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OTTOBRE CON TEMPERATURE ALTE

Il mese di ottobre, oltre a un clima decisamente sopra le linee, ci ha regalato alcune pennellate utili a dare colore all’umore dei tempi, troppo spesso incolore, ma che la persona dotata di buon olfatto non fatica a riconoscere. E allora ecco la nostra carrellata di ottobre, tra notizie di merda e altre utili a rinfrancare lo spirito:

OMERO
Lo scorso 12 ottobre nel tardo pomeriggio, nel corso di una delle tante operazioni di controllo realizzata dalla sempre più militarizzata Polizia Locale a firma Alessandro Fagioli, è successo un inciampo. In zona stazione un agente della Locale si è rotto l’omero.
E’ successo in via Ferrari dove l’agente ha cercato di controllare due persone le quali, per una volta, si sono date alla fuga. L’agente, tutt’altro che agile e sportivo, cercando di trattenere uno dei due fuggitivi è rocambolescamente caduto riportando la frattura dell’omero.

NEGRI AL SUPERMERCATO
Il giorno dopo, nel capoluogo di provincia, uno dei tanti episodi che spesso rimangono nell’ombra è invece uscito alla ribalta nazionale. “Non voglio essere servita da un negro. Non mi va proprio”. Così una donna sulla quarantina, bianca, italiana, rispettosa della Legge, ha lasciato la spesa sul nastro trasportatore della cassa di un supermercato di Varese. Subito dopo ha lanciato alcune lattine in direzione del malcapitato e se n’è andata pur di non dover interagire con il cassiere di colore che in quel momento era l’unico a cui i clienti potevano rivolgersi.

NEGRI SULLE PANCHINE
Torniamo a Saronno, città in cui negli ultimi 5 anni si sono susseguite allucinanti ordinanze liberticide prima a tinta PD e poi Lega. Si è passati dal divieto di sedersi sui gradini o di bere dalle fontanelle, all’uso regolare del Daspo Urbano. Avete già i brividi? Ma il bello deve ancora arrivare. Allo sceriffo Fagioli è arriva una lettera con la firma di tanti commercianti di corso Italia per chiedere di “aumentare i controlli contro il degrado” e di “spostare le nuove panchine in altre location”.
A scatenare l’ultima presa di posizione, l’arrivo in centro di una dozzina di nuove panchine in piazza Volontari del Sangue, la preoccupazione dei negozianti è che invece di accogliere clienti affaticati tra un acquisto e l’altro servano ad altre persone per sedersi in non produttive attività di svago. “Tempo sfaccendato trascorso né a produrre né a consumare? Orrore! Sceriffo, pensaci tu!”
Parrebbe il Medioevo, per l’idea distorta che i più ne hanno, e invece è la quotidianità che ci viviamo. Finita qui? Ma va! L’ex assessore silurato Francesco Banfi direttamente dall’oratorio ci tiene a ricordare che “sbaglia chi legge un blando no alle panchine, al povero o un accenno di razzismo: nulla di tutto ciò. La richiesta che avanzano i commercianti è pulizia, ordine e decoro, da intendersi anche sprofondanti nelle questioni presidio del territorio e sicurezza: basterebbe questo per non avere sporcizia e panchine popolate da gente che beve alcolici, dorme, minaccia, fa risse o urina in bella vista. […]
Per dare un suggerimento all’amministrazione: occorre dare mandato alla Polizia Locale di controllare le panchine; può essere redatta una mappa della dislocazione dell’arredo urbano.”

Dobbiamo ammetterlo: non avremmo una fantasia tale da riuscire a inventare un racconto fantastico all’altezza.

PICCHETTO ALLA GLS A BRUNELLO
Il 23 ottobre a Brunello mattinata dei tensione ai cancelli dalla GLS, la compagnia di trasporto che ha una filiale gestita da un subappaltatore.
Un gruppo di lavoratori, 4 della ditta stessa e una decina di rappresentanti del sindacato Sol Cobas, ha bloccato attorno alle 7.30 l’ingresso della ditta fermando i camion in arrivo.
Ci sono stati momenti di alta tensione e uno dei titolari dell’azienda finito a terra è stato soccorso per un malore.
Sono intervenuti i carabinieri che hanno presidiato il picchetto di protesta.
I dipendenti lamentano la violazione dell’orario di lavoro con turni troppo pesanti e atteggiamenti intimidatori da parte dei manager.

NUOVA SEDE FDI A SARONNO
E infine torniamo nuovamente a Saronno, dove tra omeri fratturati e panchine vietate non ci si annoia mai. Il prossimo sabato 27 ottobre la città degli amaretti subirà l’ennesima violenza, è prevista l’inaugurazione del nuovo circolo Fratelli d’Italia, infatti in via Ramazzotti al civico 33 troverà casa la sezione di Saronno e di Cislago.
Dopo l’apertura, a fini esclusivamente elettoralistici, della sede adiacente corso Italia ora l’apertura di una nuova sede. E anche stavolta non mancano i nomi ad accompagnare la pantomima: annunciata la presenza di Ignazio La Russa e Daniela Santanchè, dell’onorevole Paola Frassinetti, Carlo Fidanza, Andrea del Mastro e degli assessori regionali Riccardo De Corato e Lara Magoni.

MENÙ DEL GIORNO

Nuovo giro di vite in Provincia per quanto riguarda l’emissione di provvedimenti di allontanamento provvisori. Il cosiddetto Daspo Urbano è stato notificato una decina di volte a Varese, il cui solerte comandante della polizia locale Bezzon è sempre in prima linea nell’accanimento contro i poveracci. Anche Saronno non vuole essere seconda e i vigili (che sono solo dei vigili) hanno inasprito i controlli nella zona della stazione, sanzionando unicamente su base etnica. Ciò non può che ricevere pronta risposta ogni qualvolta se ne presenti l’occasione, come accaduto mercoledì mattina al mercato: alcuni foglietti che recitavano “insulta chi ti multa” hanno fatto innervosire i procacciatori di soldi per gli incassi comunali. Daspo urbano e multa all’ambulante sono i principali mezzi di repressione ed allo stesso tempo propaganda che gli amministratori allo sbaraglio utilizzano per imbonire e racimolare consenso. Che i due sindaci vogliano seguire le orme dell’aspirante netturbino del degrado Cassani di Gallarate?

POLIZIA LOCALE ALLA RISCOSSA

Il 4 ottobre si è scatenata la polizia locale di Saronno, sguinzagliata per la città, i difensori del decoro, hanno raccolto un bottino abbastanza rappresentativo che permette loro di far bella faccia nei confronti di quelle persone che godono a notizie del genere.
I malcapitati sono 5 ragazzi tra i 20 e i 30 anni che hanno la colpa di essere nati poveri in paesi molto lontani dalla “ridente” Saronno. Le accuse comprendono la violazione delle norme sull’immigrazione, e turbamento del “decoro urbano”.
Il decoro della città è sacro guai a chi non si comporta da buon soldatino, le panchine che potrebbero essere momento di socialità diventano degli oggetti inutilizzabili: mangiare un panino o bere qualcosa, seduto su una normale panchina, diventa bivacco, per cui indecoroso.
La polizia municipale scenderà in campo altre volte, tornerà con altri bottini di guerra, alcuni applaudiranno perché è così che si fa; altri diranno che ancora non basta, ma sicuramente ci sarà sempre una parte della popolazione a cui non interessano risultati elettorali e business tout court.

PERPLESSITÁ A SARONNO: MANIFESTI VERI O DETOURNEMENT?

La scorsa notte la città di Saronno è stata tappezzata di manifesti comunali che informano la cittadinanza su cosa sia il Daspo Urbano, la nuova misura poliziesca tanto invocata dai sindaci e creata ad hoc da Minniti: “per la repressione e l’allontanamento dei poveri e degli indesiderati dal centro urbano”.
Alleghiamo qua il manifesto, buona lettura.

daspo

IT’S RAINING FOGLI DI VIA!

Ultimamente sono diventate più frequenti le emissioni di fogli di via apparentemente ad minchiam nel territorio nord milanese. Diciamo apparentemente perché nei fatti rivelano invece un uso prettamente politico di questo fastidioso provvedimento poliziesco.
Ma veniamo ai fatti.
Dopo la quarantina di foglia di via emessi negli ultimi anni sia dalla città di Saronno (in seguito a occupazioni, manifestazioni e così via), procedimenti emessi in prima battuta dalla Questura di Varese e poi in autonomia dalla Polizia Locale di Saronno, sia in seguito ad altri episodi di tensione come successe a Lomazzo (in provincia di Como) in occasione della contestazione a Salvini e in stazione San Giovanni a Como la scorsa estate durante le proteste contro lo sgombero del campo autogestito da migranti e solidali, e dopo il decreto Minniti in materia di sicurezza urbana, abbiamo assistito a un proliferare di fogli di via, elargiti ad ampie mani coi motivi più futili.
Stai tornando a casa la sera coi tuoi amici, sbagli strada e finisci in una zona industriale? Quattro fogli di via dai comuni di Cermenate, Bregnano e Vertemate con Minoprio, perché ti aggiravi senza apparente motivo in quella tal zona.
Stai tornando a casa la sera coi tuoi amici e non sbagli strada? Tre fogli di via dai comuni di Rovellasca, Rovello Porro e Turate, perché… bo!
Stai volantinando un testo contro l’agenzia viaggi Rampinini che è complice delle deportazioni? Due fogli di via, perché stai volantinando.
Vai a contestare la presenza in piazza dei fascisti di Forza Nuova? Quattro fogli di via da Tradate, perché i fascisti devono essere protetti dalla Polizia e dalla Legge.
Tutto qua? Macchè!
Violi il foglio di via? Ecco che arrivano sei decreti penali di condanna da 2500 € l’uno.
Non importa insomma cosa si faccia, ma conta il profilo criminale che viene creato ad hoc dalla Polizia. Non viene punita chissà quale condotta, chissà quale modo di lottare, ma semplicemente degli individui per ciò che sono.
Che sia un caso che questa pioggia di fogli di via si sia ulteriormente intensificata dopo che il decreto Minniti ne ha aumentato l’efficacia?

GRANDE GIOVE!

Grande scalpore hanno destato nella città degli amaretti le dichiarazioni del sindaco Fagioli con cui il primo cittadino ha rinunciato pubblicamente alle celebrazioni del 2 giugno, festa della Repubblica, per presunti motivi di ordine pubblico. Così ha parlato il sindaco, a capo dell’identitaria giunta leghista saronnese: “La città nell’ultimo mese ha già subito troppi attacchi di varia natura. Per questioni di ordine pubblico e trattandosi di attività rinunciabile in quanto non prevista dai cerimoniali si è scelto di non effettuare cerimonie, che come previsto sono invece organizzate nel capoluogo di provincia”.  A rincarare la dose ci ha pensato il patriottico consigliere comunale di Fratelli d’Italia Gianangelo Tosi: “Condivido la decisone assunta dal sindaco frutto di prudenza ed attenzione al difficile e conflittuale momento vissuto dalla città”.
Il momento conflittuale è legato all’introduzione e all’applicazione del Daspo Urbano, misura poliziesca di cui abbiamo già parlato altrove. Crediamo che una breve carrellata su quanto successo in queste settimane a Saronno possa servire al lettore per farsi un’idea propria della situazione, al di là di allarmismi o emergenze create ad hoc (ricordiamo infatti come le maggiori operazioni repressive in città – ad esempio lo sgombero del Telos di via Milano – siano seguite alle richieste degli amministratori locali che lamentavano una presunta ingovernabilità in città).
Nelle ultime settimane il centro della città è stato più volte vissuto da eventi di diversa natura: è stato tappezzato di manifesti grafici contro il Daspo Urbano, alcune delle innumerevoli telecamere di controllo sono state danneggiate, sono comparse numerose scritte contro Lega Nord in occasione del presidio indetto proprio dalla Lega contro l’arrivo di 9 – NOVE – profughi che saranno accolti in un centro di accoglienza gestito dalla Parrocchia; inoltre il sottopasso della piazza rossa è stato riempito per due volte da molti ragazzi che hanno trascorso una serata al di fuori dei locali e del decoro urbano, e proprio in piazza rossa è comparso un maxi graffito contro Daspo Urbano e Polizia. Ci sono stati anche numerosi volantinaggi, con l’aggiunta del lancio di alcuni foglietti con i chiari slogan “Contro il Daspo urbano” e “Odia la Polizia”, che hanno cosparso le vie del centro anche nei giorni successivi.
E così, tra una risata e l’altra, il prossimo fine settimana la città avrà un abito diverso dal solito: non ci sarà la celebrazione ufficiale del 2 giugno, con tanto di politici e autorità; tuttavia ci sarà – e vi invitiamo a passare – un presidio proprio contro il Daspo Urbano sabato 3 giugno, alle ore 15 in piazza Portici.

GALLARATE TREMA: LA POLIZIA VUOLE GIUSTIZIA

Pattuglia daspo. Sembra uno scherzo ma l’assessore alla sicurezza ha predisposto una pattuglia apposta per elargire con assoluta generosità daspo nei confronti di senzatetto, mendicanti e più in generale persone che bivaccano nei pressi della stazione – più di quanto non abbiano già fatto fino ad ora – con l’intenzione di allontanare chi non è in linea con l’immagine di decoro che il Comune vorrebbe dare (pulizia su base classista, la chiamiamo noi). Il pattugliamento della zona dello scalo ferroviario arriverà più o meno così a circa 12 ore giornaliere, ma non si limita a questo: saranno organizzati anche controlli nei confronti di venditori abusivi, come già effettuato nei giorni passati con la sanzione nei confronti di un ragazzo senegalese che è stato vittima di una “imboscata” da parte dei vigili in borghese. Gli amministratori, nonostante tutto ciò, hanno colto l’occasione per ribadire una volta ancora quanto le armi che la legge Minniti fornisce, siano – a loro dire – “spuntate”.

PRIMO DASPO URBANO A SARONNO

Ennesima operazione anti-migranti e anti-poveri nel centro storico di Saronno della Polizia Locale targata Fagioli. Sei gli stranieri fermati, tutti nigeriani, sanzionati in base al regolamento comunale con un verbale da 100 euro. Come se non bastasse a carico di un 22enne è arrivato anche il primo Daspo Urbano emesso dalla giunta leghista.
Il motivo delle sanzioni e del Daspo Urbano? Bivaccavano! E qualcuno chiedeva l’elemosina. Bivaccare rimanda a un’immaginario che poco si presta per questo caso, infatti la Polizia Locale intende bivacco anche il solo stazionare senza apparente motivo da parte di individui non bianchi.
Il taglio razzista e classista è talmente evidente da non avere bisogno di ulteriori commenti. Il ragazzo colpito dal Daspo Urbano per le prossime 48 ore non potrà tornare nella zona dello scalo ferroviario e se dovesse essere sorpreso dagli agenti della fastidiosa Polizia Locale di Saronno rischia un nuovo verbale, stavolta da 200 euro, oltre a qualche conseguenza penale di cui è ancora difficile valutare l’entità.

UNO SGUARDO PIÙ AMPIO: RIDISEGNAMENTO URBANO E CONTROLLO SOCIALE

URBANISTICA, CONTROLLO, ECONOMIA.
CHE DIREZIONE HANNO I CAMBIAMENTI NELLE NOSTRE CITTÀ?

Seconda parte
UNO SGUARDO PIÙ AMPIO:
RIDISEGNAMENTO URBANO E CONTROLLO SOCIALE

Se nella prima parte di questo contributo ci siamo soffermati ad analizzare le dinamiche che legano urbanistica, controllo ed economia nella città di Saronno, in questa seconda parte del testo ci vorremmo soffermare in un’analisi un po’ più ampia di questi macro argomenti.
Ci interessa approfondire la questione del controllo pervasivo che caratterizza l’abitare in zone metropolitane, con lo sviluppo di nuove tecnologie ad hoc – come le telecamere intelligenti – e la relazione tra queste e il percepire se stessi all’interno di uno spazio urbano.
Quindi vireremo leggermente verso i cambiamenti urbanistici e architettonici nelle nostre città, in particolare al nesso tra gentrificazione degli spazi e gentrificazione della popolazione in senso classista.

1. “La sicurezza è libertà”: unidimensionalità dell’immaginario e controllo sociale

“Io non cammino, non marcio: strascico i piedi, io, mi fermo per strada, addirittura torno indietro, guardo di qua e guardo di là,anche quando non c’è da traversare.
[…] E poi mi sono accorto che andando in centro trovi sì qualche conoscenza,
ma ti accorgi subito che la tua conoscenza è un fatto puramente ottico.
Non trovi le persone, ma soltanto la loro immagine, il loro spettro, trovi i baccelloni, gli ultracorpi, gli ectoplasmi.”
Da “La Vita Agra” – L. Bianciardi

Nelle strade dei centri urbani, più o meno piccoli, è sempre più presente ed asfissiante la presenza di dispositivi di controllo di vario genere. Rispetto ad anni fa, in cui il controllo sociale avveniva solo nei confronti di chi varcava il confine della legalità, esso ha preso una dimensione totalizzante. Siamo passati da una sorveglianza mirata, ad una forma potenzialmente mirata. Un esempio su tutti che utilizzeremo come modello: alcune delle moderne telecamere segnalano chi, in base agli spostamenti o al fatto che rimanga fermo per troppo tempo rispetto ad una media prestabilita, risulta essere un soggetto sospetto.
Questo modello di sviluppo tecnologico basato sul controllo della stanzialità lo si è sperimentato nella città di Londra. Dopo gli attentati del 7 luglio 2005, sono state installate nelle stazioni dei mezzi pubblici (treni e metropolitana), questo tipo di telecamere che riconoscono automaticamente e segnalano i soggetti quando non escono dal raggio di queste entro un determinato periodo, situazione ritenuta non ordinaria per questi luoghi di transito.
Questo stato di sorveglianza onnipresente ci mette in una condizione sociale di sudditanza.
Il suddito è colui che passivamente accetta e subisce le pratiche che il Potere mette in atto nei suoi confronti, talvolta invocandole e mettendole in pratica lui stesso. Non sono rari infatti gli episodi di denuncia nei confronti di atti illegali di poco conto (furtarelli, venditori abusivi e quisquilie varie).
Di più. Sempre più diffusa all’interno delle città è la pratica delle zone a controllo del vicinato. I cittadini stessi si autoproclamano controllori volti a tutelare l’ordine nel proprio quartiere, segnalando alla Polizia ogni persona ritenuta sospetta poiché fuori dalle logiche della normalità.
Pensiamo che l’attuazione di questa dinamica non sia un fatto casuale ma consequenziale ad una pianificazione e ad una prospettiva ben delineate. Il Potere ha sempre avuto bisogno di rendere il cittadino partecipe della sua pratica poliziesca, individuandovi, oltre che un suddito, un complice. Oggi questo viene strumentalizzato dalla normalità conforme, diventando una protesi capillarmente diffusa del Potere stesso. Ciò abbassa ulteriormente la possibilità di diserzioni e ribellioni di ogni tipo. Il controllo diventa auspicabile poiché il bravo cittadino non ha nulla da nascondere; i trasgressori (o sospetti tali) vanno puniti, anche preventivamente, poiché fuori da ogni schema indotto. Dopo aver ribaltato il falso in reale, il Potere ha ulteriormente reso questa realtà l’unica possibile. Il reale diventa razionale. La razionalità crea il suo modello, da riprodurre e difendere. Il Potere, sempre più pervasivo e difficilmente percepibile, applica così la sua funzione normalizzatrice sulle vite degli individui.
Tutto ciò aumenta esponenzialmente se aggiungiamo tutti i dispositivi tecnologici che utilizziamo quotidianamente e che ci tracciano in ogni spostamento e/o comunicazione (con lo smartphone, con la connessione ad internet e con strumenti gps di ogni genere).
Questi dispositivi, umani e tecnologici, si introiettano a tal punto nella quotidianità, da dissuadere la maggior parte delle persone dal compiere qualsiasi tipo di atto ritenuto difforme rispetto alla normalità; non in quanto costantemente controllati, ma in quanto potenzialmente controllabili in qualsiasi momento.

2. Be happy, be smart:
rimodellamenti urbani nella città del dominio

“Viaggiando ci s’accorge che le differenze si perdono:
ogni città va somigliando a tutte le città,
i luoghi si scambiano forma ordine distanze,
un pulviscolo informe invade i continenti.
[…] È inutile stabilire se Zenobia sia da classificare tra le città felici
o tra quelle infelici. Non è in queste due specie che ha senso dividere le città, ma in altre due: quelle che continuano attraverso gli anni
e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui
i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati.”
“Le Città Invisibili” – I. Calvino

2.1 Un esempio:
dalla Parigi barricadiera a quella dei gran boulevard
Un esempio emblematico di piano di sviluppo urbanistico dominante e totalizzante lo si ritrova nella riorganizzazione urbanistica di Parigi tra il 1852 e il 1870. Questo tipo di assetto fu preso come esempio ad hoc per la ricostruzione e l’ammodernamento di molte capitali europee, dalla fine dell’ottocento fino a dopo la seconda guerra mondiale, ed è ancora oggi oggetto di studio e modello esemplare della metropoli del controllo. In prima battuta lo Stato procedette ad espropriare i terreni interessati dai piani di rinnovamento. Poi demolì gli immobili presenti e costruì nuovi assi viari attrezzati (dotati cioè di acqua, gas, fognature). Per trovare il denaro necessario a queste operazioni si ricorse massicciamente a prestiti bancari e pubblici, da 50 a 80 milioni di Franchi l’anno. Lo Stato avrebbe poi recuperato il denaro ricevuto in prestito rivendendo i terreni urbanizzati in lotti separati a soggetti che avrebbero poi dovuto costruire nuovi immobili rispettando un pacchetto di regole precise. Questo sistema consentì di dedicare ogni anno ai lavori di urbanizzazione risorse economiche raddoppiate rispetto a quelle normali del budget municipale. dan-morin-parigi_invasa_dagli_operai_demolitori-copiaParigi invasa dagli operai demolitori
(LE MONDE ULLUSTRE 1860 N. 143)

Prima della riurbanizzazione, Parigi non rassomigliava molto a quella che conosciamo oggi, sembrava più una città medievale con vicoli stretti, abitazioni ammassate disordinatamente nel centro e vie buie, abitate perlopiù dalla classe lavoratrice e da sottoproletari. Le classi medie “rispettabili” erano terrorizzate dal centro della città, storicamente focolaio di rivolte popolari e sommosse contro le classi dominanti, dalla Rivoluzione del 1789 ai “più recenti” moti del 1848. Haussmann, regista di questa vera e propria ricostruzione, fece radere al suolo questa parte della città, sostituendola con i Grand boulevard: strade ampie con incroci ad angolo retto che facilitavano i movimenti di truppe e la rimozione di barricate. Haussmann stesso ebbe a dire: “Abbiamo sventrato la vecchia Parigi, il quartiere delle rivolte e delle barricate, e aperto pezzo a pezzo un’ampia breccia nell’intrico impenetrabile dei vicoli”.

paris1853_grandeParigi 1853

Parigi_sventra_grande_1876Parigi 1876
Gli operai vennero espulsi dal centro cittadino e spinti nei quartieri collinari, come Belleville e Montmartre, che sarebbero poi diventati le roccaforti della Comune. La costruzione della nuova rete di boulevards oltre ad avere, come citato sopra, una valenza di ordine pubblico – non va dimenticato, infatti, che Haussmann oltre ad essere un architetto e urbanista era in primo luogo un Prefetto di Polizia – ne aveva altre due: la prima, di tipo economico, consisteva nel favorire gli investimenti privati (spesso al limite della speculazione edilizia) mobilitando una gran massa di capitali e determinando un vigoroso e generalizzato rilancio economico dei settori edilizio e commerciale; la seconda valenza, di tipo sociale, era quella di costituire il nuovo salotto buono della Parigi borghese e imprenditoriale, desiderosa di proporsi come la vera e unica, Capitale morale e culturale d’Europa, ricca di teatri, musei, ristoranti e caffè alla moda.
In poche parole quella che oggi chiameremmo città vetrina.

2.2 Urbanistica
Citando l’esempio della Parigi ottocentesca abbiamo voluto dimostrare – qualora ce ne fosse bisogno – come urbanistica e Potere (o controllo della città, che dir si voglia) sono strettamente legati.
Nelle nostre città si respira un’aria diversa. L’ideologia dominante è riuscita a fare vedere nella guerra ai poveri l’unica via verso l’uscita dalla crisi, primo fondamentale passo della stretta securitaria cui stiamo assistendo. L’aspetto di questa deriva securitaria lo si riscontra non solo sul piano dei dispositivi di controllo e repressione, ma anche in un ridisegnamento del paesaggio urbano. Questo tipo di mutamento foraggia non solo le esigenze di controllo del Potere ma anche il profitto e la speculazione sia di amministrazioni comunali sia di imprenditori edili. Lo scopo di questa nuova pianificazione urbana è quindi quello di dividere ed atomizzare sempre di più gli individui, smistarli, filtrarli e canalizzarli.
Al vecchio modello di “città fortezza” si va sempre più affermando un nuovo metodo architettonico di “gestione dei flussi dell’uomo/merce” in modo da eliminare ogni possibile rischio di attrito sociale e umano. Per scongiurare questi possibili attriti la gestione urbana si prodiga sempre più nel garantire un flusso continuativo per le sue strade: da una parte progetta la limitazione – se non l’annullamento – di luoghi “riparati e angusti” quali vicoli, portici e strettoie in quanto favorevoli all’elusione del controllo, dall’altra limita gli incroci e progetta strade sempre più grandi dove possibili scenari di scontro e sommossa sarebbero più problematici. Dal punto di vista dell’urbanistica, rilevanti sono quei piccoli provvedimenti presi per disincentivare alcuni comportamenti e alcuni modi di vivere nella città. Ci riferiamo ai dissuasori sonori installati nelle stazioni, oppure l’evoluzione di un oggetto comune come la panchina, resa sempre più scomoda e piccola – fino alle panchine monoposto installate a Varese – per impedire che a qualcuno venga in mente di dormirci.

2.3 Bonifica della povertà:
economia e popolazione durante la gentrificazione

“E Marisa disse:
«Hai trovato diverso il Quartiere. Ma la gente c’è ancora tutta, lo sai.
Si è ammassata nelle case rimaste in piedi
come se si fosse voluta barricare.

Quei pochi che sono andati ad abitare alla periferia,
dove c’è l’aria aperta e il sole,
nel Quartiere li considerano quasi dei disertori».
«Infatti» le risposi.
«Anche l’aria e il sole sono cose da conquistare dietro le barricate.»”
“Il Quartiere” – V. Pratolini

Il conflitto sociale però non è qualcosa di così prevedibile e così gestibile, e il crescente impoverimento della popolazione non lascia dormir sonni tranquilli ad urbanisti e governanti.
I problemi, cioè la povertà e il disagio sociale, devono essere nascosti sotto il tappeto, come la polvere. A questo serve la gentrificazione: una sostituzione programmata e studiata della popolazione abitante un certo quartiere, una certa porzione di città. Altrimenti il gioco si incepperebbe in partenza: affitti più costosi necessitano di stipendi più abbondanti, quindi di lavori più remunerativi e di negozi all’altezza. Chi può spendere 20 euro due volte alla settimana dal barbiere? Non in molti. Allora è necessario che al barbiere hipster all’ultimo grido si accompagni la palazzina nuova abitata da giovani benestanti e col portafoglio gonfio.
Salta all’occhio la trasformazione, già compiuta, del cittadino come cliente. Ancora una volta per rendere meglio il processo in atto prendiamo ad archetipo la trasformazione avvenuta, e in corso, negli stadi italiani. Dallo stadio come spazio sociale – pur con tutte le sue contraddizioni – degli anni 70, 80 e 90, con capienze sempre maggiori per accogliere la sempre maggiore partecipazione nei diversi strati della popolazione e con prezzi quindi tendenzialmente adeguati alle differenze di classe, allo stadio come spazio di consumo e di profitto, dove a interessare sono i conti a fine partita e a fine anno. Non importa più rendere lo stadio accessibile a tutti. Infatti nei nuovi stadi – come lo Juventus Stadium – si riducono i posti a sedere e si punta tutto sul selezionare il tipo di spettatore. Con uno stadio più piccolo si potranno alzare agevolmente i prezzi dei biglietti, senza perdere in fattore di profitto. Si cerca di sostituire il tifoso classico con un tifoso-cliente. Per questo, nei nuovi stadi, centrali diventano tutte le attività ludico-consumistiche annesse alla partita, per trasformare l’evento in un momento monetizzabile al massimo.
Si sente parlare di riqualificazione, quasi a dare a questo progetto urbanistico e politico una valenza neutra, non di parte. Ma dietro a queste trasformazioni di quartieri e fette di città, la realtà è ben diversa: sotto questa progettualità smart, accattivante, veloce e moderna, le varie amministrazioni smantellano, mutano e sgomberano porzioni di città, svendendole a capitali privati.
Come negli stadi, tramite piccole trasformazioni strutturali, sono riusciti ad ottenere in maniera piuttosto indolore la trasformazione del tifoso in tifoso-cliente, così con la gentrificazione, e tutti i decreti legge correlati alla gestione e al controllo della città, cercano di trasformare il cittadino in cliente.

2.4 Repressione? Rompere la gabbia

“L’uso della libertà minaccia da tutte le parti i poteri tradizionali,
le autorità costituite… L’uso della libertà, che tende a fare
di qualsiasi cittadino un giudice, che ci impedisce di espletare liberamente
le nostre sacrosante funzioni.
Noi siamo a guardia della legge che vogliamo immutabile, scolpita nel tempo. Il popolo è minorenne, la città è malata;
ad altri spetta il compito di curare e di educare, a noi il dovere di reprimere! La repressione è il nostro vaccino!
Repressione è civiltà!”
“Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto”

Per rendere accattivanti a questi capitali certe zone, è necessaria, parallelamente al processo urbanistico, una vera e propria bonifica della povertà. La guerra ai poveri è in atto ogni giorno ed è straordinario il lavoro ideologico che la sottende, perché sono pochissimi gli occhi che la riconoscono. Ma anche questi pochi occhi sono un ostacolo alla trasformazione della città e quindi, insieme ai poveri, gli altri banditi (cioè messi al bando) sono coloro che si ostinano a lottare contro tutto ciò. Non a caso, al procedere dell’urbanistica e della bonifica della povertà, si accompagna anche un innalzamento della repressione per allontanare le presenze conflittuali, viste come fiammiferi in una polveriera.
Interessante a riguardo l’indirizzo degli ultimi provvedimenti in materia di repressione. Il decreto Minniti affila alcune delle armi più usate contro i conflitti sociali: foglio di via e sorveglianza speciale. In aggiunta regala ai sindaci il cosiddetto daspo urbano, con cui si potranno allontanare gli indesiderati senza le lungaggini e gli intoppi dell’iter burocratico del foglio di via.
Nel legiferare sul foglio di via salta all’occhio che viene resa più severa l’eventuale violazione – pratica diffusa per quanto riguarda il foglio di via, che ne ha disinnescato il potere repressivo. Non a caso; infatti il foglio di via – così come il suo fratello comunemente noto come daspo urbano – è la misura di allontanamento poliziesco per eccellenza. Senza condanna, solo sulla base di un pregiudizio poliziesco, una persona può essere allontanata da una zona. È evidente come in zone di riqualificazione, o di conflittualità manifesta, questo sia uno strumento chiave per il Potere, capace – se reso efficace – di allontanare le presenze scomode.
Il loro obiettivo? Creare zone bonificate da povertà e conflittualità.
Eppure, malgrado urbanistica securitaria e controllo poliziesco sempre più pervasivo, la rabbia continua ad esplodere. Il nuovo millennio è costellato di rivolte, da Ferguson a Tottenham, da Parigi a Baltimora. Protagonisti di questi tumulti sono i giovani abitanti dei quartieri periferici.
“Lungi dall’essere il residuo marginale di un sottoproletariato in via di sparizione, la racaille è l’estremo prodotto dell’alienazione urbana, tanto da divenire paradigma di una situazione sociale in costante aumento. Al contrario dei blousons noirs degli anni’60, figli degli operai della grande fabbrica fordista interna alla città, questi nuovi soggetti urbani non hanno alcun senso di appartenenza nei confronti del loro quartiere e del loro spazio di vita. Prodotto della dislocazione e dell’esclusione sociale, i racailleux vivono il proprio quartiere come i detenuti la propria cella.”
Alleanze ingovernabili contro lo stato di emergenza e il potere neocoloniale in Francia – Effimera

 

“Parallelamente al Capitale, chi si organizza per attaccarlo, o semplicemente per sopravvivergli, trova anch’esso le proprie geografie. Case occupate, strade discrete, vicini solidali, rifugi estemporanei e complicità sovversive.
Erigere un confine significa tagliare queste rotte, frapporsi tra l’individuo e il suo mondo ponendone delle condizioni di accesso.
Se sei produttivo e lavori sotto salario, se hai una residenza rintracciabile, se la liceità dei tuoi interessi è comprovata ti è concesso rimanere, fino a nuovo ordine.
La legalità dell’abitare è sottomessa al suo essere economia, nell’accezione più ampia del termine.
In una città dove ci sono più alberghi che case rivendichiamo il nostro abitare illegalmente, la possibilità di vivere ovunque si trovino dei validi motivi per farlo.
Rivendichiamo l’improduttività economica delle nostre vite, tutti i nostri illeciti interessi, la criminalità dei nostri affetti, la pericolosità di pensare di poter fare a meno di prigioni e carcerieri.”
“Sul Momento” – Il Pipandro

MERDA CHE È VENUTA A GALLA

Abbiamo parlato qualche giorno fa del Decreto Minniti sulla sicurezza, comunemente noto per il Daspo Urbano. Proprio dalle nostre parti, a Gallarate, abbiamo il sindaco più entusiasta di tale normativa. Si tratta di Andrea Cassani, sindaco leghista di Gallarate. In un solo mese già nove persone sono state sanzionate e tra queste, sette sono state allontanate dalla stazione ferroviaria, dove consumavano alcolici e, secondo la polizia locale, davano fastidio al normale transito dei pendolari. Due stranieri sono stati invece fermati mentre vendevano accendini in un centro commerciale. Un’arma in più nelle mani dei sindaci, ma il sindaco di Gallarate non si accontenta, vorrebbe di più: «Il decreto non è per nulla di destra — osserva Cassani —. Si presenta come molto severo e va nella direzione giusta, ma poi spunta le armi di noi sindaci quando dice, ad esempio, che queste ordinanza possono essere solo temporanee. Inoltre, io avrei preferito che si dicesse chiaramente che i sindaci possono espellere dal territorio comunale anche i mendicanti, cosa che non è chiaramente indicata. Infine — conclude il primo cittadino — e questo lo dicono tutti i sindaci, non ci sono poteri concreti per sanzionare davvero chi è recidivo e non obbedisce al divieto di tornare alla stazione».
Ordine, decoro e disciplina. Altrimenti olio di ricino.