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Rodotà: "Regole e diritti in Internet"
LA BILANCIA

di Daria Lucca
da Il Manifesto del 13.02.00


C'era una volta una meravigliosa favola virtuale dove ogni passante era un re, perché in quel territorio poteva fare quello che voleva: cercare, informarsi, scoprire, comunicare. C'era una volta un'autostrada virtuale dove ogni veicolo poteva raggiungere le destinazioni più impensate. La parola d'ordine, nella favola e sull'autostrada, era libertà. Liberi di navigare, di incontrare, di trovare. Dove sia finita tutta quella libertà è una domanda che oggi si dovrebbero porre coloro che usano Internet non per fare affari, non per aumentare il patrimonio personale, non per trovare lavori più o meno remunerativi.

Di sicuro se la pone Stefano Rodotà, garante della privacy, dopo la tempesta mediatica scatenata dagli attacchi "corsari" alle multinazionali della riorganizzazione internettiana: "Sono rimasto colpito dalla semplicità con cui certi commenti di stampa italiana, ripresi da quelle americana, hanno sentenziato una sorta di sviluppo lineare tra i fatti di questi giorni e le manifestazioni di Seattle, desumendo peraltro senza alcuna prova che gli attacchi pirati sarebbero una protesta contro la globalizzazione". Operazione intellettualmente impropria "quantomeno per la differenza di metodi e di mezzi impiegati nelle due situazioni, laddove per organizzare gli eventi di Seattle furono utilizzati strumenti del tutto legittimi come lo scambio di opinioni in rete". Vero: c'è una certa differenza se impiego un coltello per tagliare una bistecca oppure per uccidere una persona. "Chi associa i due tipi di fatti, tende a delegittimare ogni forma di protesta".

E a criminalizzare ogni comportamento fuori del coro. Ad esempio, spiega il garante, perseguire la pedofilia che corre sul filo non deve diventare anche persecuzione verso la pornografia: "La corte suprema degli Stati Uniti, con una sentenza del 1997, ha dichiarata anticostituzionale la norma antipornografia voluta per Internet, giudicandola in contrasto con il primo emendamento, la libertà di manifestazione del pensiero".

Non è tutto. "Prendere a pretesto i fatti di questi giorni vuol dire anche evitare gli evidenti problemi di sicurezza che invece andrebbero riconsiderati". E che forse non erano stati valutati a sufficienza.

Ancora: "Non sfugge a nessuno che oggi l'aspetto più importante della rete è il commercio. Internet è diventata una specie di supermercato dove nulla deve distogliere dall'acquisto, dove si vieta ogni atteggiamento non conformista e dove si è ridotto il cittadino a consumatore". Fermiamoci qui, per una domanda: il diritto può venire in soccorso e offrire aiuto a chi usa la rete in modo diverso? "C'è una tesi estrema secondo cui Internet non può essere contaminata da nessuna regola. Secondo me, questa linea rischia di trasformarsi in un boomerang". E allora? "Ci vogliono regole minime sia per la sicurezza fisica che per impedire la creazione di paletti". Facciamo un esempio. "L'anonimato, grande cavallo di battaglia. Può essere indispensabile per un dissidente serbo o ceceno, ma può essere anche lo strumento che permette atti di aggressività, basti pensare a un sito che insulta o offende altre persone. Dunque esiste un conflitto tra due differenti diritti alla privacy e una possibile soluzione è il cosiddetto anonimato protetto: il mio provider ha il mio nome ma gli è fatto divieto di consegnarlo a chiunque non sia autorizzato da un'autorità giudiziaria". Quanto allo sfruttamento commerciale della rete, "lo scorso anno l'e-commerce in Usa è cresciuto, ma è diminuita la spesa procapite, perché gli americani sono preoccupati dell'uso dei dati personali in rete".

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