Fonte: WarOnSociety
Traduzione: Crocenera

Non votarli, cacciali a calci!

“Per quanto redattore di un saggio di filosofia politica, il Comitato Invisibile ostenta un forte disprezzo per la speculazione ed una spiccata propensione per la pratica. E ciò è bene, soprattutto perché gli permette di intascare sia il plauso di eruditi in astinenza di vitamine che quello di attivisti assetati di sapere. Distinguendosi dalle molteplici sette marxiste, il Comitato Invisibile non ama le grandi analisi che tutto sussumono & spiegano, spiegano & sussumono. Analisi intelligenti finché si vuole, per carità, ma che dopo un secolo e mezzo hanno rotto un po’ i coglioni. Sono incerte, discutibili, talvolta anche patetiche. La critica all’esistente, preso nella sua totalità, non gli interessa. Proprio come le varie sette marxiste, però, il C.I. è voglioso di imporre la propria visione…”

“L’insurrezione che viene è al passo coi tempi, perfettamente alla moda. Possiede le caratteristiche più richieste del momento, è flessibile ed elastico, si adatta a tutte le circostanze (in ambito sovversivo). Si presenta bene, ha stile e risulta simpatico a chiunque perché dà un po’ di ragione a tutti, senza scontentare fino in fondo nessuno. Da questo punto di vista, è un libro decisamente politico.”

– “L’Insurrezione e il suo doppio”

Il Comitato Invisibile è come la virtù: sta sempre in mezzo.

Fin dai tempi passati, noi anarchici abbiamo costituito una forza “di opposizione” ad ogni progetto di potere ed autorità; con vari mezzi e sotto differenti forme in cui il pensiero anarchico si è manifestato, di volta in volta abbiamo lanciato campagne contro ogni tipo di momento chiave nella lotta contro il potere, cercando di trovare una convergenza con l’antagonismo sociale emergente. Campagne internazionali per la libertà dei compagni arrestati, campagne contro alcune opere concrete del potere e campagne contro l’elezione dei candidati, ad esempio.

Molte di queste campagne sono state più o meno accompagnate dalla pratica del sabotaggio diretto come un atto individuale che aspirava a divenire collettivo, ma quasi sempre rendendo chiaro che il sabotaggio, l’auto-organizzazione e l’azione diretta sono pratiche quotidiane e non qualcosa da mettere in campo solo ogni tanto, non qualcosa definito dal calendario del potere. Nonostante gli altri, quelli che rispondono soltanto alle congiunture del momento, non hanno progettato una visione più ampia della lotta

Quindi in questo momento i pensieri di molti compagni non sono così differenti da quelli dei compagni del passato, quelli che a loro volta hanno combattuto e sono morti per la libertà. Nonostante alcuni concetti siano stati approfonditi nella teoria come nella pratica, si continua a mettere in chiaro che l’anarchia è una tensione quotidiana e non una pratica da mettere in pratica ogni tanto in certi momenti chiave o quando le condizioni saranno mature.

Noi in quanto anarchici, nemici di ogni tipo di potere, ci troviamo di fronte ad un limite nella presente lotta insurrezionale, e questo limite è quello di aspettare le scadenze dello Stato; per metterla in un altro modo, rispondere alla chiamata del potere e partecipare al gioco del loro circo elettorale.

Se per conflittualità permanente si intende ogni ostilità con l’esistente, ogni azione collettiva e individuale di rottura permanente col potere, ogni atto quotidiano di distruzione diretto contro lo Stato, allora perché aspettare le loro scadenze ed i loro momenti politici chiave – come le elezioni – per agire? Perché la rivendicazione del vero significato della parola elezione [decisione] non fa parte della lotta quotidiana? Alcuni potrebbero rispondere: “Dobbiamo approfittare del momento”, ma anche in questo vediamo un grosso limite nel lanciare campagne anti-elettorali, rispondendo alla chiamata del potere e aspettando le sue scadenze – ovvero il relegare tutta la nostra creatività e potenzialità in queste scadenze. Specialmente perché queste campagne anti-elettorali non sono accompagnate da una prospettiva chiara e da una reale proposta di offensiva contro il potere – non solo nelle azioni ma anche nelle parole – e quindi rendono chiaro che l’anarchia sia un gioco di fare politica e non una tensione permanente contro l’esistente.

Il congiunturalismo politico è una pratica dei politicanti, e l’anarchia non è politica, è etica. Per esempio, considerare ogni azione che parte dalla nostra persona come “politica”, oltre a dividere la vita in frammenti e a dividere la teoria dalla pratica, è il riflesso di una forte carenza di una prospettiva propria di basare la nostra lotta sui nostri pensieri unici ed autentici. Per non menzionare l’origine marxistoide da cui proviene l’azione politica (ed i prigionieri politici): mediazione, accordo, dialogo, rappresentazione, eccetera. Cose molto distanti da ciò che molti compagni anarchici sostengono, cioè il parlare di anarchia al di fuori di ogni colore politico.

Per molti compagni anarchici, basare l’agitazione contro l’autorità sui momenti “chiave” della politica del potere è un limite che ci allontana dal nostro compito, specialmente quando questa agitazione non contiene una prospettiva chiara che vada oltre un discorso anti-elettorale.

A questo punto ci chiediamo: E poi? Si limita tutto a questo? Cosa viene dopo? E i nostri sogni? Tutti i discorsi e le azioni devono rientrare nel realismo politico, nella tecnica, nella strategia? E la spontaneità?

E’ precisamente perché l’anarchia è una tensione che non vede differenze tra teoria e prassi ma che al contrario è in questa teoria e in questa pratica che i le due si completano a vicenda, che l’agire anarchico è lontano dall’essere la tipica guerriglia foquista maoista [il foquismo è una modalità di lotta armata teorizzata da Guevara e Castro -ndt].
Quel foquismo che spera di avere dei prigionieri “politici” in carcere per proiettare la propria lotta a partire dalle loro rivendicazioni – e che li causa se non ne ha; quel foquismo che si attiene a tutti i tipi di scadenza politica per agire e che ignora il bisogno di libertà dell’individuo; quel foquismo che si aggrappa a qualunque cosa pur di crescere, senza assolutamente interrogarsi. La conflittualità permanente è precisamente ciò che ci allontana dal foquismo che aspetta ogni tipo di congiuntura politica, ma anche dal “causismo”, per poter agire.

Ecco perché pensiamo che una convergenza anti-elettorale contenga dei limiti nella “pratica e nella chiamata”. Principalmente perché non hao un progetto che sia più o meno definito contro il potere e l’autorità: in una convergenza c’è un po’ di tutto, ci sono i partiti marxisti-leninisti armati che si sono uniti ai propri nemici solo per questo momento del potere, ci sono partiti politici di sinistra e c’è ogni tipo di posizione autoritaria antagonista fino al pensiero anarchico. Una convergenza è una chiamata intrinsecamente politica a fare politica; gli anarchici sono alieni ad ogni aleanza politica. Ma anche perché considerare il congiunturalismo come un momento chiave o di cui approfittare riduce le nostre speranze e le nostre passioni di vivere anarchicamente a mera ideologia politica, una questione di “tattiche” e strategie, come se fossimo macchine che agiscono un maniera predeterminata secondo questi “meccanismi” di lotta.

Ecco perché rifiutiamo sempre la clandestinità e le sue norme come metodo di lotta, perché non vogliamo attenerci a certi meccanismi che pre-determinano il nostro comportamento.

Riteniamo che l’agitazione anarchica dovrebbe essere presente sempre e comunque, in periodo di elezioni e non. Riteniamo anche che gli anarchici dovrebbero essere presenti in ogni conflitto con cui ci troviamo affini, anche se comincia come una protesta anti-elettorale ma cambia direzione. Questo perché non vediamo solo alcune parti di questo mondo del Capitale come dannose e nemiche della nostra libertà; noi vediamo il mondo del Capitale nel pieno significato della parola nocivo per la nostra libertà e dei nostri simili. Ma relegare la pratica quotidiana del sabotaggio e un comportamento di rottura contro l’esistente a dei momenti “chiave” dettati dal clendario del potere ci allontanerebbe dalle nostre motivazioni, che sono il vivere l’anarchia stessa qui ed ora, ma anche dalla nostra idea che l’anarchia non sia polica o ideologia, bensì una tensione quotidiana contro ogni tipo di Autorità.

Prima di tutto questo proponiamo relazioni di affinità, l’incontro con altri individui che provano la nostra stessa rabbia nel conflitto con l’autorità ed il creare progetti. Il nostro punto è mettere in pratica le nostre passioni individuali senza aspettare alcuna chiamata e cercarci l’un con l’altro nella guerra sociale con l’antagonismo sociale che è presente ogni giorno.

Il nostro appello è quello di estendere la lotta anarchica ad ogni contesto che puzzi di dominio in qualunque momento. Il nostro appello è di lasciarci alle spalle ogni slogan e di estendere la lotta anti-elettorale al di là dei suoi limiti. Il nostro appello è di diffondere la lotta anarchica e lanciarci nella battaglia contro il potere con passione e senza alcuna moderazione o limite.

In ogni caso questa è solo una prospettiva individuale che rendiamo collettiva, è il nostro intervento al dibattito corrente ed un’esposizione di idee che riguardano l’attualità. Non vogliamo imporre nulla, né rappresentare nessuno. Non cerchiamo specialisti della penna o dell’azione. Sono solo alcune idee lanciate come modo di contribuire al propagarsi della pratica sovversiva del qui ed ora.

Che ogni mese sia nero!

Alcuni compagni e comagne anarchici della regione Messicana
(Alcuni!… perché non siamo gli unici “anarchici del Messico”)
Aprile 2015