C'era una volta una meravigliosa favola virtuale dove ogni
passante era un re, perché in quel territorio poteva fare quello
che voleva: cercare, informarsi, scoprire, comunicare. C'era una
volta un'autostrada virtuale dove ogni veicolo poteva raggiungere
le destinazioni più impensate. La parola d'ordine, nella favola e
sull'autostrada, era libertà. Liberi di navigare, di incontrare,
di trovare. Dove sia finita tutta quella libertà è una domanda
che oggi si dovrebbero porre coloro che usano Internet non per
fare affari, non per aumentare il patrimonio personale, non per
trovare lavori più o meno remunerativi.
Di sicuro se la pone Stefano Rodotà, garante della privacy, dopo
la tempesta mediatica scatenata dagli attacchi "corsari" alle
multinazionali della riorganizzazione internettiana: "Sono
rimasto colpito dalla semplicità con cui certi commenti di stampa
italiana, ripresi da quelle americana, hanno sentenziato una
sorta di sviluppo lineare tra i fatti di questi giorni e le
manifestazioni di Seattle, desumendo peraltro senza alcuna prova
che gli attacchi pirati sarebbero una protesta contro la
globalizzazione". Operazione intellettualmente impropria
"quantomeno per la differenza di metodi e di mezzi impiegati
nelle due situazioni, laddove per organizzare gli eventi di
Seattle furono utilizzati strumenti del tutto legittimi come lo
scambio di opinioni in rete". Vero: c'è una certa differenza se
impiego un coltello per tagliare una bistecca oppure per uccidere
una persona. "Chi associa i due tipi di fatti, tende a
delegittimare ogni forma di protesta".
E a criminalizzare ogni comportamento fuori del coro. Ad esempio,
spiega il garante, perseguire la pedofilia che corre sul filo non
deve diventare anche persecuzione verso la pornografia: "La corte
suprema degli Stati Uniti, con una sentenza del 1997, ha
dichiarata anticostituzionale la norma antipornografia voluta per
Internet, giudicandola in contrasto con il primo emendamento, la
libertà di manifestazione del pensiero".
Non è tutto. "Prendere a pretesto i fatti di questi giorni vuol
dire anche evitare gli evidenti problemi di sicurezza che invece
andrebbero riconsiderati". E che forse non erano stati valutati a
sufficienza.
Ancora: "Non sfugge a nessuno che oggi l'aspetto più importante
della rete è il commercio. Internet è diventata una specie di
supermercato dove nulla deve distogliere dall'acquisto, dove si
vieta ogni atteggiamento non conformista e dove si è ridotto il
cittadino a consumatore". Fermiamoci qui, per una domanda: il
diritto può venire in soccorso e offrire aiuto a chi usa la rete
in modo diverso? "C'è una tesi estrema secondo cui Internet non
può essere contaminata da nessuna regola. Secondo me, questa
linea rischia di trasformarsi in un boomerang". E allora? "Ci
vogliono regole minime sia per la sicurezza fisica che per
impedire la creazione di paletti". Facciamo un esempio.
"L'anonimato, grande cavallo di battaglia. Può essere
indispensabile per un dissidente serbo o ceceno, ma può essere
anche lo strumento che permette atti di aggressività, basti
pensare a un sito che insulta o offende altre persone. Dunque
esiste un conflitto tra due differenti diritti alla privacy e una
possibile soluzione è il cosiddetto anonimato protetto: il mio
provider ha il mio nome ma gli è fatto divieto di consegnarlo a
chiunque non sia autorizzato da un'autorità giudiziaria". Quanto
allo sfruttamento commerciale della rete, "lo scorso anno
l'e-commerce in Usa è cresciuto, ma è diminuita la spesa
procapite, perché gli americani sono preoccupati dell'uso dei
dati personali in rete".