Il Manifesto
Raccolta articoli
 
LA QUINTA INTERNAZIONALE
di Luigi Pintor
da Il Manifesto del 17.02.00


Già questa formulazione statal-ministerial-telematica ("pacchetto sicurezza") è disgustosa. Sa di supermercato. Pretende di confezionare cose serie che riguardano la vita pubblica come un prodotto scaduto da sponsorizzare.

Questo giornale ha già scritto e spiegato bene come il senso di insicurezza che circola abbia cause un po' diverse dallo 0,24 per cento dei detenuti recidivi e come questa psicosi sia alimentata ad arte. Per distrarre la pubblica opinione da altre faccende ci vuole sempre un bersaglio: gli ebrei sono storicamente quello preferito, poi vengono i negri o simili, quindi i delinquenti lombrosiani (omosessuali per il papa romano).

Ma non è di questo che voglio parlare né di come l'attuale governo indulge a questa incultura. Anche a me, in sintonia con la copertina e i commenti del giornale di ieri, pacchetto sicurezza fa subito pensare ai morti quotidiani sul lavoro e sulle strade. Nell'ultimo incidente in Sicilia questi due generi di omicidi bianchi hanno coinciso. Quattro bare tra lamiere distorte e una scarpa dimenticata sul selciato.

Nessun pacchetto da parte dei ministri competenti. Noi abbiamo sospeso e disatteso la normativa europea per la sicurezza sul lavoro come facciamo ora per il bergamotto calabrese. Quanto al traffico, ho letto che sarà innalzato il limite di velocità per non perdere alle elezioni regionali i voti di Schumacher e degli inquinatori per vocazione.

Mi viene spontaneo rivolgere una domanda ai presentatori televisivi, per quanto incolpevoli. Come fanno? Come fanno a recitare impassibili qualsiasi copione? Perché dicono pacchetto sicurezza? Perché subiscono una gerarchia delle notizie che sperabilmente non corrisponde alla loro educazione civica e sensibilità giornalistica? Certo il loro ruolo non gli permette di parteggiare in nessun senso, ma tra la partigianeria e la robotica dovrebbe esserci una differenza, come tra la professionalità e l'alienazione.

Suppongo che il loro lavoro sia gratificante perché ne ricavano un'immagine pubblica e una remunerazione adeguata. Ma dovrebbero pretendere un'indennità speciale, quella che gli operai di linea non hanno mai ottenuto. Oppure pretendere di aver voce in capitolo, come accadde nel vilipeso '68 in alcune redazioni della carta stampata. Si chiamava contestazione del ruolo.

Dico seriamente che, siccome la centralità operaia ha ceduto il posto alla centralità informatica, telematica, elettronica e cibernetica, forse dovremmo prendere esempio dagli hacker e applicare a questa materialità immateriale le intelligenze che abbiamo dedicato per un secolo allo studio della dialettica hegeliana. Forse i nuovi Bettini del sistema dominante, manipolatore dei nostri cervelli, stanno acquattati tra i due miliardi di utenti televisivi.

Mi piacerebbe una quinta Internazionale di hacker, una giovane generazione di eversori (incruenti) dell'ordine costituito, che invadano però non solo internet ma tutto il cyberspazio e la noopolitik. Un telemarxismo che attacca e sconcerta l'avversario sul suo terreno. Non è bello che Clinton debba stornare due miliardi di dollari dal bilancio della cyberwar per fronteggiare i pirati invisibili dei mari virtuali? Non sarebbe bello oscurare il ministro Bianco su un telegiornale? Ecco un campo d'azione sterminato, fantasioso e beffardo, per le nuove generazioni che si annoiano.

TOP