Back

Leoncavallo, 19 aprile 1998
Lavoro, Reddito, Stato Sociale
Intervento introduttivo all'attivo politico convocato per discutere sul tema del Reddito Universale di Cittadinanza


Il Gruppo di riflessione e intervento sul Lavoro e' nato dall'esigenza, da parte dell'Assemblea del centro sociale Leoncavallo e di alcuni compagni in particolare, di approfondire l'analisi delle trasformazioni sociali e politiche che regolano il rapporto tra capitale e lavoro, e di conseguenza la sfera complessiva della nostra esistenza all'interno del sistema di produzione capitalista, e di individuare dei primi momenti di intervento.

Le marce europee, le lotte dei disoccupati francesi, il dibattito ed il susseguirsi delle iniziative "sul lavoro" in tutto il Paese, dal circuito del "Manifesto" alla vicenda delle 35 ore, dalla Federazione 3RME del nord-est alla legge di iniziativa popolare ed al movimento delle tutine bianche a Roma, dal convegno in via De Amicis all'incontro di Bruxelles, le numerose iniziative di questi ultimi mesi hanno continuamente riproposto all'assemblea queste tematiche. Tutto questo accade perche' oggi diventano evidenti le conseguenze delle trasformazioni del sistema produttivo avvenute in questi ultimi vent'anni. Cio' che oggi viene genericamente chiamato neoliberismo si compone, nel concreto, dei risultati di queste trasformazioni.

Metter mano alle tematiche del "lavoro" comporta l'apertura di un fronte di dibattito e di intervento estremamente esteso e complesso, e il perseguimento di obiettivi che hanno caratteri sia immediati che di prospettiva.

La trasformazione

L'analisi elaborata dai movimenti nel corso degli anni '70 aveva gia' messo in evidenza la trasformazione dei meccanismi produttivi e sociali, allora solo tendenziale, oggi realizzata e diffusa. Tramonta, in quegli anni, il modello fordista, quello della grande fabbrica che tutto comprende dentro ed attorno a se' e con esso si avvia al declino anche il sistema dello stato sociale che lo aveva accompagnato. Questo mutamento avviene attraverso massicci processi ristrutturativi, in cui entrano in gioco il decentramento produttivo e la flessibilizzazione del lavoro, l'innovazione tecnologica portata dall'informatica, la presenza sempre piu' estesa della comunicazione all'interno dei processi produttivi e della societa'.

Alla realizzazione - lontano dall'essere conclusa - di questa trasformazione, lo scenario che si presenta ai nostri occhi e' quello di una forte disoccupazione strutturale anche nei paesi a capitalismo maturo. Ad ogni nuovo investimento corrisponde un aumento della produttivita' e una diminuzione dell'occupazione, grazie alla capacita' del progresso tecnologico di sostituire le macchine al lavoro umano, e grazie ai modelli organizzativi "leggeri" consentiti dal livello di sviluppo raggiunto dalle tecnologie della comunicazione.

A questo fenomeno di de-occupazione corrisponde - per chi un lavoro ce l'ha - una generale precarizzazione dei rapporti di lavoro, dove il concetto di flessibilita' e' esteso ai tempi e allo spazio di vita della forza lavoro. Le forme di rapporto di lavoro atipico sono sempre piu' numerose ed estese, e anche il lavoro dipendente tradizionale viene fortemente mutato da questo processo.

All'interno delle procedure produttive anche il lavoratore dipendente si trova ad agire come un lavoratore autonomo. La professionalita', i saperi, l'autonomia e le capacita' di relazione e di cooperazione richieste sono sempre piu' elevate.

Sono in forte aumento i contratti di lavoro a tempo determinato, e quindi fortemente ricattabile ed intermittente, e quello part-time, cioe' a basso reddito. Si estendono progressivamente anche le flessibilita' negli orari e nelle mansioni, la richiesta di disponibilita' del lavoratore a fare qualunque cosa ed in ogni momento.

Il capitale ha imparato a mettere a valore, a trasformare in ricchezza per se', ogni luogo ed ogni momento della nostra vita. Oggi ogni momento della nostra esistenza e' sottoposto alle ferree leggi del mercato, della produzione e del consumo. L'intera societa' e' stata ormai messa al lavoro. Eppure oggi il tempo non e' piu' la misura del lavoro e del suo valore. La merce e' il risultato dell'intero sistema sociale di produzione.

L'opzione radicale

Il Reddito di Cittadinanza in se' e' solo il momento in cui il discorso politico precipita in qualcosa di concreto ed immediato. In questo potrebbe essere un normale intervento di welfare di impostazione socialdemocratica, all'interno di una visione avanzata della pianificazione sociale capitalista. L'ipotesi politica complessiva che stiamo costruendo e' di altra natura. Non si riduce ad un mero aggiornamento dell'opzione socialdemocratica, ma guarda alla costruzione di un'opzione politica radicale. Tutti noi oggi siamo costretti a vivere in una societa' di cui ogni elemento ed ogni movenza e' sottoposta al dominio ed all'espropriazione del capitale. E sempre piu' questo meccanismo e questo potere si presentano di fronte a noi come forza estranea, come nemico. Qui si pone la questione del Rifiuto del Lavoro. E' il rifiuto di lavorare per questo modello di societa', la rivendicazione del tempo e del reddito necessari a liberare la possibilita' di costruire una societa' altra. Reddito di Cittadinanza come utile strumento nella pratica del Rifiuto del Lavoro, in una prospettiva di autonomia dallo sviluppo capitalistico. Punto di partenza non piu' solo per l'antagonismo, ma anche per la sua organizzazione.

Nel concreto, subito

Reddito, tempo, diritti, qualita' della vita, sono il minimo comune denominatore delle molte forme in cui il lavoro e i soggetti del lavoro si sono frammentati.

Quando parliamo di Reddito di Cittadinanza pensiamo in primo luogo alla sua utilita' immediata, di tutela delle fasce povere della societa' e, piu' in generale, di tutte le persone prive di reddito ma con uguali bisogni (per esempio gli studenti). Pensiamo ad un meccanismo fatto di reddito diretto ed indiretto, sotto forma di servizi e altre tutele (vedi il diritto alla casa), che possa essere di garanzia universale per tutti gli individui a prescindere dalla forma in cui si presenta la loro attivita' nella societa'. Il lavoratore autonomo, precario, intermittente, trova nel Reddito di Cittadinanza una tutela rispetto ai periodi di inattivita'. Come il lavoratore autonomo, anche il lavoratore dipendente vi trova il vantaggio di poter negoziare le proprie condizioni di lavoro a partire da una base contrattuale minima garantita: quella stabilita dal Reddito di Cittadinanza.

La fiscalita'

Il reperimento delle risorse economiche necessarie, in tutto questo, si presenta quasi come un problema di ordine secondario. Nel nostro volantino del 21 marzo alla domanda "chi paga?" rispondevamo sommariamante: "i padroni". In modo piu' preciso riteniamo che la definizione di una fiscalita' generale di tipo finanziario, che vada a colpire le rendite da capitale e le transazioni finanziarie (o speculative, che dir si voglia), sia oltre che sufficiente ed auspicabile, anche congruente coi tempi attuali, che vedono una quantita' enorme di ricchezza astratta circolare negli spazi virtuali del capitale finanziario.

Stato sociale

uando ragioniamo su un nuovo stato sociale, sul reddito indiretto come accesso ai diritti, ai servizi, al territorio, pensiamo alla possibilita' di una vertenza complessiva, piuttosto che di mille vertenze, con il soggetto pubblico, dagli assessorati comunali alla USL, dagli uffici di collocamento all'INPS, e con il soggetto privato (come le fondazioni bancarie o privati imprenditori, per fare un esempio a noi vicino), per andare a metter mano ai luoghi in cui si determinano: politiche del territorio, erogazione dei diritti e distribuzione di risorse. Qui si pone la questione di quali siano gli interlocutori istituzionali: quelli locali, quelli nazionali, quelli europei? Temi questi gia' aggrediti in maniera frontale dai compagni del nord-est. Qui si colloca anche la questione dell'accesso ai finanziamenti comunitari, governativi o altro.

Saperi, progetti ed economia solidale

Nella societa', e in modo particolare nel nostro territorio, il lavoro e' sempre piu' intellettualizzato, con alte capacita' professionali e di relazione. Per questi soggetti il problema spesso non e' piu' il reddito, ma il tempo e, a questo legata, la qualita' della vita. Tempo per fare altro oltre al lavoro. Tempo per se' e per gli affetti. Tempo da dedicare alla formazione e alla libera attivita', creativa e sociale. Allo stesso modo una critica alla societa' del lavoro non puo' non essere anche una critica all'attuale modello di sviluppo. Si parla quindi di riprendere i temi delle lotte per l'ambiente, di forme di produzione e di consumo eco-compatibili. Dall'uso industriale della canapa all'uso del territorio, per fare altri due esempi familiari. Questo ci porta a ragionare anche sull'aspetto progettuale, alla necessita' di elaborare un punto di vista che guardi anche ai progetti, alla costruzione di un'economia solidale e alternativa, alla possibilita' che un'intelligenza sociale diffusa liberi il proprio lavoro in attivita' di cooperazione sociale, metta in moto un sapere collettivo in grado di disegnare la nuova societa'. Si parla di un'economia alternativa e solidale attenta a cosa, come e per chi produrre. Si parla magari di dar vita in questo luogo a progetti di commercio equo-solidale, di vendita di prodotti biologici, o di rimetter mano alla vecchia pratica delle campagne di boicottaggio, per esempio verso imprese che usano il lavoro minorile.

Percorso e progetto politico

Si tratta di definire un'ipotesi che dia conto del tempo e del territorio, della dimensione globale e di quella locale, e anche gia' di quella europea, in cui viviamo, e che assuma la forma adatta alla soggettivita' che qui si costituisce. Un'ipotesi che dia conto della complessita' degli scenari, dei soggetti, delle dinamiche, relative a lavoro, reddito e stato sociale, nelle loro forme dirette ed indirette; relative cioe' alla societa' intera e alla nostra vita.

Tutto questo fa parte della costruzione di un percorso politico, in cui cio' che viene fatto assume un senso che va oltre il dato materiale ed immediato, assume il senso dello scopo comune, della partecipazione collettiva, in cui le differenze, le molte forme con cui queste si presentano in questo luogo, sanno andare nella medesima direzione. Se non vi e' un senso comune, collettivo, delle ragioni politiche che ci muovono e delle determinazioni concrete che queste devono assumere, i progetti restano sulla carta, o diventano virtuali, cose astratte dalla vita reale.

Per questa ragione il percorso sviluppato dal Gruppo sul lavoro ha prestato attenzione ai processi di elaborazione collettiva, di relazione, di costruzione dell'ipotesi di lavoro e dei momenti di comunicazione e verifica, nella consapevolezza che questa esperienza si presenta come la possibilita' di riportare in questo luogo la politica, il far politica come volonta' e capacita' di pensare ed agire in modo collettivo. La politica come capacita' di produrre progetto politico, nella teoria e nella pratica. Perche' lavoro, reddito e tempo sono cose con cui dobbiamo fare i conti tutti, che abbracciano l'intera sfera delle nostre attivita' e della nostra esperienza.

Se da una parte il Gruppo sul Lavoro e' un'emanazione dell'Assemblea, dall'altra agisce una sua autonomia politica, come costruzione di un'esperienza originale, legata al processo di approfondimento comune e di assunzione di responsabilita' rispetto a questa tematica. Il Gruppo e' andato definendo un'ipotesi politica, cercando di verificarla in un percorso di interlocuzione dentro questo luogo, dentro la citta', con le realta' della provincia. Soggetti a cui ci siamo presentati con un'ipotesi politica ancora in costruzione, certo, ma che proprio in questo modo vuole definirsi come costruzione e percorso collettivi. L'obiettivo e' - oltre alla crescita dell'esperienza e dei saperi di ognuno dei compagni del Gruppo - quello di avere nel territorio una rete di collettivi, di situazioni reali, di compagni in grado di mobilitarsi dentro a questo percorso.

Questa scelta di percorso, la netta presa di distanza dallo scadenzismo imposto da altri, ci serve per costruire una dimensione politica del Gruppo. In mancanza di questa dimensione la posizione espressa all'interno delle relazioni sarebbe costretta ad essere sempre subordinata come quando, non sapendo esprimere e articolare a sufficenza i propri contenuti, ci si ritrova appiattiti su quelli altrui, o come quando i contenuti non hanno un corpo di compagni che li fa camminare, perche' legati alle capacita' dei singoli anziche' alla potenza di un agire collettivo.

Il gruppo di dibattito e intervento su lavoro, reddito e stato sociale
Centro Sociale Leoncavallo, 19 aprile 1998