Il Corriere della Sera
Raccolta articoli
 
De Crescenzo: sono soltanto drogati di «e-mal», la malattia elettronica
di Luciano De Crescenzo
da Il Corriere della Sera del 11.02.00


Un computer può essere una droga? Lo può diventare e vediamo perché. All'inizio sembra solo un divertimento: usarlo non è difficile, in particolare modo se lo si adopera al posto di una comune macchina da scrivere. Poi, si sa, l'appetito vien mangiando, e si finisce con l'usarlo sempre, mattina e sera. Anche un bigliettino di auguri natalizi, prima lo si batte al computer, poi lo si stampa e poi lo si spedisce. E così, prima o poi, si arriva a Internet. Provare per credere. Ma che nome dare a questa malattia del nuovo millennio? Io proporrei «e-mal», malattia elettronica, al posto di «e-mail» che vuol dire «posta elettronica».
Per uno scrittore il computer è addirittura indispensabile. Chi, come il sottoscritto, arriva alla sua pagina ideale solo dopo averne buttate giù una ventina, non può proprio farne a meno. «Lui», il computer, per ogni correzione, anche la più insignificante, riordina il testo e consente tutta una serie di operazioni, quali il «taglia» e «incolla», che la macchina da scrivere dei nostri antenati rendeva faticoso se non addirittura impossibile. Oggi si può lavorare su un testo più o meno come se si trattasse di un filmato. Si possono tagliare interi periodi e provare a rimontarli altrove. Certo è che è anche pericoloso. Se non si «salva» ogni dieci righe quello che si è scritto si corre il rischio di vederselo sparire sotto gli occhi in un battibaleno. Che so io, una mancanza improvvisa di corrente, o un «elimina» pigiato per errore, sono più che sufficienti per fare evaporare tutto quello che un disgraziato ha scritto fino a quel momento.
E passiamo agli hacker. Chi sono? Che vogliono? Perché fanno i pirati? Risposta: sono drogati elettronici all'ultimo stadio. Hanno scoperto di esistere ogni volta che riescono a introdursi in un sito altrui e, in particolare, nel sito di un maxi-utente Internet. Più le loro incursioni sono devastanti e più hanno dei veri e propri orgasmi. Inviare un qualsiasi messaggio, che a sua volta ne innesca due, che a loro volta ne innescano quattro, e che, così raddoppiandosi, finiscono col diventare un miliardo di messaggi nel giro di pochi minuti, è per un hacker il massimo dei traguardi. Immagino che si riuniscano tra loro e che nel buio di un sottoscala si dicano: «Ieri, con il mio www.hackernews.com, ho fatto fuori Amazon». «E io - ribatte un altro hacker - ho inviato un miliardo e duecento milioni di messaggi, con su scritto "arrivederci a presto", a Yahoo!. Sono stati costretti a chiudere». In pratica sono dei cecchini che sparano nascosti dietro i loro computer, sicuri che nessuno li potrà mai scovare. Ancora per poco, spero io. E già, perché, in quanto utente Internet, sono un po' spaventato dalle notizie che giungono dagli Stati Uniti. Per il momento, grazie a Dio, non sono ancora così importante da poter diventare un bersaglio appetibile dagli hacker, ma, se è vero che tutto il futuro dell'editoria verrà gestito da Internet, una qualche preoccupazione non posso non averla.
Oggi, chiunque, attraverso Internet, può vendere quello che vuole, saltando a piè pari il diritto di autore o impedendo a chi di dovere di vendere i suoi prodotti. Io, nel frattempo, invio questo mio commento via e-mail al «Corriere della Sera» nella speranza che, hacker permettendo, giunga così come l'ho scritto.



TOP