E’ passato un anno da quando la polizia fece irruzione nel nostro appartamento, gridando: «Avete qualcosa di caldo?”. Rimasi sorpreso allo stesso tempo, mi provocò una risata. Poi ci siamo resi conto che significava se avessimo qualche ordigno esplosivo utilizzato come trappola, cosa che aumentò le nostre risate.

Un anno in cui sono stato separato dalla mia compagna da centinaia di chilometri, potendo ascoltare la sua voce solamente per 5 minuti ogni 15 giorni.

Un anno chiuso in isolamento in 3 diverse prigioni del regno spagnolo. Prigioni che basano la loro politica penitenziaria sulla psichiatria, curando i detenuti ai fini dell’annullamento. Stabilendo il controllo assoluto sulla comunicazione e il contatto con l’esterno. In queste prigioni del primo mondo viene data priorità al rapporto impersonale con l’esterno, tutto ciò che significa contatto fisico è estremamente limitato, a differenza della mia esperienza nelle carceri cilene. La possibilità di stare con la tua gente è impensabile in posti come questo.

Un anno in cui la solidarietà si è fatta sentire in ogni minuto, in particolare dagli anarchici di Barcellona, ​​che con la loro volontà e iniziativa hanno distrutto la dispersione e l’isolamento. Essi hanno dimostrato che la solidarietà non è una parola vuota, che è il contenuto inseparabile di tutte le nostre pratiche e di lotta per la liberazione totale. Con questo, ancora una volta il potere si mette esplicita; non capisce nemmeno minimamente su cosa si sostengono i nostri rapporti. Le difficoltà che ci impongono ci rendono più forti, nelle avversità ci conosciamo di più e molto di più impariamo a conoscerci, e ridiamo di più su quanto pensassimo insormontabile. Se decidiamo di affrontare lo Stato è perché da molto tempo abbiamo deciso di smettere di vivere in ginocchio.

Francisco Solar
13 novembre 2014

Traduzione e fonte: RadioAzione