Ultime notizie
Home » Archivio » Comunicati e Mobilitazioni (pagina 3)

Archivio della categoria: Comunicati e Mobilitazioni

Le proteste dei detenuti non si fermano!

Appello dai semi-liberi in carcere a Torino

APPELLO E RICHIESTA DI AIUTO

Questo è il disperato appello e richiesta di aiuto che gli ospiti della palazzina dei semiliberi ,oggi occupata da soggetti in articolo 21 per lavoro esterno, lanciano a tutti gli amministratori e tutori della salute e della vita altrui.
Viviamo in un ambiente di circa 100 metri quadrati suddiviso in più camere per un totale di 45 persone, 2 servizi igienici per tutti e al pian terreno di questa struttura ci sono anche delle mamme con dei bambini innocenti che continuano ad essere rinchiusi.
Alle nostre, critiche e disperate, condizioni assistono anche gli operatori della polizia penitenziaria, vittime anch’essi del totale menefreghismo istituzionale onnipresente e oggi ancor più irritante.
Siamo da giorni isolati a causa dell’accertamento della contaminazione da virus di un soggetto tra noi. Non veniamo visti da nessuno e nessuno ne parla per voler nascondere la realtà di un lazzaretto che lascerà alle spalle morti preannunciate, e forse volute, nella più totale indifferenza.
Pandemia, terza guerra mondiale, #state a casa, #ce la faremo: giuste considerazioni del momento che attraversiamo, ma fatte solo esclusivamente per tirare acqua al proprio mulino.
Allo stato attuale nella nostra palazzina permangono i semiliberi che si son visti rigettare richiesta di licenza premio come previsto e disposto dal Dpcm ( scritto con l’apparente obbiettivo di sfollare i carceri). A testimonianza di una non volontà di assicurare, in un momento di così altamente critico e rischioso, la tutela della salute e della vita.
Non privilegiano coscienza, sentimenti umanitari e ragionevolezza, termine quest’ultimo spesso adoperato in sede di formulazione delle sentenze di condanna quando si presentano non poche incertezze e lati oscuri. Poltrona, autorità e potere è ciò che sovrasta ogni cosa compresa la vita. Eppure Cesare Beccaria già nel lontano 1700 lottava contro la pena di morte e contro la tortura che a secoli di distanza trova diversa applicazione nelle condizioni psicofisiche che viviamo: massacranti ed insopportabili.
Pure l’OMS, l’ISS e la stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri consigliano, obbligano, sanzionano, per effetto di direttive salvavita paradossalmente escluse e nascoste all’interno delle carceri, bombe ad orologeria che coinvolgono figli, mogli, madri, fratelli angosciati dal cattivo e sempre più incerto futuro che ci aspetta. Ma dove sono finiti i diritti umani riconosciuti e sanciti nelle costituzioni di società e paesi che ancora oggi hanno il coraggio di auto-dichiararsi civili, industrializzati, sviluppati e anche democratici? Il razionale è fortemente discriminante!
Oggi purtroppo si registra il primo detenuto morto per COVID 19, o forse il primo che hanno avuto il coraggio di rendere pubblico dopo tanti silenziosi casi. La situazione può precipitare in tutto il paese se dal carcere vengono a svilupparsi i cosiddetti contagi di ritorno.

E allora perché non prevenire questa ecatombe attraverso provvedimenti pro tempore? Almeno fino al perdurare dell’emergenza sanitaria, magari attraverso l’ampliamento dell’applicazione dell’articolo 124 del decreto legge 18/2020 nei confronti di coloro che abbiano già dato prova di buona condotta, nei confronti di chi gode di permesso premio, con obbligo di permanere presso il proprio domicilio o altro luogo di assistenza.
Il nemico attuale è invisibile, imprevedibile e silenzioso per tutti ma letale per qualcuno. Chi, potendo farlo, non interviene oggi, sarà suo complice in responsabilità soggettive e oggettive di esiti criminali contro la salute e contro la vita.
Aiuto è ciò che chiediamo, aiuto è ciò che ci dovete. Già è troppo tardi…fate presto!

Domenica 5 aprile
I DETENUTI RECLUSI E ISOLATI NELLA PALAZZINA DEI SEMILIBERI DEL CARCERE DI TORINO

Lettera dal carcere di Rieti

Vi riportiamo un drammatico appello lanciato dal carcere di Rieti che sta venendo pubblicato in internet in questi giorni difficili:

“Carcere Madonna del Freddo
Chieti, 19 marzo 2020

Buongiorno amore, sono le 5:00 del mattino e sarei voluto stare a letto insieme a te, invece devo stare in ostaggio di uno stato incivile e criminale. Il vero criminale è lo stato che nonostante il pericolo di farci ammalare e morire, preferisce tenerci ammassati dentro questo buco che mandarci a casa per stare vicino ai nostri cari. Forse per un’idea di stato padrone che punisce, forse per ottenere consenso popolare, forse per ottenere due voti, si comporta da vero criminale, tenendoci in ostaggio a dispetto di ogni legge, negandoci qualsiasi diritto, corriamo il rischio di non vedere più un nostro famigliare o ancora peggio di non poter uscire vivi da questo inferno. Ti chiedo di renderla pubblica questa lettera, perché da settimane cerchiamo di farci sentire, sciopero della fame, battitura tutti i giorni con le mani insanguinate, ma a quanto pare ci sentono solo i muri.
Chiediamo di tornare a casa almeno fino alla fine dello stato di emergenza, non vogliamo la libertà, vogliamo scontare la nostra pena in maniera dignitosa e civile. Sono cittadino italiano e non chiedo la luna, ma solo di essere trattato come tale, non come carne da macello che aspetta impotente la propria morte. Spero di poterti riabbracciare presto, ti amo vita mia!”

Appello dal carcere di Rieti

Pubblichiamo questo drammatico appello lanciato dai parenti dei detenuti del carcere di Rieti, teatro anch’esso di una rivolta nei giorni scorsi.

 

“Mi ha chiamato mio marito dal carcere di Rieti la situazione e’ brutta vengono tutti picchiati, cercano di salvarsi almeno la testa. E mi ha pure detto che non mi può dire tutto, ovviamente, sappiamo che le telefonate sono controllate”

Visto che siamo chiuse in casa, anche distanti da Rieti, tempestiamo la direzione del carcere di mail: Criminali siete voi, giù le mani dai prigionieri!
Facciamolo tutte e tutti, in modo che sappiano che non aspetteremo altri morti e si sentano guardati a vista.

Scriviamo tutt* alla direzione carcere di Rieti: cc.rieti@giustizia.it
Per non essere subito individuat* come spam, consigliamo di cambiare l’oggetto e di evitare account con autistici/inventati

La Pec, per chi ce l’ha, è  cc.rieti@giustiziacert.it

STRAGE DI STATO

A tutti i detenuti e a chi non lo è: LIBERTA’!

In questi giorni si è scritta una pagina nuova nella storia delle lotte carcerarie, almeno degli ultimi 30’anni, segnata da aspre proteste che hanno coinvolto gran parte degli istituti di pena italiani e culminata con alcuni morti tra i detenuti nelle carceri del nostro paese. Le recenti restrizioni imposte ai cittadini nell’obiettivo di arginare un virus influenzale si sono dimostrate altamente repressive quando sono state inflitte alla popolazione detenuta. Gli eventi accaduti in questi giorni nel nostro paese ci hanno scosso moltissimo, specialmente se pensiamo a tutto ciò che si trova dietro quelle immagini che abbiamo visto trasmesse dai nostri schermi. Cosa ci sia dietro prigionieri che ci guardano dai tetti degli istituti penali in rivolta, dietro le colonne di fumo che salgono dalle sezioni date alle fiamme, dietro corridoi e guardiole allagati e devestati. Sappiamo cosa c’è sul retro di quelle immagini: abusi quotidiani, emarginazione, assenza di diritti, indifferenza. Siamo certi che l’eco di queste rivolte non si spegnerà in breve tempo e porterà a nuove tensioni nell’ambiente carcerario.

A tutti e detenuti e a chi lotta per abbattere tutti i muri: SOLIDARIETA’!

BOLOGNA – RIGUARDO ALLA RIVOLTA NEL CARCERE DELLA DOZZA

Diffondiamo un comunicato che condividiamo pienamente, in analisi e contenuti, dei compagni Bologna. ABBATTIAMO TUTTI I MURI!!
LUNEDI’ 9 MARZO
Nel pomeriggio di lunedì 9 marzo è scoppiata una rivolta dentro il carcere della Dozza di Bologna. 
Tra le cause scatenanti della rivolta, le misure che il  governo e il Dap hanno adottato, a partire dal 25 febbraio, per prevenire la diffusione del Covid-19 nelle galere, quali l’annullamento dei colloqui visivi, la possibilità di fare solamente una telefonata di dieci minuti a settimana, l’impossibilità di far entrare pacchi da fuori, la sospensione dell’ingresso dei volontari, la sospensione della semilibertà, del lavoro all’esterno e dei permessi premio; e in parallelo, le false promesse dell’aumento dei colloqui telefonici o addirittura di poter effettuare video-chiamate skype, quando è noto che queste possibilità non sono garantite nemmeno nella misura in cui ordinariamente dovrebbero esserlo. Queste misure di indurimento si aggiungono alle condizioni, da sempre esistenti, di sovraffollamento, di pessime condizioni igieniche e di una strutturale mancanza di accesso alle cure sanitarie che caratterizzano la Dozza, così come tutte le galere d’Italia. Il 5 marzo veniva annunciato che i colloqui settimanali dal vivo erano nuovamente possibili con l’accesso consentito di un parente maggiorenne per volta, mentre, con lo scoppiare delle rivolte nelle altre carceri, i familiari dei prigionieri non avevano più potuto ricevere notizie dei loro cari e comunicare con loro. 
Pochi giorni dopo, il 9 marzo, la rivolta è scoppiata anche al carcere della Dozza dove un presidio di solidali, amiche/i parenti si è spontaneamente creato davanti all’istituto penitenziario, man mano che la notizia ha cominciato a diffondersi. Ai familiari è stato impedito sin da subito da un enorme dispiegamento di carabinieri e polizia di avvicinarsi all’ingresso del carcere e di ottenere notizie. Circolava l’informazione che alcune sezioni del maschile fossero state occupate, ma si sono susseguite per diverse ore soltanto informazioni incerte. Solo in seguito si è saputo dai giornali che ad essere occupate erano state unicamente le sezioni giudiziarie. Il silenzio assordante del circondario, così come dell’intera città era rotto soltanto dal rumore delle sirene. Il tentativo di avvicinamento del presidio alla sezione maschile, impedito dal dispiegamento di polizia, ha consentito di sentire qualche urla e battitura dall’interno. Il presidio si è poi spostato sulla strada principale creando un blocco del traffico per avvicinarsi al lato della sezione femminile; anche se sul momento  non si sono sentite risposte, in seguito è arrivata la notizia che le detenute hanno dato luogo a una protesta in forma di battitura.
Né le guardie, né i vigili del fuoco -il cui mezzo è stato brevemente bloccato fuori dal carcere- hanno voluto dire nulla, neanche per rassicurare le madri, compagne e sorelle di chi era dentro, nemmeno dopo che due ambulanze erano corse via d’urgenza dal carcere proprio davanti agli occhi di chi era presente all’esterno.
Il silenzio da parte delle autorità alle richieste di notizie da parte di chi ha i propri cari rinchiusi là dentro, lasciava un baratro di incertezze e preoccupazione, alimentato anche dalle notizie del massacro avvenuto nel vicino carcere di Modena, nonché delle rivolte che stavano avvenendo in una trentina di carceri italiane. Ciò non ha fatto altro che montare la rabbia e la voglia di star lì e farsi sentire. Nell’emergenza sanitaria, la solidarietà non va in isolamento. 
Solamente in tarda serata, intorno alle 22 si è iniziata a vedere una densa nube di fumo che fuoriusciva dal blocco maschile contemporaneamente a dei movimenti sul tetto dello stesso blocco. I prigionieri che si erano barricati in sezione ed erano saliti sul tetto hanno quindi iniziato a urlare e a incendiare oggetti, gridando “Libertà!” al gruppo di solidali e parenti che hanno risposto con cori, messaggi di solidarietà e fischi. La rivolta e i fuochi nel blocco maschile sono continuati per tutta la notte, durante la quale sono andate a fuoco 4 macchine della polizia penitenziaria, ed è continuata fino all’ora di pranzo del giorno successivo. 
MARTEDI’ 10 MARZO
Il mattino del giorno seguente, martedì 10, si è nuovamente formato un presidio spontaneo fuori le mura della Dozza. I prigionieri ancora sul tetto avevano appeso striscioni che rivendicavano diritti, libertà e indulto mentre l’edificio rimaneva circondato dagli sbirri. Nuovamente era impossibile ricevere informazioni certe di quanto stesse accadendo all’interno. La notizia che circolava era quella di una trattativa in corso tra i reclusi in rivolta e la direzione del carcere e il capo delle guardie, mentre un altro gruppo di reclusi avrebbe voluto avviare una trattativa unicamente con un magistrato di sorveglianza, arrivato in mattinata.
Dopo che per un paio d’ore non si vedeva più nessuno nè si ricevevano risposte, verso le 15 si sono avvistati gli sbirri in tenuta antisommossa sul tetto, brandire il manganello, nella direzione del gruppo di solidali, in segno di vittoria e al grido di “lo Stato ha vinto”. Abbiamo comunque provato a far arrivare la nostra voce oltre alle mura lontane, per provare a comunicare ai detenuti quanto stava succedendo nelle altre carceri, per esprimere di nuovo la nostra solidarietà augurando a tutte le persone recluse in quella galera di riuscire a prendersi la libertà.
Nel frattempo circolava la notizia che la protesta era rientrata e la trattativa conclusa, ma non è ad oggi possibile conoscerne precisamente le modalità e gli esiti, al di là di quanto trapelato dai media, secondo cui i prigionieri sarebbero rientrati in sezione, con le richieste di consentire il reingresso degli educatori e misure di pena alternative alla detenzione. Sempre secondo i giornali, i detenuti feriti sarebbero 20, di cui 16 medicati sul posto. Le guardie ferite, 2.
Nella mattina di mercoledì 11, si è appresa la notizia certa di almeno un trasferimento nella prima mattinata. Per ora non è dato sapere ai familiari nè agli avvocati l’identità delle persone trasferite, nè la loro destinazione.
Nel pomeriggio si è appreso dai media che due detenuti sono morti per overdose, la stessa versione ufficiale usata per gli altri 13 morti nelle carceri di Modena e Rieti. Resta il fatto che la struttura di Modena è totalmente inagibile grazie alla rivolta e anche quella di Bologna riporta danni ad ora ancora da definire ma sicuramente ingenti. Sempre dai media è stato riportato che <<nel pomeriggio di martedì 10, a poche ore dalla conclusione della rivolta della Dozza, il Provveditorato dell’amministrazione penitenziaria, in Viale Vicini è stato danneggiato da “vandali” rompendo i vetri del portone d’ingresso. Gli stessi vandali hanno firmato l’azione lasciando scritte come “Acab”, “Solidarietà ai detenuti in lotta”, “Fuoco alle galere” e “Secondini assassini”.>>
GIOVEDI’ 12 MARZO
Nel pomeriggio di giovedì 12, è stato fatto un veloce saluto al carcere, nel tentativo di raggiungere la sezione maschile e valutando l’inopportunità/inefficacia di una chiamata pubblica vista le incognite della situazione generale attuale legata agli effetti delle ordinanze.Una ventina di persone è riuscita ad arrivare sul posto e a scambiarsi dei saluti con i detenuti, al grido reciproco di “libertà”, in particolare con la sezione di As3 e con altre sezioni più lontane. Chi si trovava in As non ha cognizione di quanto sia accaduto, in quanto isolato, e tra i detenuti delle altre sezioni nessuno ha saputo riportare quale trattamento sia stato riservato ai prigionieri dopo la rivolta, né notizie in merito alla persona morta nel carcere. Da dentro sono provenute nitidamente richieste di aiuto, nonché la richiesta espressa che le guardie debbano mettersi le mascherine e l’affermazione condivisa che Bonafede voglia farli morire lì dentro. È evidente che l’imposizione dell’isolamento ai detenuti, tra loro e con l’esterno, trascende le esigenze reali di prevenzione e contenimento del contagio in carcere, se poi tanto sono le guardie stesse, potenziali veicoli del virus, a non indossare le mascherine. Secondo fonti ufficiali di oggi sembrerebbe che sia morta una persona e non due, come invece riportavano fino a stamane alcuni giornali locali, e che ci siano stati tra ieri e oggi 15 trasferimenti verso altre carceri, ma non sono note né le persone né la destinazione. Ai familiari e avvocati è ancora impedito di avere notizie dei propri cari, né tanto meno di comunicare con loro o di poter inviare pacchi all’interno. I familiari dicono, tuttavia, che li tengono nel carcere distrutto a dormire ammassati per terra, che non si sa se la mensa funziona e che siano stati tutti massacrati di botte.
Le Autorità, sin dalle prime rivolte e dalle notizie delle prime morti hanno continuato a invocare il pugno di ferro nei confronti dei prigionieri, l’isolamento completo dei medesimi, omettendo di fornire ogni notizia a familiari e avvocati su dove sono stati trasferiti e sulle loro condizioni di salute, quindi impedendo di mettersi in contatto con loro, nonché di rendere nota l’identità delle persone morte di carcere nelle mani dello Stato.
Le rivolte nelle carceri di tutta Italia di questi giorni mostrano chiaramente che in situazioni di emergenza i primi che ne fanno le spese sono coloro che ogni giorno vivono le condizioni peggiori, gli stessi che tuttavia hanno deciso di ribellarsi e di scatenare rivolte per far emergere ciò che il carcere è quotidianamente. Non è solo nel momento di eccezione che la galera ci appare come qualcosa di inaccettabile che va distrutto, ora semplicemente qualcuno ha avuto il coraggio di tirare fuori questa realtà ribellandosi con decisione. 
Non crediamo sia possibile mai, ma a maggior ragione di fronte a tutto ciò, limitare le prese di posizione alla richiesta di amnistia per alcuni, lasciando che gli altri prigionieri rischino quotidianamente l’isolamento e la morte nelle infami galere.
Libertà per tutte e tutti i prigionieri, che di ogni galera rimangano solo macerie.
Che le morti di stato non cadano nell’indifferenza!
Solidarietà alle/i prigioniere/i in rivolta!
Finché ci sono prigioni che bruciano lo Stato non ha vinto.

Comunicato dei detenuti dal carcere di Chieti

Il carcere di Madonna del Freddo da oggi 9/3/2020 comincerà uno sciopero
della fame, tutti i lavoratori detenuti non andranno più a lavoro, tutti
i detenuti non faranno la spesa di ogni genere, tutte le spese saranno
distrutte, tutte le sere dalle 20.00 alle 21.00 si farà la battitura
fino a quando non saranno soddisfatte le nostre richieste:
–       tutti i detenuti sotto i termini devono essere mandati immediatamente
nelle misure alternative che spettano per legge
–       immediata chiusura sintesi comportamentale
–       fornitura di mezzi adeguati per sopperire alla sospensione dei
colloqui con i famigliari (skype, telefonate giornaliere 7 a settimana)
–       fornitura di prodotti igienici disinfettanti per cose e persone
–       fornitura di acqua potabile
–       chiusura di tutti gli agenti e addetti ai lavori interni al
penitenziario per tutta la durata della chiusura dei colloqui, in
subordine, accesso dei famigliari alle stesse condizioni degli agenti
penitenziari (con mascherine e controlli medici)
–       per i detenuti senza contratto, fare una autocertificazione per le
chiamate
–       no ritorsioni per i lavoranti che partecipano allo sciopero e
protestanti leader

Volantino distribuito in presidio a Udine

PRESIDIO IN SOLIDARIETÀ CON I DETENUTI DEL CARCERE DI VIA SPALATO – UDINE

28 GENNAIO 2020

Stamattina ci troviamo qui, presso la Direzione del Distretto sanitario di Udine, in solidarietà con i prigionieri del carcere di via Spalato, che negli scorsi mesi hanno denunciato le gravissime carenze dell’area sanitaria, educativa e psicologica.

CI TROVIAMO PER PROTESTARE QUI AL DISTRETTO SANITARIO PERCHÉ È AL DIRETTORE DI QUESTA STRUTTURA CHE SPETTA LA RESPONSABILITÀ DELLE FUNZIONI DI TUTELA DEI/DELLE PAZIENTI E DI VIGILANZA SULL’OPERA DEL PERSONALE SANITARIO OPERANTE NEL CARCERE.

In particolare i detenuti ci informano che, da parte del personale sanitario interno alla prigione, ci sono GRAVI E IMMOTIVATI RITARDI nell’intervenire tempestivamente, quando cioè ci si sente male, e che l’infermeria non è presidiata sulle 24 ore né sui 7 giorni, e questo significa che chi si sente male fuori dall’orario di apertura deve essere ogni volta accompagnato dalle guardie in ospedale (e di conseguenza, attendere che le guardie siano disponibili). CI SONO DETENUTI CON STOMIA CHE DEVONO ASPETTARE IL RITIRO DELLA SACCA DALLA MATTINA ALLA SERA. VENGONO SOMMINISTRATI PSICOFARMACI SENZA CONSENSO.

UNA SITUAZIONE DI GRAVE CARENZA LA VIVIAMO ANCHE FUORI DALLE MURA DEL CARCERE, NOI “PRIGIONIERI SOCIALI” NON RECLUSI, prigionieri di una società dove il settore sanitario viene chiamato _White Economy_ ed è considerato un settore produttivo a sé stante.

Dove ormai i costi tra prestazioni sanitarie offerte dal settore pubblico con la lievitazione del ticket e dal settore privato sono quasi i medesimi.

LA SANITÀ NON È PIÙ UN APPARATO CHE TENDE A GARANTIRE LA TUTELA DELLA SALUTE A TUTTA LA POPOLAZIONE, IN MODO OMOGENEO E GRATUITO, BENSÌ UN SETTORE DELL’INGRANAGGIO ECONOMICO IN CUI LA FUNZIONE SANITARIA È RIDOTTA E SORRETTA DA FUNZIONI PIÙ REDDITIZIE (RICERCA E UNIVERSITÀ).

Inoltre le persone recluse in via Spalato ci informano che GLI PSICOLOGI E GLI EDUCATORI, FIGURE CHE DOVREBBERO OCCUPARSI DI RENDERE PIÙ VELOCI
LE PRATICHE RELATIVE ALLE MISURE ALTERNATIVE AL CARCERE (RICORDIAMO CHE A UDINE SONO RECLUSE SOLO PERSONE CON PENE INFERIORI AI 5 ANNI) STIANO FACENDO DI TUTTO PER INGANNARE ED IMPAURIRE I DETENUTI APPARTENENTI ALLE FASCE PIÙ DEBOLI DELLA SOCIETÀ, MANIPOLANDO LE RELAZIONI E CONDIZIONANDO IL TRATTAMENTO.

A Udine come anche a Tolmezzo, dalle carceri trapelano squarci di una stessa realtà di repressione e pratiche di tortura (ricordiamo l’esposto del Garante nazionale Mauro Palma per gli abusi che si sono verificati il 19 maggio 2019 nel carcere di alta sicurezza del capoluogo carnico, dove le guardie hanno utilizzato un idrante per oltre un’ora contro un prigioniero là detenuto, lasciandolo nella cella allagata per tutta la notte): e sono frammenti che vanno a comporre UN UNICO
PROCESSO, DI SELEZIONE ED ESCLUSIONE, VOLTO A SPINGERE COSTANTEMENTE VERSO IL BASSO IL COSTO DELLA FORZA-LAVORO: DA UN LATO PRODURRE LARGHE FASCE DI SOCIETÀ UTILIZZABILI COME MANODOPERA PRECARIA E MALPAGATA, DALL’ALTRO GESTIRE LE ECCEDENZE ESCLUSE ATTRAVERSO LA SFERA PENALE, DIVENTATA A SUA VOLTA UN NUOVO CAMPO DI INVESTIMENTO PRODUTTIVO.

OGGI I TASSI DI CARCERAZIONE SONO IN AUMENTO PERCHÉ IL LEGISLATORE HA PRODOTTO NUOVE TIPOLOGIE DI REATO E AGGRAVANTI PER CHI DESTEREBBE ALLARME SOCIALE. In proposito diamo una cifra, relativa certo a una situazione più estrema di quella italiana ma che dà un’idea di ciò di cui stiamo parlando: la popolazione carceraria degli Stati Uniti è di 2 milioni e 300 mila persone… un numero pari al totale dei lavoratori occupati nel settore agricolo (e industrie affini) di quel Paese!

IN QUESTA OTTICA DI SELEZIONE/ESCLUSIONE VANNO INSERITE PURE TUTTE LE STRUTTURE PER INTERNARE GLI IMMIGRATI PRIVI DI DOCUMENTI IN REGOLA, I CENTRI DI PERMANENZA PER IL RIMPATRIO (CPR), AUTENTICI LAGER. E, scendendo a catena, tutta l’ambigua galassia dell’accoglienza ai rifugiati, vera e propria fabbrica di forza-lavoro a costo zero, una sfera dove si sperimentano nuovi obbiettivi di docilità: non solo attraverso il controllo e lo sfruttamento, ma con l’interiorizzazione di norme comportamentali e standard di vita imposti, da rispettare per non ripiombare nel pantano della clandestinità.

CONTRO SFRUTTAMENTO E CONTROLLO! SOLIDARIETÀ AI PRIGIONIERI DELLA GALERA DI UDINE! SANITÀ E CURE PER I PROLETARI E LE PROLETARIE! FUORI  IL CARCERE E IL CAPITALE DALLE NOSTRE VITE! CHIUDERE TUTTI I CPR! SOLIDARIETÀ AI PRIGIONIERI DEL CPR DI GRADISCA! RICORDANDO VAKHTANG ENUKIDZE, PERCHÉ L’ENNESIMA MORTE DI STATO NON PASSI SOTTO SILENZIO!

ASSEMBLEA PERMANENTE CONTRO IL CARCERE E LA REPRESSIONE

Contatti:  liberetutti@autistiche.org

Associazione “Senza Sbarre”    Casella Postale 129    34121 Trieste

Puntata del 30/11/2019: La nuova occupazione a Bologna

Ritorna l’esperienza di XM24

La nuova occupazione a Bologna, sorta dalle ceneri dell’esperienza dopo lo sgombero di XM24, vuole porsi come laboratorio di autogestione per tutte le realtà e individualità bolognesi che vogliano creare una nuova esperienza di lotta che abbatta tutti i muri, fuori e dentro di tutti noi. Gli spazi vastissimi (circa 10 ettari della ex-caserma Sani in via Ferruccio Parri) danno la possibilità di costruire assieme una nuova idea di spazio libero urbano, senza l’obbligatorietà del denaro, senza consumatori né consumati, pieno di progetti e ambizioni. Invitiamo tutti a partecipare attivamente alle iniziative di questa nuova occupazione.

“Vogliono seppellirci vivi, impediamoglielo!”

 

Scroll To Top