, detenuto insieme a Soledad e Silvano nel quadro di un’inchiesta della procura di Torino su una fantomatica associazione eco-terrorista attiva in Val Susa contro il TAV. Il 28 marzo si diffonde la notizia del suicidio di Baleno nel carcere delle Vallette. Alla manifestazione del  4 aprile partecipano 10 mila persone. 8 compagni vengono denunciati per devastazione per la sassaiola contro il nuovo Palazzo di Giustizia  di Torino. Nel 2004 la Cassazione ha confermato le condanne per 6 di questi cambiando il reato in danneggiamento aggravato.

Nella notte tra il 16 e il 17 marzo 3003 DAX, militante antifascista, viene ammazzato a coltellate da tre fascisti .Amici compagni e solidali si ritrovano in ospedale e nelle vicinanze: segue una violenta caccia all’uomo da parte delle forze dell’ordine. Seguono cortei e azioni in solidarietà per tutto il mese successivo. Il 26 aprile la questura di Milano vieta un concerto in piazzale Aspromonte dove si trova la sede milanese di Forza  Nuova. Il presidio antifascista in piazzale Loreto viene blindato. In seguito alcuni compagni si imbattono in un gruppo di fascisti all’interno di un bar. Scontri e alcuni danni per il bar. Per questo 13 persone vengono denunciate per devastazione e saccheggio. Tutti assolti in primo grado.

Il reato viene contestato un’altra volta nel capoluogo piemontese a seguito della manifestazione antifascista del 18 giugno 2005 in risposta all’assalto nazista a colpi di lame contro un posto occupato, il Barrocchio. Il capo d’imputazione decade al processo.

Arriva invece una condanna per devastazione e saccheggio in seguito agli scontri in corso Buons Aires durante il corteo antifascista contro la sfilata di Fiamma Tricolore dell’11 marzo 2006. La repressione è stata dura e ha portato a una condanna a 4 anni di carcere per i 16 antifascisti.

Il processo ai reclusi del CIE di via Corelli di Milano per la ricolta del 15 gennaio 2012 si è concluso nel luglio 2012. In questo caso è caduta l’imputazione di devastazione e saccheggio. Uno degli imputati, che invece aveva chiesto il rito abbreviato -con sconto di un terzo della pena- è stato invece condannato a 4 anni per lo stesso reato.

E ora giungiamo a parlare, brevemente, delle sentenze, dei fatti e soprattutto delle persone coinvolte nelle giornate di rivolta che ci hanno spinto a parlare di questo reato e ad affrontare collettivamente un ragionamento su esso.

Genova 2001 G8 DI GENOVA 2001. Il  13 luglio 2012 la Corte di  Cassazione ha confermato la  condanna in via definitiva  per devastazione e  saccheggio per 5 dei 10  manifestanti sotto processo  per i fatti di Genova 2001.  Le condanne definitive sono  al momento 5 per un totale  di 50 anni: una condanna a  6 anni e 6 mesi, due a 12 anni e 3 mesi, una a 13 anni e 3 mesi, una a 15 anni. Per gli altri 5, condannati in secondo grado uno a 7 anni, tre a 8 anni, e uno a 10 anni, la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza della corte d’appello, ma solo per la mancata concessione di attenuanti generiche.

15 ottobre Roma

15 OTTOBRE 2011 ROMA. Il 7 gennaio 2012 il tribunale di Roma ha emesso una condanna in primo grado a 6 anni di reclusione per 6 imputati accusati del reato di devastazione e saccheggio per i fatti accaduti durante la manifestazione del 15 ottobre del 2011. Per il giudice è stato sufficiente constatare la loro presenza in alcuni momenti degli scontri, a prescindere che fossero state portate prove consistenti nei loro confronti. Il 4 aprile 2013 si è tenuta a Roma l’udienza preliminare per 25 persone accusate di devastazione e saccheggio e di resistenza ancora per la giornata di rivolta del 15 ottobre a Roma. L’udienza si è conclusa con il rinvio a giudizio per i 18 imputati mentre per 7 è stato disposto il proscioglimento. Il pm Francesco Minisci ha ottenuto dal Gup Antonella Minunni la riqualificazione dei reati e la riapertura, il 27 giugno 2013, di un nuovo processo. Quasi tutti i 18 rinviati a giudizio sono stati condannati una prima volta. Una parte di quelli che erano già stati processati per resistenza a pubblico ufficiale vengono accusati di devastazione e saccheggio e una parte di quelli che erano già stati condannati per devastazione saccheggio -come i 6 condannati il 7 gennaio 2013- vengono accusati di tentato omicidio.

 

Con il breve specchietto storico che abbiamo appena riportato emerge con forza che il reato di devastazione e saccheggio è stato per lungo tempo dimenticato per tornare alla ribalta negli ultimi dieci anni, inizialmente per colpire le rivolte negli stadi e poi andando a sostituire altri reati di piazza. Sostituire? Sì sostituire è questo il compito del reato di devastazione e saccheggio, sostituire reati di minore, se possibile, rilevanza penale, come dei danneggiamenti pur aggravati che siano, e sommarli assieme e metterli tutti sotto il grande cappello della devastazione e del saccheggio. Reato, dettaglio che inseriamo secondariamente ma che va di pari passo con il fine appena citato dell’inasprimento delle pene, che permette un maggior utilizzo di misure cautelari dato che la pena prevista va da otto a quindici anni di reclusione.

Lo stato accusa di devastazione e saccheggio. Ma non è forse devastazione sradicare la natura e gettare gettate di cemento, costruire e costruire lasciando aborti di calce e strutto in ogni dove, perforare l e montagne con progetti dannosi alla terra all’uomo e utili solo alle lobby del cemento, inquinare le pianure con le industrie del petrolio, riempirci di discariche perché gli imballaggi andranno pur da qualche parte, senza porsi la domanda del se servono tutti questi imballaggi, tornare al nucleare senza porsi l’interrogativo se serve questa fantomatica energia, senza soffermarsi a pensare ai danni causati dall’ultima ondata di nucleare? Non è forse saccheggio rubare una vita per imprigionarla al lavoro salariato,a tempi  dettati da studio, sempre bene incanalato e filtrato dal potere, dallo spazio sempre più osservabile da  un drone che ci passa sulla testa senza che ce ne accorgiamo? Non è forse saccheggio acquistare F13 con i soldi dei proletari per poi fare la guerra ad altri proletari in nome della santa democrazia in una parte del mondo che casualmente ha sempre qualche risorsa naturale che all’occidente manca? Non è forse saccheggio usare i soldi dei proletari per costruire prigioni per gli stessi? Io non glieli voglio dare i soldi per tenermi chiusa.

Roma 15 ottobre, Carlo Vive

Sui muri di  Roma in  seguito alla  rivolta del  15 ottobre è  comparso  un  manifesto  con la  camionetta  della polizia  in fiamme  con su  scritto  CARLO  VIVE che  diceva “vengono colpite le banche perché il denaro è la causa ed il presupposto della miseria e dell’ingiustizia , aperti ed espropriati supermercati e negozi perché la vita ridotta a merce è insostenibile e indegna; si attaccano gli sbirri perché nel cuore c’è rabbia e dolore per tutta la gente ferita, sequestrata e ammazzata. La rabbia non si arresta. Libertà per tutti e tutte”.

Un cambio di rotta che merita un ragionamento approfondito e soprattutto una reazione.  Nelle prossime puntate approfondiremo meglio ciò che è successo a Genova e a Roma: rivolte, repressione, solidarietà. Ricordiamoci che il processo per i fatti del 15 ottobre riparte proprio ad ottobre.

Non dimentichiamoci dei compagni in carcere. La solidarietà è un’arma, usiamola.

 

 

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