Sono già trascorsi 25 giorni da quando la madre di Christos e Gerasimo Tsakalos e la compagna del secondo sono state imprigionate nelle celle della democrazia.

Siamo già al 25° giorno del nostro sciopero della fame fino alla morte, chiedendo il loro immediato rilascio.

Sono 25 giorni e già 8 di noi sono in ospedale al limite delle loro condizioni di salute.

25 giorni non sono soltanto un numero su un calendario, è l’esperimento dell’evoluzione della repressione, con nuovi metodi di ricatto emotivo contro i guerriglieri anarchici imprigionati.

Non è la prima volta che i cardinali della “giustizia” montano un’Inquisizione contro i parenti dei guerriglieri urbani imprigionati. E’ già successo prima, con i parenti perseguiti infine assolti in tribunale dopo essere stati esposti come trofei dalla polizia sull’altare del cannibalismo mediatico e giornalistico. Ma questa è la prima volta che la repressione viene applicata con tale intensità contro i parenti, scatenando dei pogrom. Tre arresti, due detenzioni ed un procedimento che rimane aperto.

Le leggi vellutate della democrazia in un periodo di gestione del potere da parte della sinistra hanno imposto il proprio golpe, che nemmeno la giunta militare aveva osato imporre. Durante la giunta militare, quando un fuggitivo ricercato in quanto nemico del regime trovava riparo a casa di un parente, nemmeno i giudici militari osavano perseguirne o imprigionarne i parenti. Oggi, ad ogni modo, la democrazia si è rivelata in maniera sempre più fascista e vendicativa. Persino l’illusione della libertà arretra adesso. Essa indossa la maglia di ferro della legge, per assicurare la propria tirannia. Attacca imprigionando parenti, attraverso le leggi anti-terrorismo, perseguendo persino per degli scritti politici, aumentando i poteri delle istituzioni giudiziarie ed anti-terrorismo, con processi televisivi con giornalisti nei panni del pubblico ministero, con perquisizioni… Questo è il retroscena della libertà democratica.

Repressione, quindi, non è soltanto una parola. Non è soltanto manette, investigatori e celle chiuse. E’, soprattutto, una relazione sociale. E’ una promessa costante e garanzia dell’equilibrio dell’orrore del potere. Quindi è per questo motivo che affermiamo che il caso della detenzione dei nostri familiari non è soltanto una questione personale. E’ la gestione della paura ed un ricatto emotivo che inizia dall’individuo per raggiungere la collettività. Lo scopo è uno: il completo isolamento e la permanente eliminazione della scelta della guerriglia urbana.

Il potere ed il suo sistema sanno, ora, che l’arresto e l’imprigionamento dei guerriglieri urbani anarchici irriducibili non ci farà arrendere né arrivare ad una tregua. Persino la prigione può diventare il laboratorio di situazioni sovversive per persone la cui prigionia non ha estinto le fiamme interiori della libertà. Essere arrestati e arrendersi sono due cose diverse. L’unico modo che il sistema ha escogitato per neutralizzarci è quello di isolarci politicamente attraverso le calunnie giornalistiche e di renderci ostaggi, in balia non soltanto dello Stato MA anche delle nostre scelte, che ora hanno una ripercussione anche sui nostri associati, mandandoli in galera.

Al momento il ricatto dell’autorità è chiaro: o sigliamo una tregua o i nostri familiari resteranno in prigione. Queste sono le pratiche della criminalità organizzata e della mafia…

Al dilemma del terrore, noi opponiamo il dilemma della dignità e della lotta – o rilasceranno i nostri familiari, o dovranno affrontare l’incendio della pace sociale, sullo sfondo dello sciopero della fame e delle relazioni interattive di lotta e gli attacchi che esso genera.

Ovviamente la repressione ha intenti espansionistici, dal momento che vorrebbe che la paura sopraffacesse ogni possibilità di relazione ed azione sovversiva. La detenzione cautelare dei nostri familiari funziona da avanguardia della paura, mirando a generalizzarla. Non è una coincidenza che, negli uffici investigativi, custodiscono ed hanno controllato i registri delle visite che abbiamo ricevuto in prigione fin dal 2011… Non è una coincidenza che nelle udienze contro di noi non solo venga registrato il nome di tutti i presenti, ma che essi vengano anche “schedati” (persino fotografati) dagli ufficiali dell’anti-terrorismo e dagli sbirri in borghese all’interno del tribunale. Quindi il messaggio è chiaro – dal momento che non hanno esitato ad imprigionare i nostri familiari, ogni compagno solidale può ritrovarsi detenuto in un ufficio investigativo per averci aiutato finanziariamente, per averci inviato una lettera, per averci parlato… Questo è il punto su cui il mosaico della repressione si fonda. La legge anti-terrorismo descrive esattamente questa condizione – “Chiunque aiuti moralmente o finanziariamente un’organizzazione terroristica può essere accusato di farne parte”. Più il potere è indefinito, più il suo governo è totale… Quindi la legge anti-terrorismo voleva reprimere ogni espressione di solidarietà. In quale altro modo il termine “aiuto morale” può essere inteso? In questo modo, tutto quanto viene posto nella morsa della repressione. L’aiuto morale può essere persino spedire un libro ad un prigioniero o distribuire un suo scritto, o persino pubblicarlo sui siti di contro-informazione. Lo stesso vale per l’aiuto finanziario. I collettivi che sostengono economicamente i prigionieri per le spese in prigione possono essere un bersaglio.

La scommessa contro l’attacco della paura è ardua e incondizionata. Possiamo ribaltare i termini e far sì che la paura cambi di campo. Verso la paura della repressione, possiamo ergerci con la testardaggine e la decisione di attaccare, senza alcuna tregua. L’inizio del golpe giudiziario che ha imprigionato i nostri familiari può essere il punto di inizio di una ripresa della rottura e della lotta per la liberazione totale. Lo sciopero della fame è un piccolo ostacolo di dignità contro il soffocante assedio delle leggi. Lo sciopero della fame può funzionare da detonatore che faccia esplodere una mistura esplosiva eterogenea. E’ un punto di incontro che, sul retroterra dello stato di polizia e giudiziario, connette le persone in lotta, a prescindere dai punti di partenza individuali, le specialità e le differenze. In nessun caso promuoviamo la falsa “unità”, progettando una amnesia collettiva delle divergenze e delle rotture che ci sono state. Non è un falso “tutti assieme” ma un imperativo “è tempo di agire”. La sfida lanciata dal nemico con l’imprigionamento dei nostri familiari supera le controversie individuali e questo è il motivo per cui può innescare una dinamica immensa. La dinamica dell’affilare il costante attacco anarchico contro ogni forma di potere. Lì, nell’attacco, uno scopre sé stesso ed i propri desideri. E potremo litigare di nuovo domani, se vogliamo… Ma oggi è l’ora delle decisioni.

O con l’Anarchia o con l’Autorità

 

SCIOPERO DELLA FAME FINO ALLA MORTE DA 2/3,

PER L’IMMEDIATO RILASCIO DEI FAMILIARI DEI MEMBRI DELLE CCF
NESSUNA TREGUA, LUNGA VITA ALL’ANARCHIA

 

Cospirazione delle Cellule di Fuoco – FAI/FRI

Cellula in Prigione

 

FONTE INTERARMA

TRADUZIONE CROCENERA