23.08.04

Tutti innocenti ...anche i cadaveri

Sono complici nelle torture i medici militari americani in Iraq e in Afghanistan. L’autorevole rivista specializzata Lancet cita casi agghiaccianti: certificati di morte falsificati per assicurare l’impunità agli assassini, segni evidenti di sevizie ignorati nei referti medici, e almeno un caso in cui un prigioniero svenuto venne rianimato dal medico perché le torture potessero continuare.

Lancet, pubblicata a Londra, è una delle più prestigiose e documentate riviste scientifiche del mondo. Le rivelazioni sono accompagnate da un editoriale che invita a rompere la consegna di omertà. La direzione della rivista richiama medici e infermieri al loro dovere professionale: “Coloro ai quali è stato chiesto, in nome della disciplina, di rinunciare a mettere i diritti dei pazienti al di sopra di ogni altro interesse devono protestare con forza e rifiutare ogni cooperazione con le autorità”.

La presa di posizione di Lancet coincide con un rapporto del Pentagono sul carcere di Abu Ghraib, che sarà presentato la prossima settimana al congresso americano. Il rapporto esprime un biasimo generico nei confronti degli alti gradi militari, venuti meno ai loro obblighi di vigilanza, ma non menziona le responsabilità dei politici e scarica la colpa su 24 guardie carcerarie e agenti dei servizi segreti addetti agli interrogatori. Nonostante queste conclusioni di comodo, il rapporto non può fare a meno di citare il personale medico che era al corrente degli abusi ma non fece nulla per mettervi fine.

L’autore dell’articolo di Lancet è il professor Steven Miles, docente di bioetica all’università del Minnesota. Il professore e i suoi collaboratori hanno studiato gli atti delle commissioni d’inchiesta del congresso e della magistratura militare, i verbali degli interrogatori di guardie e detenuti, le testimonianze raccolte da Human Rights Watch e da altre istituzioni per la difesa dei diritti umani, i resoconti della stampa. Da tutto questo materiale emerge una situazione costante: in Iraq come in Afghanistan e nel campo di Guantanamo, il personale medico ha assistito passivamente alla tortura dei detenuti e in qualche caso vi ha partecipato attivamente.

Un esempio è citato nella deposizione giurata di un detenuto ad Abu Ghraib. Un prigioniero politico iracheno è svenuto sotto le percosse dei soldati americani. Il personale sanitario del carcere lo ha rianimato e lo ha lasciato nelle mani degli aguzzini perché le torture continuassero. Due detenuti dello stesso carcere hanno riferito il caso di un medico che ha affidato a una guardia carceraria senza alcuna preparazione sanitaria il compito di cucire le ferite di un prigioniero. Un agente della polizia militare ha confessato che un infermiere ha inserito una fleboclisi nelle vene di un detenuto morto sotto la tortura per fare credere che fosse ancora vivo durante il trasporto in ospedale.

“I certificati medici – scrive il professor Miles – attribuivano abitualmente la morte dei detenuti ad attacchi di cuore e ad altre cause naturali, senza menzionare i maltrattamenti che le avevano provocate”. L’articolo cita un esempio documentato da Human Rights Watch: i soldati americani picchiarono un detenuto fino a fargli perdere i sensi e lo legarono imbavagliato alla porta della cella, dove morì. Il medico di Abu Ghraib certificò che la morte era avvenuta “per cause naturali durante il sonno”. Soltanto quando scoppiò lo scandalo il Pentagono cambiò il certificato e classificò la morte come omicidio.

Nessuno è stato punito.

Posted by fabio at 10:40

Trenitalia vs Autistici

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Lo stato italiano non permette di esprimere le proprie idee. Non viviamo in uno stato democratico ma in una dittatura. Una nuova dittatura che ama nascondersi sotto le vesti di una pseudo-repubblica.

La satira è bandita, soprattutto se nei confronti di chi comanda.

La vicenda completa.
Trenitalia vs Autistici

Posted by fabio at 10:29 | Comments (0)

16.07.04

Fuck the Vote

Sesso anti-Bush
Otto modelli offrono divertimento in cambio di voti contro il Presidente Usa
Tutto sul sito Fuck the vote.


“Io, il sottoscritto, giuro che il 2 novembre 2004 darò il mio voto a chiunque ad eccezione di George W. Bush in cambio di sesso o quantomeno di un po’ di divertimento.”

Comincia così il singolare giuramento ideato da Fuck the Vote, una campagna anti-Bush che promette di cambiare l’orientamento degli elettori americani in cambio un po’ di sesso “facile”.
Domenica scorsa il progetto è stato lanciato ufficialmente alla Fifth Hope Conference di New York. Ai primi di Settembre, otto modelli di chiara fede “liberale” di età compresa tra i 19 e i 33 anni, partiranno da New York a bordo di un furgone munito di letto matrimoniale alla volta degli “swing states”, gli stati in cui l’esito delle elezioni è appeso a una manciata di voti.
E siccome, si legge sul sito che promuove la campagna, “le persone mentono per il sesso, ingannano per il sesso e arrivano addirittura a uccidere per il sesso, possiamo essere sicuri che cambieranno il loro modo di pensare (e quindi il loro voto) in cambio di sesso.” Il meccanismo è semplice: una volta abbordato, il modello o la modella - omo, bi o eterosessuale che sia - chiede al partner di firmare una dichiarazione in cui si impegna solennemente a non votare per George W. Bush, cioè “a favore della guerra preventiva, della riduzione delle libertà nazionali, della crescita smisurata del deficit, del degrado ambientale e dell’impoverimento delle scuole pubbliche.”

Ovviamente, per quanto solenne, la dichiarazione non ha alcun riscontro effettivo, ma ciò non toglie che sul forum del sito vi siano già decine di repubblicani incalliti (quasi tutti maschi) che si dicono pronti ad abbandonare Bush.

E, per massimizzare i risultati, Fuck the Vote propone ai singoli “swinger” di darsi da fare già durante le vacanze estive e di promuovere anche il sesso di gruppo. Nelle prossime settimane sapremo se il vecchio adagio del “fate l’amore non fate la guerra” verrà preso sul serio o se il progetto rimarrà solo una delle tante iniziative creative che orbitano nel movimento anti-Bush.

Dietro il progetto spunta infatti la mano della Carbon Defense League, una coalizione di artisti, smanettoni e attivisti che era già salita agli onori delle cronache per Recode.com, un sito che invitava a sovraetichettare i prodotti dei supermercati con codici a barre più economici.

Posted by fabio at 13:27 | Comments (0)

Benetton contro Mapuches

La storia recente del popolo Mapuche ha lasciato finalmente le cantine dei siti umanitari, anarchici e alternativi. Ha lasciato le pagine delle poche e valorose riviste del no profit italiano ed europeo, è salita agli onori della cronaca, è entrata nei templi dell'informazione ufficiale. Era ora. Il salto di livello è dovuto alla lettera aperta che, Adolfo Pèrez Esquivel, argentino, Premio Nobel per la Pace 1980, ha indirizzato a un italiano: Luciano Benetton.

La scintilla, o forse la goccia che ha fatto traboccare il vaso è una sentenza del Tribunale di Esquel, in provincia di Chubut, in Patagonia. Le parti in causa nello strano processo erano: l'italiano Benetton contro i Mapuches Atilio e Rosa Curinanco. Ma il particolare strabiliante è che nella diatriba tra l'imprenditore multinazionale degli "United Colours" e una coppia di indigeni, che voleva vivere sul proprio territorio, ha vinto il primo.

Davide battuto da Golia, come sempre accade nell'impari lotta tra ricchi e poveri. Le accuse che le comunità Mapuches muovono alla multinazionale italiana Benetton, sono pesanti: sul territorio dei loro padri, Benetton possiede circa un milione di ettari divisi in otto lotti, sette dei quali nel versante Argentino, in Patagonia e uno sul versante cileno. Il terreno, in pratica una fetta della Nazione Argentina e quasi tutta l'antica Nazione Mapuche, è stato venduto dallo Stato argentino.

I mapuches dicono che Benetton può attraversare tutta la Patagonia senza uscire mai dai suoi terreni. Sul più grande latifondo dell'America meridionale, pascolano circa 280mila pecore. La comunità Mapuche-Tehuelche, in un recente comunicato (I nuovi volti della colonizzazione) definisce così l'azienda: "Benetton - la multinazionale della menzogna, i colori uniti della simulazione. I terreni, acquistati dalla multinazionale a prezzi stracciati, in quanto disabitati - scrivono i mapuche - in realtà non lo erano, dato che ci vivono da sempre le comunità autoctone".

In seguito alla dastrica riduzione dei territori, gli indigeni sono stati relegati in una striscia di terra denominata "Riserva de la compania", dove sono costretti a vivere in stato di sovraffollamento. I Benetton hanno fatto recintare i terreni e il fiume Rio Chubut, che pur essendo proprietà dello Stato, non è accessibile, come il Rio Lepe, recintato da cancelli e filo spinato. I mapuches che hanno sempre vissuto di pastorizia, non possono più disporre nè dei pascoli nè dell'acqua. Molti sono stati costretti a vendere i propri terreni a prezzi irrisori e altre terre sono state abbandonate.

L'organizzazione Mapuche-Tehueleche "Once de Octubre" denuncia anche lo sfruttamento della manodopera indigena a basso costo (200 euro al mese dall'alba al tramonto).

La lettera del Premio Nobel

La vicenda merita, adesso, le prime pagine dei maggiori organi d'informazione grazie all'intervento di un uomo, poco noto in Italia, che si chiama Adolfo Pèrez Esquivel. Un argentino architetto, scultore, insegnante, impegnato fin da ragazzo, nella difesa dei diritti umani attraverso la non-violenza. Più volte arrestato, prima in Brasile poi in Equador e di nuovo a Buenos Aires, Pèrez è stato torturato e incarcerato senza processo per 14 mesi. Nel 1980 gli viene conferito il Premio Nobel per la Pace.

"Riceva il mio saluto di Pace e Bene. Le scrivo questa lettera, che spero legga attentamente, tra lo stupore e il dolore di sapere che Lei, un imprenditore di fama internazionale, si è avvalso del denaro e della complicità di un giudice senza scrupoli per togliere la terra ai fratelli Mapuche, nella provincia di Chubut, nella Patagonia Argentina".

"Vorrei ricordarle che Mapuche significa Uomo della Terra e che esiste una comunione profonda tra la nostra Pachamama, " la Madre Terra", e i suoi figli. Tra le braccia di Pachamama ci sono le generazioni che vissero e che riposano nei tempi della memoria. Deve sapere che quando si toglie la terra ai popoli nativi li si condanna a morte, li si riduce alla miseria e all'oblio".

"Ma deve anche sapere che ci sono sempre dei ribelli che non zoppicano di fronte alle avversità e lottano per i loro diritti e la loro dignità come persone e come popolo. Continueranno a reclamare i loro diritti sulle terre perchè sono i legittimi proprietari, di generazione in generazione, sebbene non siano in possesso dei documenti necessari per un sistema ingiusto che li affida a coloro che hanno denaro".

"É difficile capire quello che dico, se non si sa ascoltare il silenzio, se non si è in grado di recepire la sua voce e l'armonia dell'universo che è una delle cose più semplici della vita. Qualcosa che il denaro non potrà mai comperare. Quando giunsero i conquistatori, gli "huincas" (i bianchi), massacrarono migliaiai di popoli "con i loro pali di fuoco" perpetrando etnocidio per appropriarsi della loro ricchezza e rubando loro terra e vita. Purtroppo questo saccheggio continua fino a oggi".

"Signor Benetton, Lei ha comprato 90 mila ettari di terra in Patagonia per accrescere la sua ricchezza e potere e si muove con la stessa mentalità dei conquistatori; non ha bisogno di armi per raggiungere i suoi obiettivi ma uccide, con la stessa forma, usando il denaro. Vorrei ricordarle che "non sempre ciò che è legale è giusto, e non sempre quello che è giusto è legale". Vorrei dirle che Lei ha tolto, con la complicità di un giudice ingiusto, 385 ettari di terra, con la armi del denaro, a un'umile famiglia Mapuche con una dignità, un cuore, una vita; loro sono Atilio Curiñanco e Rosa Nahuelquir proprietari legittimi da sempre, per nascita e per diritto dei loro padri".

"Vorrei farle una domanda, signor Benetton: Chi ha comprato la terra a Dio? Lei sa che la sua fabbrica dagli abitanti del luogo è chiamata "la gabbia", cinta con fil di ferro, che ha rinchiuso i venti, le nubi, le stelle, il sole e la luna. E' scomparsa la vita perchè tutto si riduce al mero valore economico e non all'armonia con la Madre Terra. Lei si sta comportando come i signori feudali che alzavano muri di oppressione e di potere dei loro latifondi".

"A Treviso, quel bel paese nel nord Italia, dove Lei ha il centro delle sue attività, non so quello che pensano i cittadini e le cittadine riguardo alle sue azioni. Spero che reagiscano con senso critico e pretendano che Lei agisca con dignità e restituisca questi 385 ettari ai legittimi proprietari. Sarebbe un gesto di grandezza morale e le assicuro che riceverebbe molto di più che la Terra: la grande ricchezza dell'amicizia che il denaro non potrà mai comprare. Le chiedo, signor Benetton, che viaggi in Patagonia e che incontri i fratelli Mapuche e che divida con loro il silenzio, gli sguardi e le stelle. Credo che il luogo che con la sua presenza chiamano "La gabbia", verrebbe chiamata "L'amico" e la gente di Treviso sarebbe onorata di avere nel suo paese una persona con il cuore aperto alla compresione e alla solidarietà".

"La decisione è sua. Se decide di restitutire la terra ai fratelli Mapuche mi impegno ad accompagnarla e dividere con Lei e ascoltare la voce del silenzio e del cuore. Tutti siamo di passaggio nella vita, quando arriviamo siamo in realtà in partenza e non possiamo portare niente con noi. Possiamo, però, lasciare al nostro passare le mani piene di speranza per costruire un mondo più giusto e fraterno per tutti. Che la Pace e il Bene la illumini e le permettano di trovare il coraggio per correggere i suoi errori".
Adolfo Pèrez Esquivel

Luciano Benetton risponde

"Gentile signor Pérez Esquivel, ringraziandola per la sua lettera, franca e diretta, le rispondo subito che sono disponibile a incontrarla per aprire un confronto sul tema delle terre in Patagonia. Confronto che dovremmo estendere anche agli altri proprietari terrieri e ai rappresentanti del governo argentino".

"Sono convinto che un civile dialogo tra le parti rappresenti l´unica strada per comporre le molteplici posizioni e le differenti opinioni. A maggior ragione se si tratta di un tema complesso come quello delle terre patagoniche, che presenta complicati risvolti storici, sociali ed economici. Che coinvolge i diritti spesso contrastanti di numerosi gruppi etnici diversi, oltre che due governi sudamericani. Che propone interrogativi morali e filosofici antichi quanto il mondo. Chiedendomi "Chi ha comprato la terra a Dio?", lei riapre un dibattito sul diritto di proprietà che, comunque la si pensi, rappresenta il fondamento stesso della società civile".

"Ma se si accetta il principio che la proprietà è necessaria, si può ben discutere se sia necessario o meno che resti sempre nelle stesse mani. Da parte mia credo che nel mondo terreno e ormai globalizzato la proprietà fisica, come quella intellettuale, sia di chi può costruirla con la competenza e il lavoro, favorendo anche la crescita e il miglioramento degli altri. A questo proposito mi permetta di riassumerle, al di là delle forzate interpretazioni ideologiche e delle implicazioni d´immagine, qual è nel merito la posizione del nostro gruppo, che è una posizione di imprenditorialità e passione. La Compañia de Tierras Sud Argentino, attiva dal 1891, è stata acquistata da parte di Edizione Holding (la finanziaria della famiglia Benetton) da tre famiglie argentine nel 1991".

"La nostra era, ed è tuttora, una sfida di sviluppo: trasformare questa azienda storica, con più di 100 anni di tradizione ma ormai decaduta, formata in gran parte da terre desertiche e inospitali, in una impresa agricola dedicata in particolare all´allevamento delle pecore ed altre attività agricole. Senza entrare nel crudo dettaglio delle cifre, abbiamo investito per portare l´azienda a buoni livelli di produttività, ben consapevoli che questo avrebbe contribuito a produrre sviluppo e lavoro per il territorio e i suoi abitanti. I risultati fin qui ottenuti sono positivi, certo non dal punto di vista degli utili, ma sicuramente per il livello di qualità raggiunto nell´allevamento ovino e per la crescita occupazionale nell´area. Del resto, più in generale, non penso che scoraggiare gli investimenti degli imprenditori possa rappresentare una politica alla lunga redditizia, per l´Argentina come per qualsiasi altro Paese che voglia guardare a ragionevoli obiettivi di crescita, specie in un momento così delicato per l´economia internazionale".

"Per questa serie di motivi, mi creda, appare quanto meno ingeneroso descrivere le tenute argentine di Edizione Holding come latifondi medioevali improduttivi, e noi come signori feudali. Abbiamo semplicemente seguito le regole economiche in cui crediamo: fare impresa, innovare, operare per lo sviluppo, continuare a investire per il futuro. E, nel contempo, essere aperti a ciò che l´esperienza e il rapporto con il mondo possono insegnarci. Con la consapevolezza dolorosa ma realistica, da lei stesso ricordata, che niente possiamo portare con noi alla fine del viaggio. Ma nella ferma convinzione che sia il viaggio stesso - le cose viste e fatte, i rapporti umani, le strade percorse, gli obiettivi pensati e raggiunti - a rappresentare il nostro capitale più prezioso".
Luciano Benetton

La Nazione Mapuche

(Mapu = Terra, Che = Uomo, "Popolo della Terra") si trova nel Cono Sur dell'America del Sud, nei territori oggi occupati da Cile e Argentina. Il Wall-Mapu, universo ancestrale dei Mapuches, popolo nomade, precolombiano, comprende le comunità Puelche (dell'Est), Pikunche (del Nord), Williche (del Sud), Pewenche (Araucaria), Lafkenche (del mare), Nagche (della pianura), Wenteche (delle vallate).

Il popolo della terra risiede soprattutto nelle province del Bìo-Bìo, Arauco, Malleco, Cautìn, Valdivia, Osorno, Llanquihue y Chiloé. Buona parte dei Mapuches si sono trasferiti nei grandi centri urbani di Santiago, Concepciòn, Valparaiso, Temuco y Valdivia. A Temuco, (dove studiò Pablo Neruda) su 176.712 abitanti, 38.410 sono Mapuches. La lingua dei Mapuches è il Mapudungun (dungun = linguaggio), la lingua indigena più parlata in Cile.

Malgrado i forti tentativi di assimilazione, il popolo Mapuche, è riuscito a conservare lingua, religione e struttura politico-sociale e gestisce, tutt'ora, le riserve indigene nelle quali è costretto a vivere sin dall'inizio del XX secolo. Prevalentemente dediti alla pastorizia, all'artigianato e, più recentemente, all'agricoltura, i mapuches rappresentano, in Cile, la fascia più povera della popolazione. Dagli Inca a Pinochet I mapuches, chiamati dagli spagnoli "araucani", possono essere considerati come i primi guerriglieri dell'America Latina, (Luis Sepulveda: Patagonia Express - Feltrinelli 1995) si sono battuti prima contro l'Impero Inca, poi contro la dominazione spagnola, in difesa del proprio territorio. Nel 1881 le terre mapuche furono occupate militarmente nel corso della cosiddetta "pacificazione dell'Araucania" che provocò migliaia di vittime.

La lotta dei Mapuches continua anche nel XX secolo, contro l'oligarchia cilena, tranne che nel periodo del governo del Fronte popolare (1938-41) e quello di Unità popolare di Salvador Allende che, con la riforma agraria, aveva restituito ai Mapuche 700 mila ettari di terra. Nel 1974 Pinochet (dittatore dal 1973 al 1990) riconsegnò ai latifondisti l'80% dei terreni. Soltanto quattro anni dopo, una Commissione delle Nazioni Unite dichiarò ufficialmente: "Dal giorno del colpo di Stato, i latifondisti, i militari e la polizia, hanno iniziato una vera e propria caccia ai Mapuches".

Mentre Allende, con la legge n° 17.729 del 1972, aveva garantito, nella Costituzione, diritti fondamentali ai Mapuches, restituzione dei diritti sulla proprietà della terra, sostegno a iniziative sociali e culturali, un sistema sanitario efficiente e l'insegnamento della lingua Mapudungun, il dittatore Pinochet dichiarò: "Non esistono popolazioni indigene". Come conseguenza della legge 2.568 del 1979, quasi il 90% delle proprietà Mapuche sono state espropriate, vendute o concesse a imprese forestali ed ex latifondisti. Con l'abolizione della proprietà collettiva tutte le strutture economiche, politiche, sociali e culturali del Popolo della Terra, furono smantellate. Arresti, torture, esilio, ridussero tra gli anni 70 e 80, le comunità mapuche da 2.060 a 665.

Una legge simile (n° 2.885) rese legale l'espropriazione delle terre Rapa Nui, sull'Isola di Pasqua. Dopo Pinochet Finita la dittatura i decreti, per l'espropriazione delle proprietà comunitarie, sono stati annullati, ma la lotta del "Popolo della Terra" non si è conclusa. La Legge Indigena (n° 19.253 del 1993) classifica i Mapuches come "popolazioni" e non come "popolo", differenza fondamentale dal punto di vista del diritto internazionale.

Da anni, le comunità mapuche sono mobilitate per ottenere il riconoscimento della propria identità e la difesa dei propri territori. Studenti, ecologisti, attivisti, negli ultimi anni, sono stati arrestati con l'accusa di terrorismo. Pochi giorni fa, il 13 gennaio 2004, il dirigente indigeno mapuche Vìctor Ancalaf, leader delle comunità di Collipulli, è stato condannato a 10 anni di carcere per aver diretto "azioni terroristiche" contro l'impresa elettrica Endesa-Espana, nella regione dell'Alto Bio-Bio. Ancalaf è detenuto dal novembre 2002 nel carcere di El Manzano di Concepciòn, con i dirigenti del coordinamento Arauco-Malleco, José Huenchunao e Héctor Llaitul, per associazione illecita. L'avvocato di Ancalaf presenterà appello alla Corte interamericana dei diritti umani presso l'OSA (Organizzazione degli Stati Americani) perché "non esistono prove e la sentenza si basa su semplici indizi".

Il Premio Nobel per la letteratura José Saramago e i filosofi Edgar Morin e Alain Touraine, in una lettera inviata al presidente cileno Ricardo Lagos, esprimono la propria preoccupazione per gli indigeni mapuches e ricordano che diverse organizzazioni, nazionali e internazionali, per la difesa dei diritti umani, hanno denunciato violazioni dei diritti fondamentali, nei confronti di questo popolo.

Il prezzo dello sviluppo

Dal 20 maggio al 17 giugno 2002, migliaia di Mapuches hanno partecipato ad una marcia (percorrendo a piedi 637 chilometri dalla città di Temuco a Santiago del Cile) per attirare l'attenzione dell'opinione pubblica sull'occupazione del loro territorio, i trasferimenti di popolazione, le pessime condizioni di vita e la compromissione degli equilibri ecologici nella regione in cui vivono. La marcia fu proposta da Consejo de Todas Las Tierras, organizzazione molto nota all'estero e attiva alle Nazioni Unite, che ha presentato una proposta nazionale per il riconoscimento della Nazione Mapuche. Destinatari delle proteste le industrie del legname, l'impresa elettrica Endesa, e sul versante argentino, la società italiana Benetton.

L'industria del legno

A partire dal 1989, i governi cileni di centrosinistra, adottando una strategia economica neo-liberale, hanno puntato a un rapido sviluppo del paese, favorendo le attività di imprese forestali e società legate al capitalismo internazionale. Sul territorio mapuche, si sono così insediati gruppi come Matte-Larrain e Angelini. Matte-Larrain attraverso numerose imprese forestali (Aserraderos Mininco, Servicios Forestales Escuadron, Immobiliaria Pinares, Sociedad Forestal Crecex S A, Forestal Rio Vergara, Agricola y Ganadera Monteverde) controlla oltre il 40% della produzione e dell'esportazione del legno, nella regione mapuche.

L'Angelini, con la consociata americana International Paper e il Gruppo neozelandese Carter Holt Harvey, possiede le imprese Celarauco, Forestal Cholguan e Aserraderos Arauco, che con le filiali Cellulosa Arauco e Costituction, fatturano 107 milioni di dollari ed esportano negli USA, in Cina, Giappone e Corea del Sud, il 24% sul totale del legname mapuche esportato.

Nel settore del legname operano in Cile anche Shell, Mitsubishi, Trillium Corporation e Schidheiny. Nella regione, l'area di sfruttamento forestale è aumentata di oltre il 50%, tra la fine degli anni 70 e la fine degli anni 90, quando occupava già un milione 667mila ettari. Nello stesso periodo, i terreni destinati alla coltivazione di grano e mais per le comunità, sono stati ridotti del dieci per cento. Lo sfruttamento delle foreste, da parte delle imprese forestali, se da un lato rappresenta la seconda voce tra le merci più esportate dal Cile, dall'altro producono rischi seri per l'ecosistema. Nel territorio mapuche infatti esistono esemplari di alerce (anche 4mila anni d'età) alti più di 50 metri e, nel parco del Conguillìo, si trova l'unica foresta di sole araucarie del mondo.

I boschi, (secondo una ricerca effettuata dalla Corporazione nazionale delle foreste (Conaf) organismo governativo cileno) subiscono deterioramenti, a causa delle sostanze chimiche utilizzate nei processi di trasformazione del legno in cellulosa. Al posto di encina, maòeo, roble e rauli (specie vegetali a rischio d'estinzione) vengono piantati pinus radiata e eucaliptus, esemplari d'importazione a rapida crescita. Le coltivazioni intensive provocano erosione del suolo e impoverimento delle risorse idriche. La riduzione degli spazi destinati alle colture di autosussistenza e l'impoverimento del suolo privato, per necessità, dei tempi di riposo, spingono la popolazione mapuche verso le città.

Ogni anno, vengono tagliati tre milioni e mezzo di ettari di foreste, in tutta l'America latina, più del 60% del legno duro tagliato nel mondo. La diga Ralco L'Endesa-Spagna, sede centrale a Madrid, con i suoi impianti sparsi in 12 nazioni, è una delle più grandi società del mondo nel campo della fornitura di elettricità e si rivolge a oltre 20 milioni di utenti. I suoi interessi riguardano anche la gestione di gas, acqua e servizi primari. La società, con numerose affiliate in Europa e in tutto il Sud America, ha investito 500 milioni di dollari per la costruzione di sei centrali idroelettriche nella valle del Bio-Bio (cordigliera delle Ande). La diga Ralco, in particolare, sorgerà nella regione in cui vive la comunità mapuche dei pewnche (circa 4mila pesone) e provocherà il trasferimento di circa mille individui in una zona dal clima più freddo.

La grande multinazionale sostiene che, le condizioni di vita degli indigeni pewnche sono già troppo precarie per poter essere ancora compromesse, mentre i rappresentanti delle comunità mapuche, protestano perché un trasferimento di massa significherebbe la perdita delle proprie tradizioni e la rottura del vincolo ancestrale con il proprio territorio. L'ecosistema del Bio-Bio è fra i meno contaminati e i più ricchi di tutta l'America meridionale. Molte specie protette hanno il proprio habitat naturale proprio nelle foreste di araucaria: cervi, puma, gatti selvatici, uccelli rapaci. La costruzione della diga provocherà, secondo gli esperti, la scomparsa della cultura mapuche e la distruzione dell'ecosistema.

Il progetto per la Carretera costera prevede la costruzione di una strada che dovrebbe collegare la città di Concepciòn a San Juan de la Costa. Le comunità indigene e gli ambientalisti, sostengono che la realizzazione dell'opera produrrà inquinamento da traffico. Sembra inoltre che alcuni imprenditori abbiano espresso l'intenzione di comprare lotti costieri sul lago Budi, se ciò dovesse accadere, dicono i mapuche, provocherebbe maggiore penetrazione nel loro territorio e lo sfruttamento, a scopo turistico, della loro immagine. La fabbrica di cellulosa a San Josè de la Mariquina progettata dall'impresa Celco, l'apertura della più grande fabbrica di cellulosa dell'America latina, è collegata alla realizzazione della strada costiera. Dovrebbe nascere dallo sfruttamento dei boschi di tutta la regione che la strada attraverserà. La produzione di cellulosa, affermano i mapuches e gli ecologisti cileni, è altamente inquinante per l'uso massiccio di sostanze chimiche.

La fabbrica dovrebbe scaricare i suoi rifiuti tossici in mare e ciò provocherebbe seri danni alla fauna marina che rappresenta la fonte alimentare primaria per gli indigeni Lafqunches. La Carretera "By-Pass" L'autostrada è stata progettata per evitare il traffico nel centro urbano di Temuco. Se verrà costruita taglierà in due il territorio mapuche, e precisamente quello abitato dalla comunità di Truf Truf. L'area urbana si estenderà lungo i lati della nuova strada, creando non pochi disagi ai mapuches che hanno presentato proposte alternative. Oleodotto San Vincente-Temuco Progettato per trasportare il petrolio dalle raffinerie di Petrox fino alla periferia di Temuco, l'oleodotto attraverserà i territori di tre comunità mapuches.

I geni mapuches brevettati

Il popolo mapuches ha diffuso un comunicato di protesta anche nei confronti del "Proyecto de diversidad del genoma humano" (PDGH), nell'ambito del quale, un gruppo di scienziati, antropologi, sociologi, provenienti da USA, Europa, India e Giappone, componenti di un Comitato Esecutivo Internazionale, vorrebbe raccogliere campioni di sangue, radici di capelli, unghie e pelle, per conservare le informazioni genetiche dei popoli indigeni. I mapuches si chiedono: perché tutto questo interesse nel salvare geni di popoli indigeni abbandonati e repressi, e scrivono: "Consideriamo il progetto di brevetto genetico come il prodotto di un sistema malato, capace di generare una scienza che divide l'uomo, che lo isola, non solo dalla sua famiglia e dal suo popolo, ma lo suddivide in particelle sempre più piccole, con una chiara attitudine suicida... Ieri - affermano nel loro comunicato diffuso in Rete - ci hanno usurpato la nostra terra...oggi ci usurpano le ricchezze della terra e del sottosuolo e la nuova usurpazione è già cominciata: è il furto delle nostre conoscenze, della nostra sapienza e dei nostri geni..."

Popoli, culture, progresso Cinquemila comunità indigene (300 milioni di individui) in tutto il mondo, rischiano di essere assimilate e scomparire, con i propri usi, costumi e conoscenze. Culture ancestrali destinate a spegnersi e cedere il passo al progresso. Rischiano di scomparire, fra le altre, la cultura Adivasi, in India (70 milioni); la Saami nel Nord Europa; quella dei Nomadi del mare nel Sudest asiatico; quella dei Pigmei nelle ultime grandi foreste africane; quella degli indigeni equadoriani, minacciati dalle industrie petrolifere; la cultura San dell'Africa meridionale; quella indiana, nell'intero Continente americano; le tradizioni dei popoli siberiani, nel nord della Russia, e il mondo dei Mapuches, (un milione in Cile, 250mila in Argentina) e ancora in Cile gli Aymara (48mila), i Rapa Nui (20mila), i Cunsa o Atacameno (3mila), i Coya (100) gli Yàmana (70) e i Kawèskar (100), che, tutti insieme, rappresentano il 10% dell'intera popolazione cilena (15 milioni di abitanti).

Posted by fabio at 08:13 | Comments (0)

14.07.04

Afghanistan: "Welcome home"

I reduci afgani, tornati in patria da località lontane come Guantanamo, hanno avuto la sorpresa di scoprire che le loro case erano state distrutte. Bisognava armarsi di cazzuola e cucchiaio e darsi da fare a ritirarle su e per fortuna che prima ancora che venisse steso il primo strato di calce sono arrivati degli esperti americani a sconsigliare di rifare il solito modello squadrato, col tetto di fango che per migliaia di anni gli afgani hanno chiamato casa.

Con una pazienza non priva di competenza scientifica, gli esperti USA hanno avvertito gli afgani senza tetto che costruire alla carlona non paga perchè, al primo terremoto, le capanne col tetto di fango si sbriciolano come savoiardi inzuppati.

Henry Kelly, presidente delle Federazione Scientifica Americana (sic..) si è impegnato a fare subito qualcosa: chiamati alcuni ingegneri del prestigioso MIT, li ha messi senza indugio al lavoro. Dopo misteriose elaborazioni, gli scienziati sono giunti ad una brillante soluzione: sostituire fango e mattoni con il più stabile polistirolo espanso, meglio ancora se prodotto dalla Dow Chemicals.

Ma come hanno fatto i brillanti studiosi a giungere ad una conclusione risolutiva tanto presto? Semplice, ha risposto Roger Rasbach, architetto di Houston, molte case americane usano già il polistirolo per isolare i tetti, perchè non usarlo per realizzare case in Afghanistan?.

In quattro e quattr'otto, sono giunti nel paese asiatico enormi pannelli di polistirolo il cui aspetto ricorda quello delle fette di pane in cassetta. Li ha spediti la Thermsave, garantendone la stabilità. Il segreto risiede nel modo in cui vengono incollati: se lo si fa per bene, i pannelli non si spostano di un millimetro, nemmeno se si verificano acquazzoni della durata di un mese. Per la verità, è difficile che questo avvenga in Afghanistan, dove piove ogni tre anni, ma meglio restare sul sicuro.

All'inizio, gli afgani si sono mostrati un pò scettici, poi si sono decisi e nei prossimi due anni, almeno il 15% delle loro abitazioni sarà realizzato in polistirolo. A convincere quelli che proprio non volevano saperne ci ha pensato Henry Kelly, con l'aiuto della Shelter For Life (Rifugio per la Vita - ndr.), un'associazione senza fini di lucro da anni gira per l'Asia ricostruendo case dove le bombe americane hanno portato sufficiente distruzione a giustificare il suo intervento.

Gli operai della Shelter hanno tirato su in un battibaleno 20 casette di polistirolo per mostrare agli afgani la bontà dei progetti di Kelly. Unico problema: far tirare fuori 100.000 dollari per il piccolo impianto per la lavorazione del polistirolo da cui ricavare pareti. Anche questa volta è andata bene: la Shelter è stata abile nel dimostrare che con soli 523$ si può realizzare una bella villetta di polistirolo di 226 metri quadri, contro i 1000 necessari per la stessa metratura realizzata in fango e mattoni: come resistere a un vero affare?.

Posted by fabio at 10:58 | Comments (0)

10.06.04

Berlusgoogle

berluscgoogle.gif
sembra Google ma la pensa come il cavaliere é berlusgoogle.com

Posted by fabio at 10:25 | Comments (0)

27.04.04

Barzelletta Tiscazzi! ...meglio dei Carabinieri

headupass.jpg
Oggi in Ufficio Internet non va. Vabbe' per qualche ora posso fare a meno del collegamento. Il giorno dopo e quello successivo Internet è sempre fantasma.
Mi decido e telefono all'Assistenza del mio SuperProvider Tiscazzi.
Mi scazzo per un po' con Tiscazzi radio jazz che per inciso ha la stessa programmazione di canzoni dal 2002, quando sono diventato cliente Tiscazzi.

La favola Tiscazzi non delude mai. Ascoltate....
130 Tasto 3 tasto 2 tasto 3 ....Miracolo ...mi rispondono!
Il SuperOperatore mi risponde ...in cosa posso essere Utile?
Io ...Ho internet giu' da 3 giorni, mi spiega che succede? ...in mio nr. di tel è XXX
Il SO che sistema operativo usa? ...con cosa si connette?
Io ...Findus 98 ....Router zyxel XXX
Il SO ...Un attimo di pazienza che controllo ....Mi risulta tutto a posto, lei è connesso!
Io ...Non sono connesso a un bel niente, non esco, mi dica lei cosa devo fare.
Il SO ...E' possibile che il suo router sia impallato ...provi a schiacciare il tasto di RESET (?!?!?!?!?!?!?!?!?!?!)
Io ...Ecco fatto ...ora che succede?
Il SO ...Riprovi la connessione ....se non funziona mi richiami.

Ebbene, Io ora ho un ruter resettato con le impostazioni di fabbrica e il Coglione di Operatore crede che con le impostazioni di fabbrica io mi possa riconnetere a Internet???????

Ma quelli che scartano i Carabinieri li assume la Tiscazzi?

Posted by fabio at 09:58 | Comments (0)

09.04.04

Barbie and Big Jim

Alzate il volume e buon divertimento!!
Barbie anime

Posted by fabio at 14:47 | Comments (0)

06.04.04

Berlusconi Benny Hill

Le tre pacche sulla pelata del Premier!!!
ll premier Lussemburghese sorprende il premier italiano a capo chino.
Download file

Posted by fabio at 09:19 | Comments (0)

30.03.04

Mi scappa la pipi'!!

Devo assolutamente andare a piscare all'aeroporto Kennedy, guardate un po' che figata sono i pisciatoi!! Anche se non ti scappa un giretto ce lo fai....wclip1.jpg

Posted by fabio at 09:24 | Comments (0)

Press any key

Che ne dite non vi fa invidia questa tastiera con il tasto "any key" ....si dormono sonni piu' tranquilli!
computergear_1773_782530.gif

Posted by fabio at 09:09 | Comments (0)

29.03.04

I medici si drogano pesante

Secondo Roberto Ciccocioppo dell'universita' di Camerino, il comportamento osservato nei ratti spiega perche' negli esseri umani la tentazione di sperimentare nuovamente la cocaina sia alta gia' dopo la prima volta che la si prova.

Una Dose Di Cocaina Crea Dipendenza Per Un Anno

Camerino - Basta una dose di cocaina a creare dipendenza a lungo termine. Lo rivela uno studio italiano condotto sui ratti e pubblicato su 'Nature Neuroscience', secondo cui una singola assunzione della droga e' sufficiente a condizionare il comportamento degli animali per un anno. Per tutto questo tempo, infatti, i ratti continuano a desiderare la polvere bianca e ricordano con precisione i movimenti che devono fare per riceverla in premio. Secondo Roberto Ciccocioppo dell'universita' di Camerino, il comportamento osservato nei ratti spiega perche' negli esseri umani la tentazione di sperimentare nuovamente la cocaina sia alta gia' dopo la prima volta che la si prova. Per i ricercatori, inoltre, questo meccanismo cerebrale giustifica il fatto che chi ha sniffato la droga continua a 'sognarla' anche per molti anni dopo la disintossicazione. In collaborazione con lo Scripps Research Institute di La Jolla, gli studiosi italiani hanno addestrato un gruppo di ratti a premere una leva per ottenere del cibo. In una seconda parte dello studio i roditori imparavano che quando sentivano un 'bip' dovevano azionare piu' volte e con forza la leva. Questo gesto in meta' dei ratti era premiato da una dose di cocaina endovena, mentre nell'altra meta' da una piccola quantita' di latte condensato. Nei mesi successivi gli animali sono stati reintrodotti nella gabbia sperimentale, ma se premevano la leva non ricevevano piu' ne' latte ne' cocaina. Dalle osservazioni e' risultato che in meno di tre mesi i ratti ricompensati con il latte smettevano di azionare la leva. Quelli che avevano ricevuto la cocaina, invece, andavano avanti per un anno a muoverla freneticamente dopo ogni bip, sperando di ottenere ancora la droga.

Posted by fabio at 15:15 | Comments (0)

Integralismo Cristiano

G8 e Anti G8. Da cristiani a cristiani. Contro il "pensiero unico"

"C'è un grande turbamento in questo momento nel mondo e nella Chiesa e ciò che è in questione è la fede. Capita ora che mi ripeta la frase oscura di Gesù nel Vangelo di san Luca: Quando il Figlio dell'Uomo tornerà, troverà ancora la fede sulla terra? Ciò che mi colpisce quando considero il mondo cattolico, è che all'interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non-cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all'interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa"

Non conformatevi!

G8 e Anti G8. Da cristiani a cristiani. Contro il "pensiero unico"

"C'è un grande turbamento in questo momento nel mondo e nella Chiesa e ciò che è in questione è la fede. Capita ora che mi ripeta la frase oscura di Gesù nel Vangelo di san Luca: Quando il Figlio dell'Uomo tornerà, troverà ancora la fede sulla terra? Ciò che mi colpisce quando considero il mondo cattolico, è che all'interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non-cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all'interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa"

(da "Paolo VI segreto" di Jean Guitton)

Da "Lettera ai cristiani d'occidente" di Josef Zverina (teologo cecoslovacco) anno 1975

Fratelli,
voi avete la presunzione di servire alla costruzione del Regno di Dio, assumendo quanto più possibile dal cosiddetto mondo d'oggi: i suoi modi di vita, il suo linguaggio, i suoi slogans, il suo modo di pensare.
Riflettete, vi prego: che vuol dire simpatizzare con il mondo d'oggi? Significa, forse, che bisogna lentamente vanificarsi in esso? Sembra purtroppo che vi muoviate proprio in questa direzione
"Fratelli ammoniva san Paolo nella lettera ai Romani (12,2) non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi, rinnovando la vostra mente".
"Non conformatevi!". In greco: "mè suskèmatìzesthe". Il verbo contiene la radice della parola "schema". Per dirla in breve: ogni modello esteriore, ogni schema è vuoto
Riflettete sulle parole di san Paolo e si ridimensionerà tanta ingenua fiducia nella cosiddetta rivoluzione o nella violenza (della quale, comunque, voi non siete capaci)
"Esaminate voi stessi, se siete nella fede, mettetevi alla prova" scriveva l'apostolo ai Corinti (2Cor 15, 5). O forse non riconoscete neppure che Gesù Cristo abita in voi? Noi non possiamo ricopiare il mondo, proprio perché ci è chiesto di giudicarlo. Non, certo, con orgoglio e superiorità. Ma con amore: così come il Padre ha amato il mondo (Gv 3, 16) e per questo ha pronunciato il suo giudizio su di esso.

Josef Zverina

1. Gesù Cristo centro del cosmo e della storia

Noi firmatari di questo manifesto siamo semplici cattolici, non rappresentiamo che noi stessi. Abbiamo deciso di intervenire dopo aver letto con inquietudine il "Manifesto delle associazioni cattoliche ai leaders del G8", sottoscritto da decine di organizzazioni ecclesiastiche.

Confessiamo il nostro profondo disagio di fronte a un documento che rischia di far tornare i cattolici alla situazione di venticinque anni fa, cioè a una condizione di sudditanza alle ideologie e perfino agli slogan di gruppi e movimenti politici c he nulla hanno a che fare con la nostra fede e le cui ricette politiche, peraltro, hanno sempre dato dove applicate risultati terribili. A una situazione cioè dove non è più chiaro qual è l'originalità della presenza dei cristiani nel mondo.

Innanzitutto noi crediamo che il primo e fondamentale contributo che i cristiani portano all'umanità, anche per la promozione sociale e civile dei popoli (come dimostra la storia), sia l'annuncio di Gesù Cristo: Dio fatto uomo per sconfiggere il male e dare all'uomo la redenzione e la vita eterna.

Rileviamo invece che le associazioni cattoliche firmatarie del Manifesto si dilungano a discettare delle materie più varie (dalle percentuali di pil alla proposta di tassare le transazioni valutarie, dal divieto di monopoli nell'editoria agli organismi geneticamente modificati), ma non ritengono di affermare da nessuna parte che Gesù Cristo è l'unico salvatore dell'uomo e che questo annuncio è il loro fondamentale compito.

Non si stanca di ripeterlo invece il Santo Padre, che pure non ha fatto mancare la sua parola e i suoi appelli sui problemi relativi al debito dei Paesi del Terzo Mondo, sulla pace e il rispetto dei diritti umani, sulla protezione della dignità e della vita umana, dal suo concepimento alla sua fine naturale. In tutti questi pronunciamenti di Giovanni Paolo II noi ci riconosciamo e chiediamo alle organizzazioni internazionali di non lasciarli cadere nel vuoto. Dobbiamo assumerci, come Stati e come singoli cittadini, le nostre responsabilità per la difesa dei diritti dell'uomo e dell'ambiente.

Il Manifesto delle organizzazioni cattoliche, oltre a "dimenticare" l'essenziale della presenza dei cristiani nel mondo, prospetta argomenti e soluzioni che sembrano assunte (perché vi si ritrovano tali e quali) dai vari pronunciamenti del movimento anti-globalizzazione, il cosiddetto "popolo di Seattle", al quale questo mondo cattolico sembra essersi accodato in modo acritico.

Tanto che il documento delle associazioni cattoliche ha addirittura censurato tutti quei temi che invece il magistero di Giovanni Paolo II continuamente e drammaticamente richiama i quali avrebbero potuto diversificarlo dal cosiddetto "popolo di Seattle". Colpisce, ad esempio, la lunga premessa sulla necessità di difendere la dignità e la vita umana che poi trae conclusioni solamente contro la guerra e la miseria economica (e chi è mai a favore della guerra e della miseria?), ma non proferisce parola per esempio contro l'aborto di massa, l'eutanasia, i programmi di sterilizzazione collettiva nei paesi del Terzo Mondo (questo sì, vero colonialismo), né contro l'uso sperimentale della genetica sull'uomo.

Va detto che il movimento "anti G8", lungi dall'essere vicino alla Chiesa e alla fede cattolica, ha, secondo noi, alla sua base uno schematismo ideologico, una brutalità manichea, uno sprezzo della ragione umana, che sono assolutamente inconciliabili con quella positiva apertura alla ricerca della verità a cui ci educa l'esperienza cristiana, la quale suggerisce così una cultura fondata non sul pregiudizio o sull'anatema, ma su una coscienza critica e sistematica della realtà.

2. Un'ideologia impermeabile all'esperienza

Non a caso, tale movimento è egemonizzato da gruppi che praticano sistematicamente la violenza contro cose e persone (e anche a questo proposito nel documento delle organizzazioni cattoliche si nota un desolante silenzio).

Innanzitutto c'è una fortissima componente marxista (sia pure un marxismo dilettantesco e superficiale) che si esprime come odio ideologico dell'Occidente capitalistico e del libero mercato, considerati come un imperialismo planetario che complotta ai danni dei poveri (dimenticando peraltro che enormi sacche di fame e sottosviluppo sono state lasciate in eredità dai fallimentari sistemi comunisti).

Un marxismo grossolano che riesce perfino a demonizzare oltre alla proprietà e al mercato anche lo sviluppo, la tecnologia e la scienza. Cosicché va ad incontrare inconsapevolmente ideologie di estrema destra che già da decenni demonizzano "l'americanizzazione del mondo".

3. Un ecologismo da fanatismo religioso

L'altra componente è un ecologismo radicale che oltre ad essersi dimostrato disastroso e oltre ad alimentare irresponsabilmente fobie collettive, fuori da ogni serio dato scientifico, intende abbattere esplicitamente il fondamento della tradizione giudaico-cristiana, cioè il primato dell'essere umano e la bontà della sua presenza sul pianeta.

Non dovrebbe sfuggire ai cristiani quanto sia pericolosa la concezione pagana e panteista connessa con una simile difesa dell'ambiente. La difesa della "Madre Terra" dall'uomo, ritenuto il cancro del pianeta, e l'adorazione di Gaia sono concezioni che appartengono a un mondo pagano. Vorremmo ricordare quanto terribile sia stato nel XX secolo il riemergere in ideologie politiche del neopaganesimo ispirato a certe concezioni bio-ecologiche.

Condizione umana e mondo comune.

Alcuni dati di fatto, nel merito dei problemi.

1. C'è un progresso innegabile

La storia dell'umanità dimostra che il progresso scientifico, tecnologico, culturale ed economico generato dall'uomo ha reso il nostro pianeta più vivibile. L'umanità vive meglio e più a lungo.
Dal 1960 ad oggi, nei paesi in via di sviluppo, i tassi della mortalità infantile sono stati ridotti della metà, i tassi di malnutrizione del 33 per cento e la percentuale di ragazzi in età scolare che non frequenta alcun corso di studi è calata dalla metà a un quarto. Le famiglie rurali che non hanno accesso all'acqua salubre sono passate dai nove decimi a un quarto. La durata media dell'esistenza nei paesi industrializzati è di 77 anni (era di 50 nel 1900 e di 40 nel 1820) ed è cresciuta anche nei paesi arretrati a più di 60 anni (la media mondiale è di 67 anni). Nell'arco del secolo il reddito individuale medio mondiale è quadruplicato.
Naturalmente esistono anche gravi ingiustizie, fame e nuovi drammi sociali che occorre affrontare e risolvere (per questo ci siamo richiamati agli interventi del Papa). Ma è insensato misconoscere gli enormi progressi fatti.
Anche il rapporto con l'ambiente con buona pace dei catastrofisti - è notevolmente migliorato. Lo sviluppo delle attività agricole ha permesso di ottenere una produzione alimentare che oggi può sfamare l'intera umanità con un utilizzo di terre e di forza lavoro sempre più piccole (e alleviando enormemente anche la fatica umana). Le zone protette si sono moltiplicate per venti negli ultimi dieci anni. Le città dei Paesi avanzati sono più pulite e anche certe forme d'inquinamento dei mari sono fortunatamente diminuite.

2. E c'è un sonno della ragione che genera mostri

Di fatto i paesi che sono più aperti al commercio hanno una crescita più rapida di quelli che non lo sono. Inoltre è stato dimostrato che non bastano affatto gli aiuti dell'Occidente (che anzi talora possono essere anche controproducenti) per battere la povertà e il sottosviluppo. Occorre prima una crescita giuridica e culturale in quei paesi: senza il riconoscimento dei diritti umani, civili ed economici delle persone (e senza la formazione e le conoscenze) il Terzo Mondo non esce dal sottosviluppo.

Eppure il modo in cui oggi si discute di fame, processi economici e difesa dell'ambiente mette sul banco degli imputati i Paesi e gli uomini che hanno favorito lo straordinario progresso di questi decenni. Bastano poche voci confuse, argomentazioni pseudo-scientifiche, e tanta ideologia basata sulla lotta di classe per criminalizzare intere categorie sociali e diffondere pena e panico sul futuro. I parametri culturali entro i quali sono stati collocati i problemi di sottosviluppo e ambientali risentono di una visione del mondo in cui le popolazioni ricche vengono accusate di sfruttare i poveri ed il progresso scientifico e tecnologico viene contrapposto alla conservazione dell'ambiente. Sembra quasi che eliminando le economie sviluppate si vincerà la povertà e che tutto ciò che è umano, scientifico e tecnologico rovini il pianeta. Così, in nome di una presunta difesa dei poveri e dell'ambiente sono state scatenate vere e proprie azioni di guerriglia urbana, uomini sono stati feriti, si sono devastate città. Peraltro non risulta che il cosiddetto "popolo di Seattle" che pretende di presentarsi come "la voce degli emarginati" - sia stato delegato dai paesi poveri. Al contrario, risulta che i Paesi del Terzo Mondo abbiano idee esattamente opposte a quelle del "popolo di Seattle" su biotecnologie, apertura ai mercati e Protocollo di Kyoto, sulla cui fondatezza, per altro, la comunità scientifica sta ancora discutendo. In vari recenti interventi di personalità dei paesi poveri, il "movimento di Seattle" è stato esplicitamente accusato di impedire una vera lotta alla fame.

3. Il dogmatismo del "pensiero unico"

È sconcertante notare l'adesione acritica a slogan e "frasi fatte" al di fuori di ogni acquisizione scientifica e di ogni seria evidenza storica. Per esempio, con l'agricoltura biologica non sarebbe possibile produrre risorse alimentari per nutrire tutta l'umanità neanche sfruttando tutte le terre oggi coperte da foreste (che sarebbe, questo sì, un incalcolabile disastro ecologico).Inoltre non è il tanto demonizzato sviluppo che crea fame, ma il sottosviluppo. L'evidenza elementare è che quanti vogliono aiutare il prossimo devono essere consapevoli che solo una ricchezza prodotta può essere distribuita e che per questo è irresponsabile demonizzare la produzione e lo sviluppo. Contrariamente a ciò che recitano i dogmi del "pensiero unico" oggi amplificato dai mass media, il progresso tecnologico e la crescita economica sono gli unici strumenti per sanare le piaghe della fame, per vincere le malattie e difendere l'ambiente.

4. Chi vuole mantenere i poveri più poveri?

Fino a prova contraria è vero che la democrazia politica è compatibile solo con un'economia di mercato. L'unione di capitalismo e democrazia non porterà il Regno dei Cieli sulla Terra; ma, per liberare i poveri dalla miseria e dalla tirannia e per dar spazio alla loro creatività, il capitalismo e la democrazia possono fare molto di più di quanto sia in potere di tutte le altre alternative esistenti.

Per questo non possiamo non fare nostre le amare considerazioni del noto editorialista liberal americano Thomas Friedman, che sul non certo sospetto di tendenze confessionali e conservatrici New York Times ha descritto il "popolo di Seattle" come "la coalizione che vuole mantenere poveri i più poveri".

5. La lezione di don Sturzo

Invitiamo dunque tutti i cattolici a riflettere su questa lungimirante pagina una previsione della globalizzazione - scritta nel 1928 da don Luigi Sturzo: "Alcuni hanno timore della potenza enorme che ha acquistato e acquista sempre più il capitalismo internazionale che, superando confini statali e limiti geografici, viene quasi a costituire uno Stato nello Stato. Tale timore è simile a quello per le acque di un fiume; davanti al pericolo di uno straripamento, gli uomini si sforzano di garantire città e campagne con canali, dighe e altre opere di difesa: nel medesimo tempo lo utilizzano per la navigazione, l'irrigazione, la forza motrice e così via. Il grande fiume è una grande ricchezza e può essere un grave danno: dipende dagli uomini, in gran parte, evitare questo danno. Quello che non dipende dagli uomini è che il fiume non esista. Così è del grande fiume dell'economia internazionale. La sua importanza moderna risale alla grande industria del secolo scorso: il suo sviluppo, attraverso invenzioni scientifiche di assai grande portata nel campo della fisica e della chimica, diverrà ancora più importante, anzi gigantesco, con la razionale utilizzazione delle grandi forze della natura. Nessuno può ragionevolmente opporsi a simile prospettiva: ciascuno deve concorrere a indirizzare il grande fiume verso il vantaggio comune (). Contro l'allargamento delle frontiere economiche dai singoli stati ai continenti, insorgono i piccoli e grandi interessi nazionali, ma il movimento è inarrestabile; l'estensione dei confini economici precederà quella dei confini politici. Chi non sente ciò, è fuori della realtà".

Posted by fabio at 14:20 | Comments (0)