Fonte: Contrainfo
Traduzione: Crocenera

 

Pachuca, Hidalgo, 13 Novembre 2014

 

A mezzo di comunicato, alcuni gruppuscoli di “Reacciòn Salvaje” (RS), risponderanno al testo “Algunas ideas sobre el presente y el futuro” di “Ediciones Isumatag” (EI), pubblicato sul loro blog il 6 Ottobre dell’anno corrente.

Allo stesso tempo con questo scritto evidenziamo le differenze esistenti tra i critici del sistema tecno-industriale, più specificatamente tra coloro che si impegnano e difendono la creazione di un “movimento organizzato capace di contribuire alla caduta di tale sistema” e quelli che, come noi, vogliono piuttosto attaccare da subito lo sviluppo del progresso di detto sistema, tendendo a destabilizzarlo.

Con questo testo non intendiamo assolutamente dare vita allo sterile e inutile dibattito sulle strategie presenti o future da tenere nei confronti del sistema tecno-industriale. Ognuno sceglie per quale sentiero incamminarsi; ciò che segue è soltanto una rapida esposizione della nostra tensione rispetto a tale argomento. Gli intelligenti tendenti al selvaggio sapranno analizzare e criticare molto cene questo comunicato.

 

 

I – Chiarire dubbi

 

Nel Gennaio del 2012 Individualidades Tendiendo a lo Salvaje (ITS) pubblicò il suo sesto comunicato, il quale fin dal principiò si presentò come un’autocritica, oltre a riconoscere pubblicamente gli errori fatti nei comunicati precedenti; però più di questo il sesto scritto fu una risposta del tutto indiretta (come alcuni avevano correttamente già notato) (1), alle critiche pubblicate nello stesso mese dai gruppi editoriali Ultimo Reducto (UR) e Anonimos con Cautela (AC).

In quelle circostanze ITS vide di buon occhio la maggior parte della critica di UR, che fu molto utile per affinare le nostre posizioni e ci spinse a mettere da parte alcune tematiche di sinistra, relativiste e aliene rispetto a ciò che vorremmo formare.

A dir la verità quelli che hanno letto qualche volta le opere di UR avranno avuto modo di rendersi conto del fatto che questo ha avuto una forte influenza nella nostra formazione ideologica iniziale.

Lo stesso UR ha scritto:

 

Buona parte dell’argomentazione e della terminologia usate nei suoi comunicati, è preso dagli scritti di Kaczynski e UR (nonostante nei casi in cui prenda come riferimento UR non lo cita esplicitamente)” (2)

 

In quelle circostanze, per ragioni di strategia e di prudenza, non si fece mai menzione diretta della influenza di UR; questo per non mettere a rischio il suo lavoro editoriale dal momento che siamo un gruppo clandestino con precedenti di terrorismo, ma ora che stiamo chiarendo i dubbi ed essendo passati già un paio di anni da tale evento, lo rendiamo pubblico.

 

 

II – Superare il termine “Rivoluzione”

 

Fin da quando firmavamo come ITS abbiamo rigettato il termine “rivoluzione”; da sempre abbiamo criticato e messo da parte il termine utilizzato per dare un nome all’ipotetico processo per il quale, secondo alcuni, come ad esempio EI, si “dovrebbe” passare per raggiungere la distruzione del sistema tecno-industriale.

Ma per adesso lasciamo stare la “rivoluzione” come termine (3) e focalizziamoci sull’aspetto della strategia.

Freedom Club (FC) propose nel 1995 una “rivoluzione” per porre fine al sistema tecno-industriale nel suo scritto “La società industriale e il suo futuro”; da quel momento alcune persone hanno preso tale proposta come la unica valida per un ipotetico trionfo, in un ipotetico futuro.

Ma procediamo per gradi: uno dei punti principali della “rivoluzione anti-tecnoindustriale” è l’analogia tra le rivoluzioni francese e russa e la caduta di questo sistema. Secondo questa analisi, ciò che anticipò il crollo dei suddetti regimi fu un intreccio di problematiche sociali, militari, politiche, economiche e ambientali. Allo stesso tempo, cominciarono a prendere piede valori contrari a quelli tradizionali di tali società, promossi dai razionalisti (in Francia) e dai soviet (in Russia). Questo viene spiegato nel testo di FC sopra citato:

 

Le società francese e russa, per varie decadi prima delle rispettive rivoluzioni, mostrarono crescenti segni di tensione e indebolimento. Nel frattempo furono sviluppate ideologie che offrivano una nuova visione del mondo molto differente dalla vecchia” (4)

 

FC parla anche del modello che tale “rivoluzione” dovrebbe seguire:

 

Si potrebbe obiettare che la rivoluzione russa e quella francese fallirono. Ma la maggior parte delle rivoluzioni ha due obbiettivi: uno è quello di distruggere la vecchia forma di società esistente, l’altro è quello di stabilire la nuova forma di società immaginata dai rivoluzionari. Le rivoluzioni francese e russa fallirono (per fortuna!) nel creare il nuovo tipo di società che sognavano, ma ebbero un esito diverso per quel che riguarda la distruzione della società precedente […] Il nostro obbiettivo è soltanto quello di distruggere la società esistente” (5)

 

Rispetto a queste puntuali osservazioni RS opina e contesta:

 

La premessa per una “rivoluzione” è sempre la crisi delle diverse componenti che costituiscono un sistema. La storia ci fornisce molti esempi (non i due citati) in cui un ristretto gruppo di intellettuali, filosofi e pensatori ha influito in maniera enorme nel distruggere (violentemente o meno) la società esistente e nel trionfare (basandoci solo sul primo dei due obbiettivi elencati da FC rispetto alle “rivoluzioni”). Tali esempi sono: la rivoluzione cubana, sandinista, cinese, irachena, vietnamita, portoghese, la “rivoluzione” neonazi in Germania, quella fascista in Italia, etc…

Ciò che ha caratterizzato ognuna di queste “rivoluzioni” ed il suo successo nel distruggere (in qualche modo) dei modelli di società imposte nei rispettivi momenti storici è che esse furono limitate soltanto ai propri confini territoriali, e benché alcuni conflitti contagiarono altri paesi (come dopo la rivoluzione cubana con le varie sollevazioni armate in America Latina che finirono in dittature e massacri), la caduta di tali regimi si ebbe sempre in particolare in un’area e non in tutto il mondo, come la rivoluzione a livello mondiale proposta da FC (6).

La proposta internazionalista di Ted Kaczynski (già FC) e dei suoi seguaci scade nella fantasia e nell’utopia. Facendo un rapido ma attento della storia, nessuna rivoluzione ha mai ottenuto un successo mondiale, ad eccezione della rivoluzione industriale.

A molti sarà forse difficile accettare che l’unica rivouzione che abbia ottenuto un successo globale (e anche di più, visto lo sbarco dell’uomo sulla Luna e, prossimamente, su Marte) nel compiere il proprio compito di distruggere i valori e gli istinti della natura selvaggia dell’uomo e nel perpetuare una nuova società basata sull’artificialità, l’industrializzazione e la tecnica avanzata, sia stata quella industriale.

E nonostante prima della rivoluzione industriale l’essere umano si fosse già un po’ allontanato da una condizione ottimale, biologicamente programmato com’è per vivere in libertà e autonomia, il presente indica che l’avanzamento di detta rivoluzione e la complessità dei suoi sistemi di auto-riproduzione hanno causato un significativo cambiamento in favore dell’artificialità e l’abbandono del naturale e del selvaggio.

Né il più irriducibile dei comunisti internazionalisti né il più totalitario dei dittatori sono riusciti ad espandere le loro “rivoluzioni” internazionalmente, potranno i “rivoluzionari antitec” fare di meglio? Potranno abbattere il sistema tecno-industriale in tutto il mondo sfruttando una crisi mondiale?

RS risponde: improbabile, ed in questo momento del tutto impossibile.

Oggigiorno le crisi vanno e vengono, e nonostante in alcuni paesi questa crisi abbia persistito per decenni, la civilizzazione ed il sistema hanno seguito il proprio corso fino ad ora.

Nel presente viviamo in una forte crisi economica globale che continua ad aggravarsi dal 2008 (7): la disoccupazione in paesi del primo mondo come la Grecia, la Spagna, la Francia e l’Australia è a livelli critici (8), per non parlare dei paesi in via di sviluppo. Un gran numero di imprese sono in bancarotta o sono scomparse (9). Paesi come Turchia, Ucraina, Siria, Egitto, Afghanistan, Venezuela, Giappone e Messico tra gli altri sono sommersi da problemi di carattere politico-economico e insofferenza sociale (10). I mercati azionari di Cina, India, Thailandia etc. sono in perdita e le loro banche centrali hanno avuto riduzioni allarmanti delle proprie riserve finanziarie (11). Economie come quelle di Brasile, Argentina, Stati Uniti, e inclusa la gran parte delle nazioni che formano l’Unione Europea sono in recessione o sono a rischio di finirci (12).

Dal punto di vista ambientale, i livelli di anidride carbonica sono sempre più alti e si ripercuotono in maniera enorme su tutto il pianeta, i cambi di temperatura sono bruschi, i periodi di siccità si allungano (13), l’espansione demografica è arrivata al punto di influenzare terribilmente le aree naturali semi-selvagge, selvagge e fino alle riserve “protette” (14), le specie di flora e fauna indigene sono minacciate ogni giorno, il sovra-sfruttamento del legno deforesta spazi sempre più ampi; il leviatano della Civilizzazione, insieme al sistema, riducono tutto ciò che è naturale in mera spazzatura urbana.

Altrettanto preoccupante è la crisi della salute: il cancro si è guadagnato il titolo di malattia del XXI secolo, mentre l’industria farmaceutica imbottisce i corpi infetti con droghe nocive che invece di curare, uccidono i pazienti in modo estremamente doloroso ed umiliante (15).

Per non parlare dell’ebola, che in Africa ha ucciso centinaia di persone e ne ha infettate a migliaia, il cui virus minaccia di spandersi per il mondo se le nazioni non applicheranno severe misure sanitarie e di sicurezza per impedirlo (16).

Ciò che l’aggravarsi della crisi mondiale sta favorendo è, presto o tardi, lo scoppio di una guerra mondiale nella quale le potenze più forti, strategicamente e militarmente parlando, prevarranno, prendendosi tutta la torta per sé per uscire da detta crisi. O questo, o il sistema stesso sarà in grado di porre rimedio a tutte queste criticità e a procedere oltre, attraverso un nuovo sistema economico che faccia sì che le differenze economiche tra l’elìte e le masse si “livellino” e attraverso innovazioni tecnologiche che rendano possibile fare a meno delle “risorse naturali”, ormai prossime ad esaurirsi.

 

In un altro ordine di idee FC scrive anche:

 

[…] potrebbe essere necessario agitare le masse quando il sistema si starà avvicinando al collasso dando inizio ad una lotta finale tra ideologie rivali per determinare quale prevarrà dopo la scomparsa della vecchi visione del mondo” (17)

 

Una estrema ingenuità ed una interpretazione sbagliata della realtà sono ciò che questo paragrafo riflette, perché forse questi “rivoluzionari” pensano di essere gli unici a sperare nel collasso per raggiungere i propri obbiettivi; niente di più lontano dalla realtà: al giorno d’oggi molti gruppi aspettano una simile opportunità, gruppi politici ed economici tanto potenti da non poter neanche essere comparati con questi “rivoluzionari”. Perciò la strategia di sperare che “il vicino (il sistema) si ammali per ucciderlo” ha una grossa falla, perché moltri altri “vicini”, incluse altre “colonie”, sperano che il sistema si indebolisca per liberarsene e prendere il suo posto.

 

Così come il quarto dei princìpi che lo stesso FC propone (18), non si può assolutamente confidare nel fatto che la distruzione del sistema avvenga come è immaginata dai teorici e critici dello stesso. Potrebbe essere che , avvicinandosi il momento, quelli che migliorano e sviluppano il sistema tecno-industriale si rendano conto dell’esistenza di un movimento che ne persegue la distruzione (ammesso che un giorno questo movimento esista, duri e che si converta realmente in una minaccia globale) e decida di smantellarlo attraverso i mille e uno modi in cui i suoi apparati segreti di sicurezza conoscono (infiltrazioni, problematiche interne, guerra a bassa intensità, terrorismo di Stato, spionaggio, disarticolazione attraverso eliminazioni mirate, intimidazioni, etc.), e forse questa rivoluzione, che si pensava libera da qualunque ideologia di sinistra, verrà convertita dal sistema in un altro dei suoi tanti meccanismi di auto-perpetuazione, in modo da poter continuare ad esistere ed essere ancora più forte. Ovviamente queste sono solo supposizioni, nonostante in fin dei conti possiamo dire che su questo, sulle supposizioni, si basa la strategia per la “rivoluzione anti-tecnoindustriale”; di questo possiamo rendercene conto leggendo le seguenti righe di alcuni dei suoi rappresentanti e pensatori più popolari:

 

Essendo una supposizione, tutto ciò rimane una possibilità. Potrebbe essere che non si verifichi mai una crisi grave; potrebbe essere che anche se si producesse non porti al collasso della società tecno-industriale, e che essa la superi. Potrebbe non crearsi mai un movimento sufficientemente organizzato e forte da annichilire il sistema tecno-industriale una volta che si presenti l’opportunità. Ma del pari esiste la possibilità che tutte queste cose si verifichino e che il sistema tecno-industriale venga distrutto per tempo.”. (19)

 

La domanda chiave qui è se questo sia possibile. E la risposta non è ne ‘sì’ né ‘no’, ma ‘dipende’. Dipende dalle circostanze. Una montagna di circostanze future e presenti.” […] “E’ sicuro che questo accada? No. E’ sicuro che non accada? Neanche. Come molte questioni riguardanti il futuro vi sono grandi incertezze.” (20)

 

Anche FC ne parla, come si può leggere nella parte che RS ha evidenziato con caratteri maiuscoli nella nota 6 di questo comunicato, così come in questo paragrafo:

 

[…] Se l’esperienza indicherà che alcune delle raccomandazioni fatte nei paragrafi precedenti non sono destinate a dare buoni risultati, allora dette raccomandazioni dovranno essere scartate.” (21)

 

Nonostante a dir la verità questo metodo non possa essere scartato a priori perché quelli che lavorano a favore di questa “rivoluzione” non lo hanno ancora messo alla prova, già il fatto che per ora non esista alcun movimento “forte e organizzato” che si dedichi a questo, e nemmeno un tentativo di realizzarlo che dia ai “rivoluzionari” capacità o esperienza. La domanda è: un giorno abbandoneranno questo metodo? Nemmeno loro lo sanno.

Forse entro un decennio o più la crisi globale si aggraverà portando il sistema sull’orlo del collasso, ma basterà questo tempo ai “rivoluzionari” per concorrere alla distruzione del sistema? Di sicuro non sanno neanche questo…

 

Sarebbe più sensato e interessante che i “rivoluzionari” dicessero ai propri intelligenti lettori di avere la certezza di poter fare ciò che si propongono, di essere sicuri che ciò che fanno darà dei risultati concreti, piuttosto che offrire pure speculazioni sulla struttura di un movimento e sul suo allargamento in vista dell’abbattimento del sistema tecno-industriale. Ma va bene, hanno tracciato la propria strategia…

Così alla fine dei conti la base strategica per la “grande rivoluzione” è la supposizione, il “forse”, lo “speriamo che”, il “potrebbe essere”, il “chissà”, il “dipende”; come dire, niente di concreto, aria fritta. Questo ci fa venire in mente ciò che diceva un popolare comico messicano nei suoi spettacoli: “Potrebbe essere, potrebbe non essere, l’unica certezza è chissà”.

I rivoluzionari che SPERANO! Mentre si PREPARANO per l’enorme crisi global; noialtri non ci affidiamo a idealizzazioni del futuro, noi ci basiamo sul presente, e il presente indica che tanto la nostra essenza di esseri umani naturali quanto la natura selvaggia in generale stanno venendo ridotte all’addomesticamento, all’obbedienza e al soggiogamento al sistem tecno-industriale e ai valori della sua società, e come reazione a ciò l’attacco e la resistenza armata sono fondamentali.

 

 

III – Disfattismo relativo

 

Noi non vogliamo restare inerti davanti alla enorme perdita del selvaggio, non abbiamo deciso di incrociare le braccia; alcuni, come “Isumatag”, ci hanno etichettati con il termine abusato e relativista di “disfattisti”; anche UR ne ha parlato in questo modo:

 

Se per ‘disfattista’ intendiamo quella attitudineche spinge ad abbandonare la lotta considerata persa, ITS non è disfattista, perché non ha abbandonato la propria lotta. Ma se intendiamo per ‘disfattista’ l’attitudine che nega a priori ogni possibilità di vittoria quando in realtà questo non è sicuro, ITS è disfattista, come indica il suo modo di intendere il concetto di rivoluzione antitecnologica”. (19)

 

Sarebbe deleterio dare troppo seguito a questa tesi, cercando di far comprendere ai “rivoluzionari” che non siamo “disfattisti”, perciò lasciamo questo argomento così com’è, perché questo è un giudizio che dipende dalle prospettive individuali.

Quando ITS (a suo tempo) o i gruppuscoli di RS hanno dichiarato che non si aspettano nulla dagli attacchi eseguiti, ci riferivamo a quanto è strettamente correlato al “rivoluzionario” o “trascendentale della lotta”. Non speriamo nella “rivoluzione”, né nella “crisi globale”, né nelle “condizioni favorevoli”; l’unica cosa in cui speriamo è, dopo un attacco, di uscirne indenni con la nostra vittoria individualista, come bottino esperienza e capacità per i passi seguenti, ancora più distruttivi, costanti e minacciosi.

In precedenza abbiamo affermato che non ci aspettavamo nulla di positivo dal nostro agire, ma ad ogni azione corrisponde una reazione, ed esso ha contagiato altri, creando qualcosa di positivo per l’avanzamento senza limiti dell’attacco al sistema tecno-industriale. Così vediamo che in diversi siti web e riviste si leggono notizie e riproduzioni dei nostri comunicati e azioni, insieme a varie analisi a riguardo; e questo non accade solo nei siti e nelle pubblicazioni anarchiche, ma anche in quelle di interesse scientifico, filosofico, accademico e oltre (22). Registriamo che i nostri comunicati terroristi sono stati tradotti in circa una decina di lingue differenti (23). Sono stati pubblicati vari libri che riprendono le nostre parole, il più recente dei quali aveva per titolo “La Natura è il bene, la Civilizzazione è il male…” (24) (25). Allo stesso modo da qualche settimana un nuovo gruppo che si schiera contro il sistema tecno-industriale è sorto in Argentina, e preannunacia altro (26).

 

 

IV – Insurrezionalismo ereditato?

 

Ediciones Isumatag” scrive in un suo testo che il confronto diretto alla lunga è un suicidio, ed ha ragione, solo che questo lo abbiamo deciso noi: sappiamo che forse andremo incontro alla stessa fine di imprigionamento o morte che trovarono i selvaggi guerrieri chichimeca, Tenamaztli e Maxorro; la stessa a cui andarono incontro gli indomiti chiricahua Mangas Coloradas e Cosiche. Lo sappiamo molto bene: abbiamo preferito impegnarci in una lotta mortale contro il sistema piuttosto che conformarci ed accettare la condizione di umani iper-addomesticati che vorrebbero imporci; ricordiamo che ogni individuo è differente: per alcuni è sufficientemente comodo auto-ingannarsi pensando che un giorno arriverà la grande crisi e che solo allora si dedicheranno ad attuare questo ipotetico crollo del sistema, ma per noi NO, e NON siamo idealisti, vediamo il presente per quello che è, ed esso ci spinge al confronto diretto fino alle sue estreme conseguenze.

Lo abbiamo scritto nel primo comunicato come RS:

Giorno dopo giorno ci avviciniamo all’estinzione, siamo sull’orlo dell’abisso, perché non vogliamo adattarci al sistema né alla sua società sottomessa, né ai valori della stessa” (27)

 

E’ evidente che EI si è sentito chiamato in causa quando ha letto il testo editoriale della rivista Regresiòn (il gruppo editoriale si è unito a RS con il nome di “Grupuscolo Manto de Piel-Coyote” nelle ultime settimane), ed è per questo che ha ripescato dai suoi vecchi cassetti le “conversazioni private” e ci attacca con tutte le sue “risorse”, nonostante tali “risorse” siano travestite da “seria analisi”. Tutto perché noi non condividiamo la strategia che FC propose ormai diversi anni fa.

In un disperato tentativo di etichettarci come qualcosa che non siamo, EI assicura che dentro la nostra tendenza ci sono strascichi ideologici ereditati dall’insurrezionalismo.

Scrive anche che per “adottare” queste ideologie siamo di sinistra; di fatto EI pensa le stesse cose di tutti quei gruppi che criticano e agiscono contro il sistema tecno-industriale. Strano, perché di fatto prima della comparsa di “Conductas Incivilizada” eravamo l’unico gruppo radicale appartenente a questa categoria. RS non si impegnerà nel dibattito noioso e poco pratico sul se siamo o meno di sinistra, perché non lo siamo, e questo in più di uno lo hanno potuto evidenziare. Non vogliamo convincere nessuno di alcunché.

Quello che è sì importante evidenziare nel testo di EI è la paranoia a livelli patologici nei confronti della sinistra che smbra averlo sopraffatto, al punto da vedere la sinistra in qualunque lotta e da accusare quasi tutti di essere di sinistra. Tranne il suo cerchio di affini, ovviamente!

 

Riguardo la critica fatta all’insurrezionalismo, lasceremo che siano quelli che appartengono a questa ideologia a rispondere allo scritto di “Isumatag”, se lo vorranno.

Ciò che RS deve riconoscere è il nostro passato di anarchici ecologisti (che non neghiamo), che è molto diverso dall’anarchismo insurrezionalista; non ci si può aspettare nulla di buono da una persona che sa distinguere queste due correnti.

 

RS ha scartato completamente l’idea di un “movimento anti-tecnologia” non perché ci basiamo su idee insurrezionaliste, ma per tutto ciò che abbiamo già detto nel punto I di questo scritto.

 

Ediciones Isumatag” parla di analisi “serie e oneste”, ora vorremmo sapere come “agiterà” le masse quando “arriverà il momento”: lo farà in maniera onesta? NO: forse si avvarrà di inganni e manipolazioni perché le masse si scannino tra loro per, secondo EI, distruggere il sistema. Chiaramente con questo commento non ci schieriamo dalla parte delle masse perché per noi le società possono ammazzarsi vicenda; quello che stiamo evidenziando sono la fala modestia e il discorso ingannevole di EI.

Come già detto da FC:

In quanto alle conseguenze negative di eliminare la società tecno-industriale… Be’, non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca, per ottenere qualcosa se ne deve perdere un’altra.” (28)

 

EI sembra sentirsi sminuito quando viene identificato con le etichette di “rivoluzionari da caffè”, “intellettuali da poltrona”, etc. Di fronte a questo l’unica cosa che possiamo dire è: ognuno si sente come preferisce! Se EI si sente sminuito da questa categorizzazione utilizzata da chi tra i critici del sistema tecno-industriale preferisce la pratica (ovvero noi) non è un nostro problema.

 

In conclusione, riproponiamo ciò che scrivemmo nel sesto comunicato di ITS:

 

“La lotta contro il Sistema Tecnoindustriale non è un gioco nel quale dobbiamo guadagnare o perdere, vincere o essere sconfitti; questo è ciò che in molti non hanno ancora compreso e sembra che in molti stiano sperando in una “ricompensa” futura per aver portato avanti tale lotta oggi come “rivoluzinari”. Si deve accettare che molte cose nella vita non vengono ricompensate, che molti sforzi e propositi non pagano (inclusa l’Autonomia) e che la distruzione del tecnosistema ad opera dei “rivoluzionari” è una di queste. Ora non è tempo di sperare in un imminente collasso, per quelli che vorrebbero prendersi del tempo come se il progresso tecnologico non sia destinato a crescere in maniera esponenziale ed a divorare la nostra sfera individuale poco a poco.”

“Per ora non esiste alcun movimento che si posizioni radicalmente contro la Tecnologia che sia organizzato o forte, se un giorno dovesse esistere (e trionfare e saremo ancora vivi) ammetteremo i nostri errori; fino ad allora non accetteremo speculazioni futuristiche che scommettono su un movimento che aiuti a destabilizzare il sistema nella sua totalità.” (29)

 

Per la difesa di tutto quello che stiamo perdendo:

Reaccion Salvaje

Gruppuscoli:

Matar o Morir”

Tinta de Carbon”

Manto de piel-Coyote”

 

 

NOTE

  1. Nell’estate di quest’anno, in un blog chiamato “El Tlatol” sono stati pubblicamente esposti i dettagli di ciò che stiamo scrivendo qui. Successivamente il gruppuscolo Tinta de Carbon di Edicione Aborigen (che negli ultimi mesi si è unito a RS), pubblicò uno scritto in cui enfatizzava questi aspetti, intitolato “Respuesta Indirecta”, del quale raccomandiamo la lettura.
  2. Il punto 4 del testo “Algunos Comentarios en Referencia a los Comunicados de Individualidades Tendiendo a lo Salvaje” di Ultimo Reducto, 8 Gennaio 2012.
  3. Nel punto II del sesto comunicato di ITS lo abbiamo reso chiaro:Ovviamente, continuiamo senza dubbio a difendere la critica del termine ‘rivoluzione-rivoluzionari’.Quindi:

    -La cosiddetta ‘rivoluzione’ sui cui in tanti scommettono, stravolge la natura umana perché tende sempre a riformare il sistema.

    -La ‘rivoluzione’ è una cieca credenza che in molti vogliono vedere realizzata; se non raggiungono i propri obbiettivi (che essi non hanno mai raggiunto) i loro sforzi saranno stati in vano, e tutto, assolutamente tutto ciò per cui hanno lavorato collasserà, per cui tali sforzi risulteranno inutili.

    -La ‘rivoluzione’ è un concetto di sinistra.

    -Molta gente di sinistra vuole rendere così profondi i propri obbiettivi e/o strategie che esagerano, divagano ed arrivano a dei limiti al di fuori della realtà. Ci sono molti esempi: ‘la distruzione del capitalismo’, ‘un mondo senza stati né frontiere’, ‘un pianeta senza sfruttamento animale’, ‘la pace mondiale’ e tra queste la cosiddetta ‘rivoluzione anti-tecnologica’.”

  1. Strategia, paragrafo 181, La Società Industriale ed il Suo Futuro di FC, Ediciones Isumatag, 2011.
  2. Strategia, paragrafo 182, La Società Industriale ed il Suo Futuro di FC, Ediciones Isumatag, 2011.
  3. La rivoluzione dovrà essere internazionale e globale. Non può essere portata avanti nazione per nazione. […] Vero, NON C’E’ ALCUNA CERTEZZA [maiuscolo di RS] che il sistema industriale possa essere distrutto approssimativamente nello stesso momento in tutto il mondo, ed è anche possibile che il tentativo di rovesciare il sistema porti invece alla dominazione del sistema da parte di dittatori. Questo è un rischio che bisogna correre.” Strategia, paragrafo 195, La Società Industriale ed il Suo Futuro di FC, Ediciones Isumatag, 2011.
  4. The IMF’s response to the global financial crisis”, sito ufficiale del Fondo Monetario Internazionale (imf.org), 30 Settembre 2014.
  5. Le cinque regioni dell’Unione Europea con il più alto tasso di disoccupazione sono spagnole”, Diario ABC, 16 Aprile 2014
  6. Le piccole e medie imprese spariscono per crisi familiari”, El Universal, 28 Marzo 2011. “Quasi 500.000 imprese sono sparite dall’inizio della crisi”, La Razon, 30 Marzo 2011.
  7. Guerre, conflitti, terrorismo, crisi politica: i 70 temi caldi del pianeta”, El Confidencial, 8 Marzo 2014.
  8. Il mercato azionario del Sud-Est Asiatico cala per la Cina”, América Economica, 24 Giugno 2013.
  9. Lagarde avverte del rischio di recessione in Europa”, El Universal, 9 Ottobre 2014.
  10. La siccità in Amazzonia aumenta i timori sul riscaldamento globale”, BBC, 4 Febbraio 2011.
  11. L’urbanizzazione minaccia le aree naturali protette”, 24 horas, 4 Gennaio 2012.
  12. Un aumento globale del 57% del cancro annuncia un disastro umanitario”, CNN, 4 Febbraio 2014.
  13. La paura della minaccia dell’ebola si estende per l’America e l’Europa”, El Tiempo, 12 Ottobre 2014.
  14. Strategia, paragrafo 188, La Società Industriale ed il Suo Futuro di FC, Ediciones Isumatag, 2011.
  15. Una nuova forma di società non può essere disegnata a tavolino. Ovvero, non si può pianificare in anticipo una nuova forma di società, poi metterla in pratica ed aspettarsi che funzioni come si era progettato che facesse.” Alcuni princìpi di storia, paragrafo 104, La Società Industriale ed il Suo Futuro di FC, Ediciones Isumatag, 2011.
  16. Nota 8 di “Algunos comentarios en referencia a los comunicados de Individualidades Tendiendo a lo Salvaje”, di Ultimo Reducto, 8 Gennaio 2012.
  17. Alguna ideas sobre el presente y el futuro”, Ediciones Isumatag, 6 Ottobre 2014.
  18. Strategia, paragrafo 206, La Società Industriale ed il Suo Futuro di FC, Ediciones Isumatag, 2011.
  19. Tra questi i blog e le riviste più conosciute sono: “Nature”, “Vice Magazine”, “Wired”, “The Guardan News”, “Vocativ”, “American Scientist”, rivista “Proceso”, “Carthaginensia” (rivista di studio e ricerca), tra gli altri.
  20. Oltre alla lingua spagnola, in rete si possono trovare traduzioni della nostra tendenza affilata in inglese, italiano, francese, portoghese, greco, catalano, polacco, turco e croato.
  21. Il libro uscì con “Matar o Morir Ediciones” ed è una raccolta di tutti i comunicati di ITS ed RS. Fu pubblicato il 7 Novembre di quest’anno [il 2014 ndt] ed è disponibile sul blog anarchico “Contrainfo”.
  22. Altri libri usciti di cui siamo a conoscenza sono: “Comunicati Attentativi”, pubblicato da “Verein Von Egoisten Ediciones”, che è una raccolta dei comunicati di ITS tradotti in italiano; “The Collected Communiques of Individualists Tending Toward the Wild”, pubblicato da “War on Society”, è anch’esso una raccolta e traduzione, però in inglese, dei comunicati di ITS; “Que se illumine la noche! Genesis, desarrollo y auge de la Tendencia Informal Anarquista”, pubblicato da “Ediciones Internacional Negra”, che include un’intervista a ITS.
  23. Conductas Incivilizada” (CI) è il modo in cui si firmano nel loro comunicato pubblicato il 1 Novembre di quest’anno [il 2014 ndt] da Buenos Aires, rivendicando vari falsi allarmi bomba ad università ed aeroporti, oltre ad un attacco incendiario fallito ad una centrale elettrica.
  24. Primo comunicato di Reaccion Salvaje, punto V, 14 Agosto 2014.
  25. Strategia, paragrafo 185, La Società Industriale ed il Suo Futuro di FC, Ediciones Isumatag, 2011.
  26. Sesto comunicato di Individualidades Tendiendo a lo Salvaje, 28 Gennaio 2012.