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Archivi dell'autore: mattia

Nuove letture: “Tra le mura del carcere. Torpore e passione” di Giovanna Testa

Il carcere è, per sua stessa natura, un luogo di separazione, che per ogni detenuto segna una netta cesura tra la vita prima di varcare le sue porte e quella che si svolge al suo interno. In questo contesto intriso di esperienze diverse e situazioni di fragilità, detenuti e operatori penitenziari – poliziotti, psicologi, educatori, assistenti sociali, medici e infermieri, mediatori culturali, cappellani e volontari – condividono lo stesso spazio e trascorrono gran parte del loro tempo. Questa raccolta di saggi offre uno sguardo esclusivo sulla realtà carceraria italiana, esplorando le sue complesse dinamiche e approfondendo soprattutto la forte componente emotiva che caratterizza questo ambiente. Non a caso il cuore della trattazione ruota attorno alla parola “affettività” nelle sue molteplici sfaccettature, non ultima quella relativa alla delicata questione della sessualità all’interno degli istituti penitenziari. Attraverso il contributo di diverse figure professionali, l’opera offre una visione inedita e dettagliata di un universo spesso percepito come un mondo a parte, senza considerare che la vita dei detenuti si intreccia con quella delle loro famiglie e di chi lavora e opera all’interno del carcere: un luogo, quindi, i cui confini si spandono ben oltre le mura di contenimento e che, anche per questo, dovrebbe rappresentare una sfida collettiva per il benessere dell’intera comunità.

 

Giovanna Testa, PhD in “Istituzioni Giuridiche ed Evoluzione Economico-Sociale” e in “Promozione e tutela dei diritti dell’infanzia”, ha effettuato diverse collaborazioni con l’Università degli Studi del Molise, in qualità di docente a contratto all’interno della Filiera dei corsi di studio in Servizio Sociale. Esperta di temi riguardanti il lavoro sociale, gli interventi socioeducativi, l’esecuzione penale e il mondo carcerario. Ha lavorato per molti anni nell’Area Educativa degli istituti penitenziari, in qualità di funzionario della professionalità giuridico-pedagogica. È assistente sociale specialista, iscritta all’OAS Molise. Ultima pubblicazione (2022): La galassia del lavoro sociale. Formare oggi gli assistenti sociali del domani.

https://www.gruppoalbatros.com/prodotti/tra-le-mura-del-carcere-torpore-e-passione-a-cura-di-giovanna-testa/

Nuovo film: “Samad” di Marco Santarelli

Samad è un giovane uomo che ha sbagliato e che ha già pagato col carcere i suoi errori. Padre Agostino, suo amico e mentore, pensa che l’esperienza di Samad possa essere di ispirazione per i ragazzi che dietro le sbarre ci sono ancora. Per questo lo fa rientrare tra quelle mura a raccontarla. Ma è la giornata sbagliata, perché una rissa fa esplodere la rabbia e il risentimento dei detenuti, che decidono di barricarsi per protesta. È allora che Samad si troverà costretto a scegliere da che parte vuole stare: musulmano o cristiano, complice oppure ostaggio. (dal sito di EmiliaRomagnaCultura)

https://www.youtube.com/watch?v=cGp1qgCkZ3c

Nuovo docu-film: “11 giorni” di Nicola Zambelli

11 Giorni è un’originale web-serie documentaristica composta da 33 episodi da un minuto che immerge lo spettatore nella vita e nelle riflessioni di un gruppo di detenuti della casa circondariale “Nerio Fischione” (già Canton Mombello) di Brescia.
Ogni episodio, presentato in formato verticale 9:16 per la visione su smartphone, sfida il confine tra il carcere e la libertà, offrendo uno sguardo profondo e autentico sulla quotidianità di chi vive dietro le sbarre.
Attraverso un laboratorio di scrittura, i detenuti hanno raccontato le loro storie alla telecamera che guida lo spettatore nel penitenziario. Durante incontri tematici realizzati nelle scuole, il racconto video costruisce un ponte tra il mondo dei detenuti e quello dei giovani, destinatari del progetto.
Una pagina Instagram (@11.giorni) raccoglie gli episodi pubblicati in un arco di 11 giorni, creando uno spazio di incontro virtuale grazie a un’innovativa campagna attiva sui social network.
11 Giorni è un racconto emotivo che supera le barriere delle comuni percezioni e offre una prospettiva autentica sulle sfide del sistema carcerario italiano, afflitto da sovraffollamento e carenza di spazi.
I 33 episodi della serie, raccolti in un coinvolgente cortometraggio di mezz’ora nel formato orizzontale a 16:9, conducono gli spettatori in un viaggio che va oltre il carcere di Brescia, esplorando le complessità e sfidando i pregiudizi.
11 Giorni è un’opera cinematografica che offre una lente d’ingrandimento originale su un universo spesso trascurato e apre le porte a una riflessione profonda sulla giustizia e sulle connessioni umane.

 

trailer:

https://www.youtube.com/watch?v=qy4ZYzahd4g

sito web:

https://openddb.it/film/11-giorni/

Letture: “Ogni prigione è un’isola” di Daria Bignardi

“Il carcere è come la giungla amazzonica, come un paese in guerra, un’isola remota, un luogo estremo dove la sopravvivenza è la priorità e i sentimenti primari sono nitidi”: forse è per questo che, da narratrice attratta dai luoghi dove “l’uomo è illuminato a giorno”, Daria Bignardi trent’anni fa è entrata per la prima volta in un carcere. Da allora le prigioni non ha mai smesso di frequentarle: ha collaborato con il giornale di San Vittore, portato in tv le sue conversazioni coi carcerati, accompagnato sua figlia di tre mesi in parlatorio a conoscere il nonno recluso, è rimasta in contatto con molti detenuti ed è tuttora un “articolo 78”, autorizzata cioè a collaborare alle attività culturali che si svolgono in carcere. Ha incontrato ladri, rapinatori, spacciatori, mafiosi, terroristi e assassini, parlato con agenti di polizia penitenziaria, giudici, direttori di istituto. Per scrivere di quel mondo si è ritirata per mesi su un’isola piccolissima: Linosa. Ma il carcere l’ha inseguita anche lì. E gli incontri e la vita sull’isola sono entrati in dialogo profondo con le storie viste e ascoltate in carcere. Bignardi ci racconta il suo viaggio nell’isolamento e nelle prigioni, anche interiori, con la voce unica con cui da sempre riesce a trasportarci al centro delle esperienze, partendo da sé, mettendosi in gioco, così come ha fatto la mattina del 9 marzo 2020 in un video girato di fronte a San Vittore, mentre alcuni detenuti salivano sul tetto unendosi alle rivolte che stavano scoppiando in molte carceri italiane. In seguito a quegli eventi sarebbero morte tredici persone recluse. “So come vanno le cose col carcere” scrive, “il carcere lo odiano tutti. Alcuni amano il carcere degli altri, per così dire”: parlarne è un gesto inevitabilmente politico, perché rivolgendo lo sguardo al carcere lo si rivolge al cuore della società, ma questo è anche e prima di tutto un libro personale, in cui ogni cosa – ritratti, riflessioni, cronaca, ricordi – è cucita assieme dalla scrittura limpida e coinvolgente di Daria Bignardi.

https://www.mondadoristore.it/Ogni-prigione-e-un-isola-Daria-Bignardi/eai978880476103/

Docu-film: “Lala” di Ludovica Fales

Lala ha soltanto diciassette anni, frequenta ancora la scuola ma ha già un figlio. Nata e cresciuta in Italia, deve comunque fare i conti con i pregiudizi che quotidianamente colpiscono le ragazze come lei. Lala è infatti una giovane rom, non ha i documenti e per questo non riesce a trovare lavoro. Non potendo avere un impiego, non ha modo di mantenere sé stessa e il figlio. Per questo motivo, il neonato viene allontanato dai servizi sociali, che lo prendono in carico per darlo in affidamento e offrirgli la prospettiva di un futuro migliore. Ma Lala non si arrende: ama suo figlio, vuole crescerlo ed è pronta a lottare per riaverlo. La prima cosa che deve fare, quindi, è procurarsi i documenti, ma non sarà un’impresa facile.

Quella di Lala è la storia di Zaga, una ragazza rom nata e cresciuta in un campo a Roma. La regista Ludovica Fales ha conosciuto Zaga quando aveva diciassette anni e viveva insieme al suo bambino in un appartamento nel quartiere di Tor Bella Monaca. Fales aveva intenzione di filmare Zaga mentre cercava di ottenere il permesso di soggiorno. Tuttavia, dopo più di un anno di tentativi andati a vuoto, la ragazza si rese conto di non avere alcuna possibilità di successo e per questo decise di partire, senza lasciare traccia.

Fales, però, non ha dimenticato Zaga e per dar voce alla sua storia, e a quella di tante giovani ragazze rom costrette a vivere le sue stesse difficoltà, ha scritto un film per raccontarla. Nei panni della protagonista c’è Samantha, una giovane attrice rom non professionista. Samantha non si limita a interpretare Lala – alter ego di Zaga – ma contribuisce attivamente alla costruzione della narrazione: dice cosa pensa di ciò che accade al personaggio, cosa potrebbe provare e in che modo quel che succede a Lala le ricorda alcune vicende della sua stessa vita. Al coro di voci che compongono il film si aggiungono anche quelle di altri ragazzi rom e sinti che commentano a propria volta il racconto con le loro considerazioni personali e le loro esperienze.

Come si legge alla fine del lungometraggio, poco prima dei titoli di coda, ogni elemento della storia è il frutto degli incontri che i giovani attori presenti nel film hanno svolto nel corso di un laboratorio di improvvisazione teatrale durato cinque anni, in cui hanno condiviso la propria interiorità e i propri sogni. Lala è quindi nato grazie a tutti loro e grazie a Zaga, alla cui vicenda la sceneggiatura in primo luogo si ispira.

Il risultato è un gioco di specchi in cui il film riflette continuamente su sé stesso, su quel che vuole comunicare, sui sentimenti che intende veicolare. E, in effetti, ascoltare le opinioni degli attori sulla rappresentazione della storia è la cosa più interessante di Lala: la loro spontaneità e la loro genuina commozione arricchiscono realmente le vicende mostrate e le fanno sentire più vere, più concrete.

Lala è un gioco di specchi in cui si riflettono le esperienze di moltissime ragazze e ragazzi rom e sinti: una storia semplice diventa così un coro di voci in cui si compone un variopinto mosaico di umanità.

Recensione di Silvia Guzzo su MYmovies.it

https://www.youtube.com/watch?v=CfGiiCT3JEY

Letture: “Il carcere in Italia oggi. Una fotografia impietosa”

IL CARCERE IN ITALIA OGGI
Una fotografia impietosa

Le carceri italiane, come quelle di ogni Paese, sono lastricate di odio e violenza, dentro un elenco infinito di vittime, ed è ormai dimostrato che le leggi da sole non sono sufficienti a tutelare le persone che hanno perso la libertà, in quanto il carcere è un luogo così chiuso che parlare di trasparenza, quella che invece dovrebbe esserci in quanto siti di esecuzione della giustizia, è impossibile ed impraticabile, i muri che lo determinano sono il primo e fondamentale elemento di lontananza dalla città libera e dalle garanzie di rispetto dei diritti.
C’è, tra l’altro, una domanda da porsi: dei quasi tremila morti e milleottocento suicidi da inizio secolo, non dimenticando le migliaia di atti di auto-lesionismo e le innumerevoli violenze che quotidianamente si determinano negli istituti della reclusione nel nostro Paese, non ci sono responsabili?
La guerra ha una evidenza nei responsabili del conflitto, mentre nella guerra che ogni giorno si combatte nelle carceri sembra che tutto rientri solo nella responsabilità di chi ha commesso il reato, il fatto stesso di esservi recluso “in quanto se l’è cercata” e se accidentalmente ne soccombe, è quasi una logica conseguente della cattiveria esercitata.
L’art. 27 della Costituzione recita, tra l’altro: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”, questo stride in maniera drammatica con le morti e violenze che continuano a segnare le esistenze carcerate da rendere ancora più evidente quanto affermato già nel 2012 dal “manifesto No Prison”, indicano anche che siamo in ritardo per modificare l’attuale assetto dell’esecuzione ed è perciò più che doveroso fare un salto di paradigma da parte di chi ha responsabilità legislative, per buttare un vestito vecchio come quello del nostro carcere, che produce tanti morti e sofferenza, a favore di un modello di esecuzione delle condanne che riduca al minimo la perdita della libertà, rispettando i diritti delle persone condannate, e sia foriero di restituzione del danno alle vittime e recupero della legalità, un salto di paradigma la cui drammatica responsabilità ricade sui governi e parlamenti, perché sono loro in effetti i veri responsabili di questa ecatombe!

https://www.livioferrari.it/home/carcere-italia-oggi.html

Letture: “Donne “cattive” Cinquant’anni di vita italiana” di Liliana Madeo

Il mondo va ripensato anche dalle donne, e non solo per ciò che le riguarda: infatti non c’è niente che, riguardando le donne, non riguardi anche gli uomini.

« L’Italia che esce dalla guerra, l’Italia che entra nel nuo­vo millennio. Cambiano i costumi, il modo di produrre e di pensare, l’immaginario, le regole della convivenza. Con amori, sangue, vendette, illusioni, utopie, crudeltà, coraggio, inventiva: un romanzo che attraversa mezzo secolo. Da una parte ci sono le istituzioni con i loro ritardi e lentezze, la misoginia dei politici, il moralismo dei giudici, la scuola repressiva, la Chiesa ancorata alla tradizione, la scomunica di ogni ribellione, i faticosi e appassionanti itinerari del rinnovamento, le resistenze del potere al nuovo. Dall’altra parte ci sono i personaggi che – magari in maniere sgradevoli o addirittura criminali, per improvvise esplosioni, a segmenti – trasgrediscono la norma e precorrono i tempi, contribuiscono a far crollare tabù e convenzioni, portano alla luce quanto sta maturando nelle pieghe della società. Figure femminili.
Sono loro – le donne che rifiutano un destino predeterminato e scelgono di buttare all’aria tradizione, gerarchie, persino il rispetto della legalità – le protagoniste delle tante Italie che si scontrano, si ignorano, convivono. Non eroine intemerate. Non vittime. Non controfigure. Donne scomode. Le madri delle ragazze del nuovo millennio. »

Libri per ragazzi: “Fuga nella neve” di Sofia Gallo

La neve ha il potere di nascondere tutto.

CI SONO LUOGHI IN CUI LA NEVE SEMBRA AVERE IL POTERE
DI NASCONDERE TUTTO: LA FUGA DI DUE BAMBINI INNOCENTI,
MA ANCHE LA MINACCIA DEI NAZISTI. SEMPRE PIÙ POTENTI,
SEMPRE PIÙ VICINI

Angelo e Lidia sanno molte cose per essere due bambini di undici e sette anni. Sanno che c’è un motivo se hanno dovuto cambiare scuola e lasciare i loro compagni di classe. Sanno il significato di alcune parole difficili, come ‘leggi raziali’ o ‘deportare’, e che c’è qualcosa di terribile nell’aria che le loro famiglie non vogliono rivelargli. Ma soprattutto, Angelo e Lidia sanno di essere ebrei. È per questo che una mattina i due cugini si svegliano e non trovano più le loro famiglie: in fuga dalla minaccia nazista, li hanno abbandonati per proteggerli.
Costretti a rinunciare perfino ai loro nomi, Angelo e Lidia intraprendono un viaggio tortuoso che li porterà, prima insieme e poi separati, sulle montagne maestose e selvagge a nord del Piemonte, fra vette ghiacciate e valli fiabesche, alla ricerca di un posto dove poter essere se stessi.
Con penna leggera come la neve, Sofia Gallo dipinge su carta paesaggi mozzafiato e personaggi indimenticabili, donne rivoluzionarie, uomini coraggiosi e amicizie indelebili. Racconta le ingiustizie della guerra, ma anche il senso di impotenza e il difficile meccanismo del crescere. E parla, con dolcezza e onestà, di tutti gli esclusi, gli emarginati, i diversi.

https://www.salani.it/libri/fuga-nella-neve-9788831018883

Libri per ragazzi: “Figli dello stesso cielo” di Igiaba Scego

Il razzismo e il colonialismo raccontati ai ragazzi

Igiaba incontra in sogno il nonno Omar, che non ha mai conosciuto ma solo visto in fotografia. Omar la porta in un viaggio lungo la storia per raccontarle cosa significava vivere nella Somalia sotto il colonialismo italiano, quello ottocentesco e imperialista e quello del ventennio fascista, e in che modo l’eredità razzista impregni ancora le nostre città e la nostra cultura. Un libro per raccontare ai ragazzi cosa è stato il colonialismo e come quella pagina triste della storia italiana, a lungo nascosta e negata, abbia ripercussioni anche sulla vita odierna nostra e dei tanti cittadini italiani di origine africana o che dall’Africa sono appena arrivati e stanno cercando di trovare nel nostro paese una nuova casa.

https://www.edizpiemme.it/libri/figli-dello-stesso-cielo/

Cinema e diritti negati: “Inshallah a boy” di Amjad Al Rasheed

Giordania. Oggi. Dopo la morte improvvisa del marito, la trentenne Nawal fatica a far fronte allo sconvolgimento della sua vita. Oltre al dolore della perdita e al ritrovarsi da sola, con una bambina ancora piccola, deve conciliare i rigidi orari imposti dal suo lavoro come badante di un’ anziana signora con le necessità scolastiche della figlia Nora.
Questa nuova, inaspettata, situazione che si ritrova a fronteggiare viene ulteriormente aggravata dalle richieste del cognato che, approfittando di quanto previsto dalla Sharia lì applicata, avanza pretese di eredità da parte della famiglia del defunto che prevedono anche l’abitazione dove Nawal e Nora vivono e lo stesso affidamento della piccola. Nel disperato tentativo di proteggere la casa e la figlia, Nawal ricorre alla menzogna, fingendo una gravidanza per prendere tempo e innescare così la presunzione che possa nascere un figlio maschio, cosa che la tutelerebbe da eventuali pretese ereditarie. Con solo tre settimane per trovare una soluzione, Nawal intraprende un viaggio che mette a dura prova le sue paure, convinzioni e moralità, essendo disposta a tutto pur di proteggere quanto legittimamente le spetta e il futuro di sua figlia.

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