Quattro, cinque "assalti", quarantotto ore di confusione - ma cosa
è successo? -, dichiarazioni allarmate di Bill Clinton e Internet
è diventata la protagonista dei servizi di giornali e televisioni
di tutto il mondo. I mass-media, in sintonia con quanto
sostengono governi e imprese on-line, chiedono allarmati misure
drastiche per garantirne la sicurezza, mentre in molte
mailing list, invece, e per fortuna, la discussione è
ancora aperta. Giustamente, il popolo della rete si inalbera
quando sente parlare di "lacci e lacciuoli" e respinge la
prospettiva di una regolamentazione restrittiva della
comunicazione on-line. Rimane inevasa la risposta su chi, gruppo
o singolo, ha lanciato gli "attacchi", mentre è rimossa la
domanda sul perché sono stati colpiti di siti che,
simbolicamente rappresentano l'idea stessa di commercio
elettronico.
Insomma, in questo affaire del blocco temporaneo di
alcuni siti di Internet sono più le domande che le risposte a
tenere banco. E attorno ai quesiti inevasi le parole e i
ragionamenti più stravaganti corrono liberi da persona a persona,
alimentandosi in un gorgo infernale di pruderie
mercantile, panico, stupore, incredulità e malcelata ammirazione
per chi ha compiuto le "azioni". Difficile, quindi, districarsi
tra la selva di parole spese su quanto è accaduto, né si può
rispondere con il buon senso a chi riduce gli attacchi a gesti
criminali o terroristici: sarebbe come offrire l'altra guancia a
chi ti schiaffeggia. Conviene allora rispondere colpo su colpo. A
chi denuncia la fragilità di Internet, va semplicemente ricordato
che la madre di tutte le reti è stata progettata e si è
sviluppata secondo una strategia militare volta a minimizzare gli
effetti di attacco nucleare contro gli Stati uniti, che poteva sì
distruggere alcuni nodi della rete telematica, ma non annullarne
le capacità comunicativa. Erano ovviamente altri tempi - anni
cioè di guerra fredda - ma l'idea di una flessibilità della rete
ha continuato a qualificare le linee di sviluppo di Internet
anche quando l'Urss è scomparsa. In altri termini, il Web è
ontologicamente fragile, ma strutturalmente flessibile, perché è
stata progettato per resistere a continui attacchi. Non è un caso
che durante le azioni di "disturbo" il rallentamento del
"traffico" è stato percepito dagli utenti come un fatto di
routine. Chi richiede il "rafforzamento" strutturale del Web
pensa probabilmente alla sicurezza, ma come effetto indiretto
potrà avere un potenziamento delle linee di comunicazione. Un
fatto positivo per carità - Internet è diventata, come chiunque
frequenti il cyberspazio sa, lenta - ma che non ha nulla a che
fare cone gli assalti dei giorni scorsi. Più preoccupante è
semmai la prospettiva che tutto sarà ricondotto al problema di
come "ripristinare l'ordine".
Ma in questi giorni l'indice è stato puntato anche contro l'altro
involontario protagonista: gli hacker, cioè i pirati informatici.
Su questa confusione di espressioni - hacker e pirati informatici
- va fatta ovviamente chiarezza, perché il primo termine indica
una particolare attitudine nel rapporto con la tecnologia,
riassumibile nella formula: il computer è una scatola nera il cui
contenuto e la spiegazione del suo funzionamento vanno resi
pubblici e accessibili a tutti. I pirati informatici è
l'espressione, invece, in voga nei mass-media per indicare
incursioni in banche dati che ne segnalano la vulnerabilità per
fini di lucro o per dimostrare la propria capacità tecnica. Chi
scrive non è mai stato un hacker, ma ha sempre apprezzato il
ruolo svelatore delle loro azioni sulla pervasività delle
tecnologie digitali nella vita sociale. E tuttavia è stravagante
che proprio in rete molti degli storici difensori dell'"etica
hacker" prendano oggi le distanze da chi ha compiuto le azioni
nei giorni scorsi, quasi a siglare la distinzione tra i buoni -
quelli che hanno compiuto e compiono hacking mossi da
principì e valori positivi - e i cattivi, quelli cioè che si
divertono solo a creare una situazione di "panico". Una
distinzione fuorviante che nega le trasformazioni che hanno
attraversato e attraversano Internet. La madre di tutte le reti è
già un supermercato dove si vende tutto grazie proprio al
fatto che il Web è stata ed è anche un insieme di libere comunità
elettive. Chi ha colpito i siti di Amazon, Zdnet, Cnn, eBuy ha
semplicemente colpito i simboli del commercio elettronico.
Difficile dire se chi ha compiuto l'azione fosse consapevole o
meno della posta in gioco. O se lo ha fatto come mezzo sleale di
concorrenza, come alcuni opinion leaders, ma anche
diversi hacker affermano. E non è neanche interessante
stabilirlo: le azioni ci sono state state e hanno posto
all'attenzione generale proprio la trasformazione di Internet in
un grande, per quanto virtuale ipermercato.
Per questo sono state azioni di successo, che hanno costretto
Bill Clinton a chiedere un incontro del G8 sulla "sicurezza
informatica", a far uscire allo scoperto le imprese che
pretendono di fare affari senza che nessuno le contrasti, nonché
a spendere fiumi di inchiostro per denunciare i pericoli per lo
sviluppo della New Economy derivanti dall'insicurezza
della rete. Queste sono le argomentazioni più difficili da
contrastare, perché nascono da un milieu ideologico sul
mercato come unico regolatore della vita sociale a cui si unisce
uno stile argomentativo molto politically correct. Non si
chiede infatti la limitazione della comunicazione in rete, ma la
sua riconduzione a un ordine del discorso compatibile con le
leggi dell'economia. Inoltre, non si chiede la limitazione
dell'accesso alla rete, perché questo limiterebbe lo sviluppo
della new Economy, né si teorizza l'istituzione di un
organismo di controllo sovranazionale, perché questo sarebbe
considerato una ingerenza inaccetabile nella transazioni
economiche on-line. Piuttosto si chiede che tutto diventi
trasparente e che la censura intervenga qualora qualcuno - gruppo
o singolo - mini una weltanschauung definita da un
principio di maggioranza. Una visione del mondo che enfatizza,
tra le altre cose, la pluralità delle forme di vita e il loro
agire comunicativo, in quanto linfa vitale per la produzione
della ricchezza, ma guai che ne contesti il modo di produzione
che ne è alla base.
Le azioni dei giorni scorsi hanno questa posta in gioco e non è
detto che il risultato finale sia scontato. La rivolta contro il
meeting del Wto a Seattle è iniziata molto tempo prima con le
mail bombing contro le istituzioni e le imprese coinvolte
nell'economia globale. L'"accesso negato" ai siti del commercio
elettronico avrà avuto motivazioni ludiche o la vanità di chi
vuol dimostrare di essere un abile "smanettatore", ma l'effetto
delle sue azioni è da considerare all'interno del conflitto tra
chi vuol ricondurre alla ragione economica Internet e chi
contrasta questa tendenza. La partita è cominciata, basta
giocarla bene attrezzati.