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- Pirati informatici, rischio in Rete
Rafforzati i controlli:
Milano è la città con la maggior concentrazione di computer
L’allarme lanciato dopo l’assalto al sito Internet
«Yahoo!» indica il capoluogo lombardo tra i punti
vulnerabili. I gruppi giovanili alternativi hanno già
utilizzato i nuovi sistemi per proteste e appelli di Gian Guido Vecchi
da Il Corriere della Sera del 15.02.00
MILANO — Per dare l'assalto a Yahoo!, bloccare tre ore la
più celebre via d’accesso a Internet (in gergo si chiama
«portale») e mettere in
fibrillazione le Borse del pianeta hanno usato un programma
che si chiama "smurf". Niente di favoloso o esoterico:
qualunque ragazzino che abbia un computer collegato a un
telefono può farsene un'idea, magari gironzolando in Rete
nel sito www.quadrunner.com/chuegen/smurf.txt. Centinaia di
navigatori che stanno a Milano e sognano la Los Angeles di
Blade Runner non ti spiegano altro, nelle chat-line
dispiegate lungo i reticoli logici del cyberspazio.
Altro che hacker. Per una volta cybernauti e poliziotti
sono d’accordo: «Hackerare significa superare le difese del
sistema, penetrare nelle banche dati. Questi hanno
semplicemente bombardato di messaggi il sistema, finché il
sistema non ce l’ha fatta più», riassume il questore Pino
Messa, direttore del servizio di polizia postale che fra
gli altri comprende i cyber-poliziotti incaricati di
stanare hacker e pirati informatici. Solo a Milano si
contano una trentina di agenti («ottima squadra, gente di
venti o trent’anni che in alcuni casi viene adoperata anche
fuori regione»), perché è Milano la città più a rischio
(autentico) in Italia. Tutti sono in Rete: aziende, banche,
istituzioni, le sette università, e una quantità di
personal computer senza eguali, in un Paese altrimenti
arretrato: 55 mila milanesi, 39 mila uomini e 16 mila
donne, sono collegati ad Internet; a conti fatti il 35%
delle famiglie possiede un personal computer, quantità
inferiore agli Usa (45%) ma più alta della media nazionale
(25%)e soprattutto del Regno Unito (30), della Germania
(30), della Francia (25) e del Giappone (20). Il
collegamento alla Rete (ma i dati sono fermi al 1999) è
appannaggio dell’8,6 per cento dei milanesi. Che lo usano
per lavoro (35,5%) e studio (34,2%) prima ancora che per
gioco (23,4) o altro. Più sono giovani e più sono svegli:
il 58,9 per cento delle famiglie con figli in età scolare,
difatti, ha in casa un computer (la media nazionale arriva
al 37,9). Così, almeno, dicono i dati del Comune e del
consorzio «Milano per la Multimedialità», nato nel ’95 fra
le aziende del settore. Del resto Milano è la città cablata
che progetta 901 chilometri di fibre ottiche scavati da
nove società nel giro di tre anni: 359 chilometri
completati nel 1999, 354 previsti quest'anno, altri 188 il
prossimo, a conti fatti 381,8 miliardi di investimenti. E
questo per arrivare al collegamento Internet «a banda
larga»: sempre più informazioni, sempre più veloci.
Perché adesso «La Rete è fragile», anzi «sta
collassando», ripetono gli appassionati. Che non stanno in
un luogo particolare: ci sono le università, certo, e i
centri sociali. Ma i veri luoghi d’incontro non hanno
confini municipali. Ci si trova in siti internazionali come
www.hackernews.com. Nelle Bbs storiche come la Decoder
della rivista omonima e della cooperativa editoriale Shake.
O ancora nella mailing list «cyber-rights», nel sito di
«Isole della Rete» (www.ecn.org). È qui che si dibatte
sugli ultimi episodi. Oscillando fra la tesi della protesta
e quella del complotto politico: «O è stato qualcuno
insofferente verso la calata del grande business e dei
grandi manipolatori dell'informazione (e avrebbe tutta la
mia simpatia), oppure qualcuno che ha studiato a tavolino i
presupposti per stringere la rete e garantire meglio gli
affari e l'informazione "ufficiale" in rete», scrive
Freefred. Per ora, comunque, la città si mostra
protetta: «Negli ultimi cinque mesi, in Italia, abbiamo
ricevuto una quindicina di denunce per hackeraggio. E
neanche una proveniva da Milano — rivela Alessio Distinto,
responsabile della divisione operativa della pizia postale
—. Si vede che c’è una buona protezione. Ma è meglio stare
sempre con gli occhi aperti...».
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